L’orso marsicano continua a mettercela tutta per restare sul pianeta, lo conferma la conta delle femmine coi piccoli che si è tenuta anche quest’anno, come accade dal 2006. Sono state contati 3 femmine con 5 piccoli. Ma per gli scienziati questa produttività di tutto rispetto non basta a contrastare l’altissima mortalità per cause antropiche. Gaianews.it ha intervistato la dottoressa Elisabetta Tosoni, del team di esperti della Sapienza che dal 2004 si occupa di studiare l’orso marsicano.
La conta delle unità familiari di orso bruno marsicano, portata avanti ormai dal 2006 nel territorio del PNALM nei mesi di Agosto e Settembre con periodicità annuale, è un’azione di monitoraggio utilizzata anche in altri paesi Europei ed in Nordamerica, che risulta essenziale al fine di stimare la produttività della popolazione e seguirne l’andamento demografico nel triennio di azione del progetto (2011-2014).
Per unità familiari si intendono femmine adulte con piccoli dell’anno, ed il conteggio si basa sui dati raccolti nel corso di sessioni di avvistamento, realizzate da postazioni fisse, cui partecipano congiuntamente operatori dell’ Ente Parco (PNALM) e del Corpo Forestale dello Stato (CFS) ed un nutrito numero di volontari.
Le osservazioni condotte sulla popolazione di orso bruno all’interno del Parco nazionale di Abruzzo Lazio e Molise (PNALM) nell’ambito del progetto LIFE Arctos (link) hanno evidenziato la presenza di 3 femmine adulte e 5 piccoli dell’anno nel 2013.
Questo dato, testimoniando una buona produttività del nucleo marsicano, potrebbe non essere sufficiente a contrastare il rischio di un eventuale declino, considerato non trascurabile in popolazioni sottoposte a livelli di mortalità paragonabili a quelli della popolazione appenninica.
Responsabile dell’elaborazione dei dati e della produzione del documento annuale di sintesi, in collaborazione con l’Ente parco ed il CFS, è il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Per commentare i risultati delle osservazioni abbiamo intervistato la dott.ssa Elisabetta Tosoni de “La Sapienza”, che ha evidenziato le possibili interazioni dei dati con altri fattori, come la disponibilità di risorse trofiche, i livelli di fertilità della popolazione femminile e la grave mortalità per cause antropiche.
Domanda: Secondo il metodo con il quale sono state condotte le osservazioni, quanto la conta minima delle femmine con piccoli dell’anno si avvicina allo stato dei fatti?
ElisabettaTosoni: Le conte devono essere interpretate come il numero minimo di unità familiari presenti nella popolazione, in base alle metodologie adottate. Dall’altra parte in base ad una valutazione della produttività negli anni pregressi (dal 2006 ad oggi) e in riferimento all’ultima stima di popolazione disponibile (~ 50 individui), la stima del numero di unità riproduttive riscontrate su base annuale è probabilmente in linea con la potenzialità riproduttiva massima attesa della popolazione.
D: Tenendo conto che si tratta di una stima,con questo tasso di natalità che tasso di mortalità è sostenibile?
E.T.: I dati di mortalità raccolti negli ultimi 10 anni, danno una indicazione minima di una media di 2-3 orsi rinvenuti all’anno morti, corrispondente a più del 5% dell’attuale popolazione, valore considerato da alcuni autori compatibile con un declino numerico in popolazioni di orso non a rischio di estinzione. Nella popolazione è stata osservata una buona produttività, ma questo non vuol dire necessariamente che la popolazione sia in fase di ripresa e fuori pericolo, considerando inoltre che nell’orso la mortalità nei cuccioli al primo ed al secondo anno di vita è particolarmente elevata, sia per cause naturali che antropiche. E’ da considerare, a titolo di chiarimento, che nel tempo in cui un cucciolo di femmina impiega per raggiungere la maturità sessuale e riprodursi (circa 5 -8 anni), una femmina adulta potrebbe avere già prodotto 2 cucciolate e quindi almeno 4 cuccioli. Quindi ogni volta che si perde una femmina adulta, non si perde soltanto un orso, ma più di una generazione di orsi.
D.: Con gli attuali tassi di natalità e mortalità, a che trend demografico va incontro l’orso bruno?Popolazione stabile, in aumento o in calo/a rischio estinzione?
E.T.: L’attività che stiamo svolgendo all’interno dell’Azione E3 del Progetto LIFE ARCTOS prevede un ulteriore anno di raccolta dati (2014), anno in cui verrà prodotta una terza stima numerica della popolazione. Questa stima verrà confrontata con quelle ottenute negli anni precedenti (2004, 2008 e 2011), cosi da potere avere un quadro più chiaro dell’andamento numerico di questa popolazione de degli ultimi 10 anni. I dati fino ad oggi raccolti sembrerebbero comunque suggerire che la popolazione non sia in calo numerico.
