L’influenza di quest’anno sarà meno aggressiva di quella dell’anno scorso. Nonostante questo i medici raccomanda la vaccinazione per le categorie a rischio, per evitare il diffondersi del contagio.
Sono i tre i virus in circolazione quest’anno, ha spiegato Giovanni Rezza, epidemiologo dell’Istituto superiore di sanità a Corriere.it. E sembrerebbe che questi virus non siamo particolarmente aggressivi, ma colpiranno dai 3 ai 6 milioni di italiani con un picco tra gennaio e febbraio.
“I virus che ci aspettiamo non sono molto diversi da quelli dell’anno scorso, ha detto l’esperto. Continua a circolare dal 2009 il virus H1N1 dell’influenza A, la cosiddetta suina: è un virus stabile, che da allora non ha subito alcuna mutazione. Ciò significa che molti bambini nati prima del 2009 sono stati contagiati quell’anno e ora sono immuni. C’è poi un altro sottotipo del virus A, l’H3N2, che circola da decenni (dall’epidemia di Hong Kong nel ‘68), mutando poco di anno in anno. Anche quest’anno ha avuto una piccola mutazione, ma anche in questo caso molte persone sono immunizzate. C’è infine un virus del tipo B: nel mondo ne circolano due ceppi diversi, mentre in Italia finora ce n’è solo uno. È un virus che generalmente non dà grosse epidemie, anche perché nei decenni la popolazione è stata esposta a virus abbastanza simili e dunque ha una buona copertura immunitaria”.
“Come sempre, il vaccino è consigliato per le categorie a: anziani, malati cronici, donne al secondo/terzo trimestre di gravidanza, bambini nati prematuri fino ai 6 anni”.
Quando ci si ammala, non è necessario prendere in ogni caos gli antibiotici, che vanno assunti solo si sintomi persistono a lungo, ma non bisogna fare gli eroi continuando le normali attività e diffondendo il contagio.
Soprattutto gli operatori sanitari, spiegano gli esperti, devono sottoporsi al vaccino. Ripetono che è stato abbondantemente dimostrato che sottoporsi al vaccino comporta meno rischi che non sottoporsi per questo vaccinarsi contribuirebbe soltanto ad una buona salute pubblica e ad un risparmio in termini economici, di cure e giornate perse di lavoro.