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Scandalo carne di cavallo: globalizzazione, speculazione e povertà

La scoperta di carne di cavallo (anziché bovina) in prodotti surgelati Findus così come di altri rivenditori come Auchan accende i riflettori su un problema come quello della speculazione sulle materie prime agricole

Scritto da Nadia Fusar Poli il 14.02.2013

Il caso – non ancora uno scandalo sanitario –  delle lasagne con carne di cavallo ha messo in evidenza le carenze del settore alimentare, ma anche i fallimenti della regolamentazione europea, mentre in Italia la procura di Torino apre un’inchiesta sui prodotti alimentari a base di carne della nota marca di surgelati Findus.

L’industria alimentare è destinata ad affrontare la globalizzazione del cibo spazzatura mentre i politici sembrano essere ossessionati dalla disciplina di bilancio, incuranti d’altro e l’Europa dimostra una certa riluttanza ad affrontare taluni problemi, mostrandosi più sensibile alle dinamiche prettamente di mercato.

lasagna_carne di cavallo

La scoperta di carne di cavallo (anziché bovina) in prodotti surgelati Findus così come di altri rivenditori come Auchan accende i riflettori su un problema come quello della speculazione sulle materie prime agricole. Vi è differenza tra un barile di greggio o una tonnellata di frumento? Verrebbe da rispondere no: per  qualcuno, si tratta di occasioni per speculare. Stiamo assistendo a una mercificazione del cibo, come qualsiasi altro prodotto?

Come per la regolamentazione dei mercati finanziari, occorrerebbe regolamentare anche questo settore e attuare la piena rintracciabilità di tutti i prodotti. Una tracciabilità molto più efficace, molto meglio controllata e indipendente dall’industria alimentare, così come una specifica definizione dei livelli di responsabilità sia per il distributore che per il produttore, permetterebbero di evidenziare (e magari arginare) quelle pericolose derive del marketing alimentare cui stiamo assistendo.

Al di là della questione dell’origine degli alimenti, si pone un altro problema: quello della speculazione finanziaria sui prodotti alimentari. Urge una legislazione in merito a tutela della sicurezza alimentare, ad esempio attraverso un’Autorità dotata di un potere di sorveglianza, di controllo e di sanzione – attualmente l’Ente Europeo per la sicurezza alimentare, l’EFSA, può solo dare pareri alla Commissione Europea.

Il consumatore sa davvero che cosa ha nel piatto? Quando si acquista un “hamburger” – un termine che non significa nulla – sappiamo che la maggior parte delle volte, le proteine che consumiamo sono costituite da carni bovine. Ma di quali esattamente? E di quale parte dell’animale si tratta? Come sono state cotte?  O ancora: quante preparazioni a base di formaggio  – una combinazione di latte in polvere scremato, grasso vegetale e acqua – , troviamo in piatti pronti o nella pizza? Il moltiplicarsi di questi “ingredienti” rende ancora più difficile la tracciabilità, mentre aumenta il rischio per la salute. E più in generale, si rischia di mettere in discussione l’etica di questo settore.

Il consumatore ha bisogno di vedere un legame più forte e trasparente tra produzione e consumo, anche se spesso la distribuzione, ogni volta che affiora uno scandalo, fa di tutto per nasconderlo dietro un subappaltatore generalmente poco conosciuto al grande pubblico, al fine di evitare ritorsioni da parte del consumatore.

La sovrapproduzione e la ricerca della competitività alimentare sono particolarmente dannose sia per la valorizzazione del patrimonio culinario che, verosimilmente, per la nostra stessa salute.  La filosofia della biologia che si è sviluppata negli ultimi anni è probabilmente l’espressione di ciò che accadrà in futuro.

Intanto, lo scandalo della carne di cavallo ha ormai assunto una dimensione europea. Come ai tempi del batterio EHEC nel 2011, tutti sono pronti a puntarsi il dito l’un l’altro. L’industria europea è un mercato della carne, che ammonta a miliardi di euro: nessun paese vuole essere accusato di essere “l’untore”. “Il problema si estende a tutta l’Europa”, ha avvertito Alan Reilly, della Food Services Authority, l’autorità irlandese competente per garantire la sicurezza alimentare mentre Owen Paterson, ministro britannico per l’agricoltura, ha parlato di un “complotto internazionale criminale”.

Il problema in questo caso è che non si riesce a ripercorrere la filiera della carne e quindi a risalire ad un allevatore o ad un macello. La giustizia, la polizia e le autorità di sicurezza alimentare di diversi paesi europei stanno conducendo le loro indagini. Questo è importante nella misura in cui la carne di cavallo potrebbe contenere fenilbutazone, una sostanza usata per trattare l’infiammazione articolare e le coliche nei cavalli. Ne è tuttavia vietata la somministrazione ai cavalli da macello, perché in casi molto rari, può causare anemia o leucemia negli esseri umani. Ma il vero problema è: come è possibile che ci fosse carne di cavallo in quei prodotti?

Qui si (im)pone una seconda riflessione. I prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati del 26% nel Regno Unito nel corso degli ultimi cinque anni. In Irlanda, l’aumento è di certo meno pronunciato, ma la crisi ha ridotto il potere d’acquisto del paese. Dunque la risposta al perché ci fosse carne di cavallo anziché bovina in quei prodotti surgelati potrebbe essere: per rimanere il più a buon mercato possibile. Il problema è dunque anche legato alla povertà e alla crisi economica?

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