D: Qual è l’incremento annuale minimo di popolazione utile a tenere il più lontano possibile il rischio estinzione?
E.T.: E’ difficile a dirsi, l’estinzione è un fenomeno probabilistico e sono molti i fattori che possono contribuire al processo, soprattutto nel caso di piccole popolazioni. Il numero di femmine in età riproduttiva attualmente stimato (~13 femmine) della popolazione, gli attuali livelli di mortalità a carico di questa componente della popolazione (~1 femmina/anno), non consentono di considerare trascurabile, ma potenzialmente alta la possibilità di rischio di estinzione della popolazione anche in un periodo più breve dei prossimi 100 anni. Data la dimensione di popolazione i rischi sono elevatissimi allo stato attuale, quindi l’unica opzione da un punto di vista gestionale è ridurre in maniera significativa gli attuali livelli di mortalità, che incidono pesantemente sulle femmine della popolazione e quindi sul potenziale riproduttivo della popolazione negli anni futuri.
D: Esiste una relazione fra produttività delle femmine e annata di pasciona del faggio? Se la relazione fosse accertata potrebbe avere delle implicazioni gestionali?
E.T.: Nell‘orso esiste una relazione fra produttività delle femmine e la produzione di frutta secca, come è stato dimostrato in altre popolazioni sia in Nord America che nel continente Euroasiatico. Nel caso della popolazione di orso bruno marsicano, i due picchi di maggiore produttività della popolazione (inteso come numero di femmine che si riproducono e come numero di cuccioli nati) sono coincisi con le primavere successive agli anni di pasciona di faggio, confermando questa risposta positiva anche nella nostra popolazione. Questo implica l’importanza di prevedere una gestione forestale che sia tale da mantenere elevati livelli di produttività di ghianda e faggiola.
D.: Qualcuno sostiene che i cinghiali siano in competizione alimentare con l’orso. E’ un’affermazione che ha fondamento scientifico?
E.T.: Attualmente non ci sono evidenze scientifiche di una potenziale competizione tra orso e cinghiale, né per questa popolazione, né per altre popolazioni europee. Lo studio condotto dall’Università sulle abitudini alimentari dell’orso nel PNALM dal 2006 al 2009 sembrerebbe in realtà smentire questa ipotesi. Negli anni di pasciona del faggio, in particolare, la dieta autunnale dell’orso è quasi esclusivamente costituita da ghiande di faggio, cosi come anche la dieta nella primavera successiva. Non solo, ma durante l’inverno alcuni orsi continuano ad alimentarsi di frutta secca, piuttosto che svernare in tana, una “scelta” che viene effettuati dagli orsi, solo se è possibile ricavare energia a sufficienza dall’ambiente. Ciò suggerisce che questa risorsa può non considerarsi limitante.
D.: Dal documento traspare una modificazione della dieta nell’ultima stagione, dovuta ad una tarda maturazione del ramno. Questo cambiamento nelle abitudini alimentari può condizionare la fertilità delle femmine?
E.T.: Non avendo effettuato uno studio specifico sulla dieta dell’orso nel 2013, non possiamo affermare che ci sia stato un cambiamento di dieta. Quello che si può dire è che come conseguenza di un ritardo nella maturazione del ramno, sono stati avvistati nei ramneti meno orsi rispetto agli anni precedenti. Quello che è emerso dallo studio sulla dieta degli anni passati, è che l’orso è molto flessibile nelle sue abitudini alimentari e che nel Parco ha accessibilità a molte e diversificate risorse alimentari in ciascuna stagione e tanto più in estate quando maturano molte altre specie di frutta oltre il ramno (susine, pere, mele, altre bacche). Non è da dimenticare, inoltre, che in questa stagione gli orsi hanno accesso anche ad erba, carcasse e formiche. Quest’anno, inoltre, già da fine agosto-inizio settembre, gli orsi hanno iniziato ad alimentarsi di faggiola.
D: Ci sono, in generale, indizi di calo di fertilità nelle femmine?In caso positivo, state monitorando questo aspetto?Se sì, come?
E.T.: Ad oggi non ci son indizi di un calo di fertilità. Ma uno studio del genere richiederebbe di potere seguire, attraverso l’ausilio di radio-collari, la riproduzione di un numero rappresentativo di femmine per almeno 10 anni
D: Data una popolazione così esigua ed una, purtroppo relativamente alta, frequenza di incidenti, si è pensato all’istituzione di un’area faunistica chiusa e protetta per favorire la riproduzione dell’orso bruno marsicano?
E.T.: Direi che emergenziale è provvedere a seguire una scala di priorità nella pianificazione di interventi gestionali. Se non rimuoviamo le cause di mortalità dell’orso (bracconaggio, incidenti stradali) non è né eticamente, né biologicamente corretto pensare ad altre strategie.