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Simone de Beauvoir, una filosofa messa nel cassetto

Scritto da Alba Fecchio il 06.01.2012

Alba del pensiero - rubrica settimanale di filosofia e naturaIl fatto è che sono una scrittrice: una donna scrittrice non è una donna di casa che scrive, ma qualcuno la cui intera esistenza è condizionata dallo scrivere. È una vita che ne vale un’altra: che ha i suoi motivi, il suo ordine, i suoi fini che si possono giudicare stravaganti solo se di essa non si capisce niente.

Oggi parliamo di una donna, una filosofa, una scrittrice. Simone de Beauvoir era molto nota soprattutto negli anni della rivolta giovanile del 1968, la sua fama continuò nel decennio successivo e poi, come spesso succede ai pensatori scomodi, venne poco alla volta accantonata, messa in un cassetto.

Quel cassetto è giunto il momento di aprirlo e riflettere su quello che la Beauvoir ha da proporci.

Innanzitutto Simone ha origini umili ( il nonno di origini alo-borghesi era andato in bancarotta lasciando la famiglia sul lastrico). Studia, nonostante tutto, alla Sorbone e nel 1929 ottiene l’abilitazione all’insegnamento della filosofia. Più o meno contemporaneamente conosce Sartre che diverrà, da questo momento in poi, il suo compagno di vita.

Le loro riflessioni sul mondo, sulla vita e sull’uomo saranno legate a doppio filo.

L’opera che più fece scalpore della filosofa francese fu senza alcuno dubbio il Secondo sesso, pubblicata nel 1949. Tale testo viene considerato uno dei manifesti del femminismo contemporaneo.

Simone de Beauvoir cercò di applicare quelli che erano le analisi esistenzialiste riguardo l’umanità, al ruolo dei due sessi. Ricordate cos’era uno dei capisaldi del pensiero di Sartre? Non esiste alcuna natura eterna, alcuno Io fisso e definito, siamo noi che ce lo creiamo di volta in volta.

Ecco, applichiamo questo ai sessi. Tradizionalmente si ritiene che esistano due “ nature” differenti: quella maschile e quella femminile. Senza pensare a filosofi precisi, il senso comune ci fa da sempre ritenere che l’uomo sia più portato naturalmente verso l’esterno della casa, nella perenne ricerca del significato delle cose. La donna no. La donna, secondo l’immaginario tradizionale è un essere legato alla casa, interessata ai lati più teneri e dolci della vita.

Simone de Beauvoir punta a decostruire tali preconcetti, secondo lei arcaici e legati al passato e costruiti a tavolino dal sesso forte al fine di limitare l’indipendenza femminile e proteggere il vincolo del matrimonio.

Uomini e donne, in età moderna, devono liberarsi di tali preconcetti. La donna deve cercare di slegare se stessa dalla definizione di Secondo sesso. Essa deve quindi riprendere in mano la propria esistenza, la responsabilità insita in essa. La sua identità non può essere legata a quella dell’uomo.

La colpa di questo stallo secolare secondo la Beauvoir non è infatti solo dell’uomo, ma anche della donna che reprime se stessa da secoli, non assumendosi la responsabilità diretta della propria vita.

LA filosofa per le stesse ragioni sopra elencate, si propone con forza in favore del aborto. L’aborto può e deve essere solo una scelta personale della donna, della nuova donna che, riprendendo in mano la propria responsabilità, è l’unica ad avere voce in capitolo.

La Beauvoir fu anche eletta presidentessa dell’associazione Choisir, per i diritti della donna.

Ora, capite anche voi che un pensiero simile suonasse e, per certi versi suona ancora, pericoloso.

L’immagine che oggi si da di Simone è quella di una filosofa impegnata, atea e comunista ma che in fin dei conti ha scritto romanzetti di poco conto, dal tono intimistico e legati ai suoi affetti. Dedicò infatti due romanzi, uno a Sartre e l’altro alla madre, entrambi deceduti prematuramente.

Quello che io mi domando è: Simone de Beauvoir è stata davvero compresa? Perché il suo pensiero, almeno la parte più rivoluzionaria di esso, è stato abilmente messo da parte e catalogato come estremo, poco utile al fine di una conoscenza filosofica?

Millantiamo di essere aperti, moderni, progrediti, ma l’uomo reale, quello che troviamo per strada, nei bar, al mercato, si scandalizza ancora, anche se lo deve fare velatamente, davanti a questi discorsi.

Quello che personalmente mi ha spinto a dedicare, seppur un breve spazio a questa filosofa, è l’indignazione che ho sentito molto forte nel consultare almeno 4 manuali diversi di storia della filosofia e non trovare una singola parola su Simone de Beauvoir.

Alcuni di voi potranno affermare che la motivazione sta nel fatto che la Beauvoir è considerata una scrittrice più che una filosofa….allora perché A. Camus dai nostri manuali è trattato?

Forse la caccia alle streghe non è davvero mai finita.

Il film che vi consiglio questa settimana è Thank you for the smoking di Reitman.

 

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