Sono passati ormai quasi tre anni dal terremoto e lo tsunami del marzo 2011 e la centrale Fukushima rappresenta un grave problema aperto. Non solo gli effetti delle radiazioni fuoriuscite continuano a ripercuotersi sugli ecosistemi oceanici, ma il pericolo oggi consisterebbe nella presenza di numerose barre di carburante nelle piscine di raffreddamento, in attesa di essere smaltite.
Recentemente Greenpeace ha diffuso una nota in cui esprimeva la sua preoccupazione a seguito delle ripetute misurazioni di radiazioni dal 2011 ad oggi per valutare i continui impatti del disastro sulle persone e sull’ambiente. La perdita nel terreno e nell’oceano di acqua contaminata, le misure da adottare e le modalità per immagazzinarne gli ingenti quantitativi di materiale radioattivo prodotto nelle operazioni di decontaminazione, sono solo alcuni degli aspetti problematici cui dover far fronte.
Inoltre migliaia di chilometri quadrati sono stati contaminati e per molti decenni continueranno a dover affrontare la fuoriuscita di radiazioni, così come sono molto numerose le persone esposte a livelli di radiazioni significativi. E ancora l’impianto dovrà prima o poi essere smantellato, così come dovranno essere risarcite oltre 100.000 persone ancora sfollate.
È innegabile, in ogni caso, che fra le numerose notizie che si susseguono in merito, ci siano anche informazioni non veritiere, come quella inerente nuove reazioni nucleari all’interno dei reattori danneggiati, secondo quanto riporta Greenpeace. Il vapore che ha scatenato le recenti preoccupazioni è il frutto delle condizioni atmosferiche e di un reattore che sarebbe ancora caldo per la fusione del 2011, in seguito al protrarsi del decadimento radioattivo del combustibile nucleare danneggiato.
Le scorie radioattive emetterebbero ancora circa un milione di watt termici, secondo Fairewinds Energy, un gruppo impegnato nella promozione della sicurezza nucleare, calore che renderebbe possibile il processo dell’evaporazione dell’acqua. Il vapore è visibile nelle giornate molto fredde. David McIntyre, portavoce della US Nuclear Regulatory Commission (NRC), nello spiegare come il fenomeno accada spesso dallo tsunami del 2011, dichiara: “Siamo in contatto con l’ente di controllo giapponese e con la TEPCO [la società responsabile dell’impianto], e da quello che abbiamo visto e sentito non c’è motivo di sospettare che il vapore indichi che sta succedendo qualcosa di preoccupante”.
Altra notizia non vera, stando sempre a Greenpeace, riguarderebbe l’ampia contaminazione radioattiva dell’Oceano Pacifico e delle coste occidentali degli Stati Uniti e del Canada: ingenti quantità di cesio radioattivo sono finiti nell’Oceano Pacifico, contaminando in maniera decisamente significativa la costa giapponese. Ma le sostanze radioattive non possono essere trasportate attraverso l’Oceano fino alle coste statunitensi o canadesi o australiane in quantitativi nocivi o letali. Sono stati rinvenute tracce di questi isotopi radioattivi nelle acque statunitensi, ma solo a livelli molto bassi, quasi trascurabili da non causare malattie, deformità o morìe.
Quello che continua a preoccupare è la situazione del Giappone, perché i pesci presentano ancora livelli di contaminazione che superano gli standard di sicurezza. Ma in realtà, secondo un recente articolo apparso sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” a firma di Nicholas S. Fisher della Facoltà di scienze marine e atmosferiche della Stony Brook University, l’acqua contaminata dalle particelle radioattive della centrale sta avvelenando i pesci e i frutti di mare dell’oceano Pacifico, ma solo quelli che vengono catturati nelle immediate vicinanze e la contaminazione non sarebbe sufficiente a creare una dose abbastanza elevata da provocare effetti nocivi sulla salute dell’uomo. Tanto più se si considera che i test nucleari effettuati dal 1940 al 1980 hanno causato la radioattività negli oceani in misura molto maggiore a Fukushima. In aggiunta non va dimenticato che negli oceani sono presenti l’uranio naturale e altri elementi radioattivi, come il polonio. Il pesce del Pacifico, quindi, è sempre stato in un certo senso “radioattivo”.
Al di là di tutto merita una riflessione la questione relativa al lavoro di “bonifica” del sito, che provoca sì rischi reali per la salute umana: macerie radioattive e barre di combustibile non danneggiate da rimuovere, combustibile nucleare fuso da contenere, suolo contaminato da rimuovere, oltre 100.000 tonnellate di acqua di raffreddamento e di acque sotterranee contaminate immagazzinate in serbatoi. Sono questione cui dover ancora far fronte.