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Qualificare la mission e la gestione delle aree protette

Scritto da Aldo Di Benedetto il 27.06.2012

Le preoccupazioni derivanti dalle proposte di modifica della legge quadro sulle aree protette, in discussione alla Commissione Ambiente del Senato, hanno spinto le principali associazioni di protezione ambientale a lanciare l’allarme sui rischi che tali modifiche comporterebbero per la sorte dei parchi. Durante il Convegno “Parchi: patrimonio nel paese”, tenutosi lo scorso 20 giugno, forte è stato il richiamo al rispetto dei principi costituzionali sulla tutela dei beni comuni, tra cui quelli custoditi dalle aree protette. Per questo è stato ribadito il ruolo prevalente e la competenza legislativa esclusiva dello Stato, in materia di tutela dell’ambiente e degli ecosistemi, nonché la concorrenza delle regioni nella gestione delle aree protette, così come sancito dalla modifica al Titolo V della Costituzione. L’auspicio di tutti è quello di una riflessione attenta sugli ostacoli che hanno pregiudicato la piena attuazione della legge 394/91, per consentire un rilancio degli obiettivi di politica e di gestione delle aree protette, nel contesto della più ampia strategia per la conservazione della biodiversità.

Tuttavia, bisogna ricordare che il documento sulla Strategia Nazionale per la Biodiversità, approvato il 7 ottobre 2010, in sede di Conferenza Permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome, sulla base della Strategia UE 2020 e della COP (Conferenza della Parti) n. 10 della Convenzione sulla Diversità Biologica, aveva già individuato alcune criticità significative che permangono nell’amministrazione e nella gestione delle aree protette. Tra queste, vorrei segnalare, la carenza di un approccio sistemico nelle strategie di gestione sia a livello centrale che locale, la carenza di conoscenze sulla flora, la fauna, il paesaggio e le emergenze antropiche necessarie per organizzare e implementare le scelte gestionali dei parchi, la carenza di un’adeguata formazione del personale delle aree protette, la lentezza nell’approvazione degli strumenti di pianificazione, la carenza di figure con spiccato curriculum professionale negli organi di governo e di gestione dei parchi, la scarsità di finanziamenti. Il Documento, coordinato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e redatto da un gruppo di lavoro qualificato, contiene esso stesso alcune priorità d’intervento per favorire il rilancio delle aree protette.

Tra queste vorrei menzionare il monitoraggio e la valutazione della gestione attraverso l’utilizzo d’indicatori comuni e condivisi, programmi di formazione del personale e di condivisione delle conoscenze, attuazione di programmi e progetti di comunicazione e di educazione sui temi della biodiversità e della sua conservazione, l’adozione di rigorosi criteri di scelta degli amministratori dei parchi sulla base di curriculum documentati, la valorizzazione dei saperi tradizionali delle comunità locali.

Nell’ultima fase della mia esperienza alla direzione del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dopo una faticosa attività per regolarizzare i rapporti di lavoro del personale, elaborai un programma finalizzato all’attuazione dello sviluppo organizzativo, con l’obiettivo di colmare i gap formativi e ristrutturare l’organizzazione sulla base di un processo condiviso di conoscenze e di un’effettiva riqualificazione delle competenze interne. Di là dagli aspetti contingenti ed emergenziali, tale iniziativa scaturì dalla considerazione che gli enti parco, come altre pubbliche amministrazioni, sono strutturati in conformità a una cultura organizzativa prevalentemente burocratica e gerarchico funzionale. A ciò si aggiunga che le spese del personale del PNALM assorbono circa il 70% delle risorse finanziarie disponibili, un dato questo abbastanza comune nelle pubbliche amministrazioni, anche se in altri parchi, istituiti più recentemente, registrano carenze di personale.

Quindi, in tempi di ristrettezze finanziarie, la valorizzazione del capitale umano rappresenta una scelta strategica importante per migliorare le performance dell’organizzazione e per garantire un continuità gestionale. Tuttavia, l’obiettivo strategico del progetto era di incrementare le motivazioni attraverso un processo di apprendimento continuo, sedimentando una cultura organizzativa fondata su una logica sistemica. Bisogna precisare che, pur essendo l’ente parco una piccola amministrazione, con risorse finanziarie ed umane limitate, esso opera in un contesto territoriale complesso, per cui il successo della politica dell’ente si evince dalla capacità propositiva e relazionale con i diversi stakeholder, ovvero dalla sua capacità di governance. Purtroppo a causa della successiva scadenza del mio incarico non ho avuto l’opportunità di portare avanti tale iniziativa, ciò nonostante ritengo essa conservi tutt’ora la sua validità, anzi potrebbe essere estesa, da parte del Ministero dell’Ambiente, a tutte le aree protette fornendo loro un servizio qualificato di assistenza formativa per porre la basi per un reale approccio sistemico nella gestione, così come previsto dal documento sulla Strategia Nazionale per la Biodiversità.

Una forma di qualificazione delle aree protette è quello della ricerca per cui, attraverso appositi accordi istituzionali con le Università, i parchi potrebbero elevarsi a Centri e Aree di Eccellenza per il monitoraggio della biodiversità, nell’ambito della Rete Natura 2000, e divenire sedi privilegiate di collaborazione con il mondo della ricerca scientifica. D’altronde, in Italia e nel mondo esistono diversi centri di eccellenza che possono contare su finanziamenti statali ed europei sulla base di progetti e programmi.
Un altro aspetto rilevante nella qualificazione della mission delle aree protette è quello della comunicazione e dell’educazione sui temi della biodiversità e della sua conservazione.

Per questo è necessario sviluppare, da una parte le competenze e le qualità del personale degli enti attraverso idonei programmi di formazione, dall’altro sarebbe auspicabile che il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare avvii un serio confronto con il Ministero dell’ Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica per la definizione e la sottoscrizione di un Accordo Quadro, che preveda forme e programmi di collaborazione tra le scuole di ogni ordine e grado e le aree protette, sulla base di specifici progetti formativi ed educativi, destinati agli insegnanti e agli studenti. Vorrei ricordare, come esempio di merito, l’interessante programma “Educarsi al Futuro” gestito in rete dall’ENEA, con il supporto dell’Università di Messina, avviato sulla base di una Convenzione sottoscritta con il MIUR.

Una buona gestione delle aree protette dovrebbe mirare a ridurre lo stato di conflitto e arricchire la partecipazione delle comunità locali e con i portatori d’interesse privati, focalizzando al meglio le opportunità, anche con la promozione di nuove attività imprenditoriali. Una importante strategia e quella della valorizzazione dei saperi tradizionali, che affondano le radici nella storia del territorio e che costituiscono, molto spesso, un unicum che consente di collegare sistematicamente la conservazione dei beni naturalistici con la storia dell’uomo, le sue opere e la sua economia.

In conclusione, ritengo che le difficoltà nello sviluppo della mission e nella qualificazione della gestione delle aree protette, possano trovare soluzione, non in un cambiamento improvvisato e peggiorativo della Legge 394/1991, bensì mediante un processo di sensibilizzazione politica delle istituzioni parlamentari e di governo, nazionali e regionali, per cui nella scelta degli amministratori delle aree protette, andrebbero individuate persone competenti, motivate e di elevato profilo culturale. Un altro aspetto strategico riguarda la valorizzazione del capitale umano; purtroppo la normativa, tra cui l’art. 6 del D.L. n. 78/2010, prevede un forte ridimensionamento della spesa per la formazione del personale delle P.A., allora è necessario che il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare si faccia partecipe di un progetto specifico finanziato ad hoc e supportato da strutture qualificate.
Roma 25 giugno 2012

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