A differenza di quanto accade negli animali, le piante sono in grado di generare cellule riproduttive adulte mature e, solo in seguito, “riprogrammarne” alcune per produrre uova o sperma. La riprogrammazione avviene cancellando un codice, il marcatore epigenetico, una serie di etichette allegate al DNA in tutto il genoma.
I marcatori epigenetici distinguono i geni attivi da quelli inattivi e svolgono un’altra importante funzione: mantengono silenti una serie di trasposoni dannosi o jumping genes. Non appena la cellula spazza via il marcatore epigenetico, attiva i trasposoni esponendo la cellula riproduttiva di recente formazione al pericolo di subire ingenti danni. Un nuovo studio pubblicato su Nature ci spiega come evitare questo esito.
I trasposoni sono frammenti di DNA capaci di spostarsi all’interno del genoma inserendosi in un punto diverso dello stesso o di un altro cromosoma. Questo meccanismo consente di spostare alcuni geni all’interno di una singola cellula. In molti casi il loro inserimento produce effetti fenotipici rilevanti in quanto distrugge l’integrità del gene ospitante interrompendo le sequenze. I jumping genes sono tratti ripetitivi di DNA che somigliano a resti di antichi virus e alcuni sono costituiti da sequenze relativamente brevi; si tratta di 1000-2000 coppie di basi. Sequenze di questo tipo si trovano, ad esempio, in numerosi siti del cromosoma principale dell’E. coli.
Oggi, i ricercatori del Cold Spring Harbor Laboratory (CSHL) guidati da Robert Martienssen annunciano la scoperta di un percorso che aiuta a mantenere inattivi i trasposoni anche quando il codice epigenetico viene cancellato. I “geni saltellanti” sono stati identificati più di 50 anni fa da Barbara McClintock. Più del 50 % del genoma umano è costituito da trasposoni; sorprendentemente fino al 90 % del genoma delle piante è composto di queste sequenze ripetitive. È facile immaginare che, tra un salto e l’altro, un trasposone possa inserirsi all’interno di geni critici interrompendone la funzione e causando malattie. Per combattere questa minaccia la cellula ha messo a punto meccanismi rigorosi per mantenere uno stretto controllo sulle attività del trasposone . Il meccanismo principale si serve del codice epigenetico, una sorta di strato secondario di informazioni genetiche che determina come viene usato il DNA. Una specie di polizia che rende silenti le zone occupate dai trasposoni.
Il problema per le piante è che alcune cellule eliminano quasi tutti i segni epigenetici durante la riproduzione. “La perdita di questi marchi le mette in pericolo, soprattutto in momenti critici come la riproduzione”, spiega Kate Creasey, autore principale dell’articolo. “Ci deve essere un altro meccanismo per prevenire questo tipo di blocco genomico”. I ricercatori del CSHL ha messo a punto un sistema che ottiene proprio questo risultato. Il percorso che descrivono agisce come un fail-safe per evitare danni al trasposone quando il silenziamento epigenetico si è perduto. La cellula utilizza il microRNA per realizzare questo compito.
I filamenti di microRNA erano già noti per regolare l’espressione genica durante lo sviluppo: “ora siamo risusciti a dimostrare che i microRNA in realtà puntano i trasposoni quando sono attivati, per esempio nella linea germinale (o nelle cellule riproduttive). Questo suggerisce che possono essersi evoluti come meccanismi di difesa”, conclude Kate Creasey. In dettaglio, il microRNA inattiva i trasposoni attraverso l’easiRNAs. Gli animali hanno un analogo meccanismo di difesa. Il percorso che è stato scoperto ha forti parallelismi con piccoli sistemi di RNA negli animali, gli RNA Piwi–interacting (piRNA), che agiscono nella spermatogenesi.
Paper di riferimento
Kate M. Creasey et alii., miRNAs trigger widespread epigenetically activated siRNAs from transposons in Arabidopsis, in “Nature” 2014: DOI: 10.1038/nature13069