Il Manifesto del partito comunista insieme al Capitale rappresentano le due opere principali di Karl Marx. Cercheremo ora di entrare nel pensiero marxista analizzandone gli aspetti più importanti.
Primo aspetto di fondamentale importanza è quello dell’Alienazione. Tale termine l’abbiamo già incontrato qualche settimana fa, parlando di Ludwig Feuerbach, ricordate?
Per Feuerbach l’alienazione stava ad indicare una sorta di sottomissione da parte dell’uomo con un’ accezione prettamente religiosa: l’uomo proiettava fuori di sé i propri valori positivi, li oggettivava e costituendo la figura di Dio, vi si sottometteva.
Marx riprende tale termine, ma per indicare questa volta la condizione del lavoratore salariato. Questa condizione non è quindi psicologica, come lo era per il predecessore, ma economica e sociale, indotta quindi dall’esterno. Ma in che senso l’operaio salariato è alienato?
L’operaio è alienato in primis nei confronti del prodotto del suo lavoro. Egli produce un x bene, mettiamo un’automobile, che però non gli appartiene. Se la vuole dovrà, paradossalmente, comprarla come tutti gli altri, anche se a tutti gli effetti è stato lui a produrla.
Egli è inoltre alienato rispetto al proprio Io. Si trova in una situazione di Non-scelta: la sua è una vita forzata e ripetitiva, non può uscire da questo circolo vizioso che gli permette di vivere.
Vi è quindi un’alienazione anche nei confronti della propria essenza, la propria “ Wessen”. L’uomo sempre meno umano non riesce a realizzarsi nel suo lavoro e tenta di farlo nella sua vita privata abbandonandosi alle cosiddette funzioni fondamentali come il bere, il mangiare, il procreare..
Marx anticipa intuitivamente Freud dicendo che l’uomo non realizzato cercherà sempre un surrogato della propria realizzazione, ad esempio una compensazione oggettuale.
Ultima forma di alienazione del operaio salariato, è nei confronti degli altri. In una società che ora possiamo chiamare con il suo nome, ossia capitalistica, è necessario dimostrarsi più bravi degli altri, più competitivi e veloci. Si instaura un rapporto pericoloso non solo con il proprietario della fabbrica con cui gli interessi in sé sono del tutto diversi, ma anche con gli altri operai, che vengono considerati soltanto dei competitori. Nasce qui un modo di rapportarsi completamente dis-umanizzato. L’operaio salariato è, in questa società capitalistica, sostanzialmente -sostiene Marx -un oggetto nelle mani di altri, viene fatto diventare Strumento.
Ecco che qui subentra il secondo punto critico del pensiero marxista. E la religione? Cos’è? La religione, risponde Marx, è un sottoprodotto dell’economia capitalistica. E’ una forma di oppressione delle masse, che mira a dare un senso di tranquillità ai meno fortunati nella speranza di un futuro migliore.
Il modello di ragionamento che nasce con Marx e verrà poi definito Materialismo storico ritiene che qualsiasi cosa come l’arte, le scienze, la cultura, la religione sia una Sovrastruttura rispetto La Struttura con la maiuscola, l’economia appunto. Il testo con cui nasce questo nuovo approccio nei confronti del reale è L’ideologia tedesca, scritto da Marx ed Engels, rimasto inedito fino al 1932.
Qui tesi fondamentale è che la Storia non sia il prodotto di fatti o avvenimenti spirituali ma un processo materiale fondato sulla contrapposizione dialettica tra bisogni e soddisfazione di tali bisogni. Partiamo dal presupposto che l’uomo abbia bisogno per vivere di cose elementari, come bere e mangiare. Il suo primo desiderio è quello appunto di soddisfare tali bisogni essenziali.
L’uomo si è evoluto dall’animale quando è riuscito a soddisfare i propri bisogni con i suoi mezzi, introducendo nella società il lavoro.
Il lavoro mano a mano va diversificandosi ( già Platone aveva parlato della necessità di suddividere il lavoro in vari settori): alcuni sono lavori più semplici e altri più complessi. Nascono da qui le prime differenze sociali. Il benessere non è più visto come il punto di arrivo. Marx sottolinea che in questo meccanismo perverso, l’uomo una volta soddisfatti i bisogni primari, si creerà altri bisogni, più superflui. Questi non sono per così dire naturali, ossia già presenti per indole nell’uomo, ma sono indotti dall’esterno, dalla società cioè che deve consumare.
Si crea quindi un circolo vizioso in cui l’operaio produce, consuma e produrrà di nuovo. Il fine ultimo qual’è, ci si domanderà? E’ semplice, il profitto. Tutto quello di cui abbiamo fino ad ora parlato, ossia operaio, cosa prodotta sono senza alcuna distinzione per società capitalistica Merce.
L’operaio stesso non è più visto nella propria umanità ma solo come merce appunto. A causa di questo avviene un mutamento anche nell’interiorità dell’uomo? La risposta di Marx è sì. Vi è una trasformazione radicale, in quanto esso si considera e viene considerato soltanto o produttore o consumatore, mai come essere vivente nella propria essenza,
Quella descritta da Marx è una società ove il vero idolo è il profitto e con esso il denaro.
Come uscire da tutto questo? Fare un passo indietro, eliminare le differenze sociali ( ecco la tanta odiata eliminazione della proprietà privata a cosa serviva) e aumentare la sussidiarietà sociale per equilibrare le ricchezze.
Sappiamo tutti che la massima attuazione di tale modello utopico avverrà nell’Urss con i risultati che conosciamo.
A prescindere da questo ritengo sia necessario conoscere e leggere Marx oggi, avendo ben presente che quei tesi sono stati scritti a fine Ottocento. L’attualità di alcune riflessioni è allarmante.
Domanda conclusiva è: La natura? Che ruolo ha, quindi, nel fine Ottocento? Come avrete capito da voi la riflessione che riguarda la natura scompare dagli scritti dei filosofi. Essa viene declinata solo come studi sulla natura dell’uomo o vaghi pensieri sulla bellezza estetica del mondo. Qualcosa cambierà dalla prossima settimana, sta per arrivare Nietzsche.
Il film che vi consiglio questa settimana è il Papà di Giovanna, di Pupi Avati.