Abbiamo cercato di introdurre, la scorsa volta, una figura fondamentale per il Novecento, vale a dire Jean-Paul Sartre. Questa settimana dobbiamo approfondire le sue idee politiche in quanto ci fanno comprendere bene come le idee filosofiche personali vadano spesso di pari passo agli avvenimenti politico-sociali cui il filosofo si imbatte.
Sartre è l’esempio più esplicito di questo legame indissolubile fra filosofia e politica.
Nel 1945 Sartre fonda una rivista che farà storia: Les Temps moderne. Qui il filosofo condivide l’impegno intellettuale con la compagna Simone de Beauvoir, Maurice Merleau-Ponty e altri nomi noti nella Parigi degli anni ’50.
Sartre è convinto che non si possa mai scrivere in modo avulso dalla realtà, ma che lo scrittore, chiunque esso sia e di qualsiasi cosa tratti, sia estremamente legato al suo tempo, agli avvenimenti esterni, alla vita che scorre.
Dal punto di vista strettamente politico, Sartre sposa la causa marxista, almeno nel primo periodo, anche se in modo sempre più esplicito a partire dal 1956 in poi, il filosofo si troverà ad essere molto scettico rispetto alle posizioni imposte dal PCUSS, esso non rispondeva alle esigenze di libertà individuale contemplate da una filosofia di tipi esistenzialista come quella di Sartre si professava.
Era necessario quindi cercare praticamente una via alternativa, una terza via, che non cadesse nell’errore del capitalismo, ma neppure fosse ingabbiata dal comunismo, o sarebbe meglio dire dello stalinismo.
E’ convinto, allo scoppio della guerra fredda, che l’unica posizione possibile che l’Europa dovrebbe assumere sia quella della neutralità, di u socialismo neutrale. Come sappiamo non sarà così.
I toni di Sartre sulla sua rivista si fanno sempre più accesi, e il filosofo decide di creare un partito ex novo che viene chiamato: Rassemblement Democtatique Reivolutionnaire. Tale partito non avrà lunga vita, in quanto dopo pochi mesi viene ci sarà una virata verso l’ideale americano e il capitalismo che causerà le dimissioni di Sartre e, dopo poco, la fine del partito stesso.
Anche a causa di questa delusione, unito allo scoppio della guerra in Corea, Sartre ritorna a guardare con fiducia verso il comunismo. Inizia una vera e propria fede verso il PCF, il partito comunista francese. Sartre si dimostra convinto che l’unica via di salvezza per il proletariato sia legarsi al partito comunista, unico partito in grado di modificarne la sorte e difendere i suoi interessi.
Partecipa al congresso nazionale della pace a Vienna nel 1952, incontro del partito comunista poco considerato dall’opinione pubblica. L’arrivo inaspettato del filosofo crea scompiglio e attenzione mediatica all’evento, come mai prima di allora.
Dobbiamo ricordarci che Sartre era molto noto. Nel 1945 era stato insignito dal titolo della Legion d’onore a cui era seguita la nomina al College de France. Insomma un intellettuale del suo calibro decide di partecipare ad una riunione di partito: lo scalpore era assicurato.
Tale linea politica porta Sartre anche a sostenere che i crimini commessi da Stalin siano sì deprecabili, ma che non possano e non debbano far abbandonare la linea rivoluzionaria.
Questo idillio intellettuale con il PCF finisce per Sartre nel 1956, con l’inizio della rivoluzione ungherese. Il popolo ungherese si ribella senza però essere guidato da alcun partito di ispirazione comunista. Questo avvenimento fa molto riflettere molti intellettuali sulla possibilità di ribellione del proletariato anche al di fuori della dinamica marxista.
Questo avvenimento causa un ripensamento in Sartre che rilascia un intervista nello stesso anno in cui dichiara di essersi definitivamente distaccato dal partito.
L’ultimo impegno politico di Sartre, oltre il sostenere la rivoluzione cubana, riguarda la lotta di indipendenza algerina, denunciando i delitti del colonialismo francese avvenuti in quella zona. Rischio anche la vita a causa di un’attentato: venne messa una bomba in una sua abitazione. Pericolo, per fortuna, sventato.
Sartre non è solo un filosofo di enorme importanza, ma anche un idealista politico da cui tutti dovremmo imparare qualcosa.
Il film che vi consiglio questa settimana è Dieci inverni di Valerio Mieli.
complimenti a quest’uomo, e a chi lo divulga.