Gaianews

Hubble scopre stelle morte ‘inquinate’ dai frammenti dei loro pianeti rocciosi

Scritto da Federica di Leonardo il 10.05.2013

WASHINGTON – Gli astronomi hanno osservato per la prima volta i componenti chimici di pianeti simili alla Terra in un luogo alquanto improbabile: la superficie di alcune stelle morte nelle vicinanze del Sole, a circa 150 anni luce da noi.

La nana bianca SirioB a confronto con la Terra

La nana bianca SirioB a confronto con la Terra

 

Le stelle scoperte dal telescopio spaziale della Nasa sono delle nane bianche, stelle che hanno esaurito tutto il loro combustibile nucleare ed ora emettono una debole luce.

Le stelle morte si trovano a 150 anni luce dalla Terra in un ammasso stellare relativamente giovane, le Iadi (con l’iniziale i), nella costellazione del Toro. L’ammasso di stelle ha infatti circa 625 milioni anni. Gli astronomi hanno scoperto che le nane bianche sono ‘inquinate’ da detriti simili ad asteroidi che sono caduti nella loro atmosfera.

Lo spettrografo di Hubble ha infatti osservato silicio e solo bassi livelli di carbonio nell’atmosfera delle nane bianche. Il silicio è un importante ingrediente delle rocce in pianeti simili alla Terra e agli altri pianeti solidi del nostro sistema solare. Il carbone, invece, che consente di determinare l’età dei detriti planetari, generalmente è poco o assente nelle rocce simili a quelle presenti sulla Terra.

“Abbiamo identificato le firme chimiche dei mattoni costituenti i pianeti rocciosi”, ha detto Jay Farihi dell’Università di Cambridge, in Inghilterra. Farihi è autore di un nuovo studio che apparirà nel Monthly Notices della Royal Astronomical Society. “Quando sono nate queste stelle, esse hanno dato vita a pianeti, e c’è una buona probabilità che attualmente ce ne siano ancora alcuni di loro attorno alle nane bianche. Il materiale che abbiamo scoperto è la prova di questo”.

Questa scoperta suggerisce che la presenza di pianeti rocciosi è comune intorno alle stelle e offre indicazioni su ciò che accadrà al nostro sistema solare, quando il nostro sole terminerà il suo combustibile primario, l’idrogeno, tra 5 miliardi di anni.

La ricerca di Farihi suggerisce che dopo l’esplosione dovuta al collasso della stella probabilmente si formeranno asteroidi di circa 150 chilometri di grandezza a partire dai residui dei pianeti rocciosi che verranno lacerati dalle forti forze gravitazionali delle nane bianche. Gli asteroidi dovranno quindi essere costituiti degli stessi materiali che formano i pianeti terrestri.

Anche il materiale polverizzato può essere attirato in un anello intorno alle stelle e alla fine incanalato sulla superficie delle stelle morte.

“E’ difficile immaginare un altro meccanismo che non la gravità perché il materiale riesca ad arrivare sulla superficie delle nane bianche”, ha detto Farihi.

Allo stesso modo, quando il Sole esploderà, l’equilibrio delle forze gravitazionali tra il Sole e Giove cambierà, influendo anche sulla fascia principale degli asteroidi, che si trova tra Marte e Giove. Gli asteroidi che vireranno troppo vicino al Sole saranno lacerati e i loro frammenti potrebbero essere attirati in un anello intorno al Sole, che si sarà probabilmente trasformato in una nana bianca.

Secondo Farihi, usare Hubble per analizzare le atmosfere delle nane bianche è il metodo migliore per trovare le firme chimiche dei pianeti solidi e per capire la loro composizione.

“Normalmente, le nane bianche hanno uno spettro di emissione molto semplice, contengono solo elementi leggeri come idrogeno ed elio”, ha detto Farihi. “Elementi pesanti come il silicio e il carbonio vanno a finire nel nucleo della stella.”

L’unica cosa che questa tecnica di osservazione dei pianeti extrasolari ci dice rispetto alle altre è la composizione chimica dei pianeti, grazie allo spettro di emissione della nana bianca ‘inquinato’ dal materiale proveniente dai pianeti.

I due Iadi “inquinate” sono parte di una ricerca più massiccia del team, che sta rivolgendo Hubble su oltre 100 nane bianche, guidato da Boris Gansicke dell’Università di Warwick, in Inghilterra. Un membro del team, Detlev Koester dell’Università di Kiel in Germania, sta usando sofisticati modelli computerizzati delle atmosfere delle nane bianche per determinare l’abbondanza dei vari elementi che possono essere ricondotti ai pianeti a partire dai dati dello spettrografo di Hubble.

La squadra di Farihi prevede di analizzare altre nane bianche con la stessa tecnica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA