Daniel Ksepka del Bruce Museum di Greenwich ha scoperto, analizzandone i resti, il più grande uccello mai esistito sul nostro pianeta. Si tratta del Pelagornis sandersi, un uccello che doveva raggiungere un’apertura alare di 20-24 metri. La ricerca è stata pubblicata sui PNAS. Sono ancora molti, però, i misteri da risolvere su questi enormi uccelli oceanici.
Riproduzione artistica del Pelagornis sandersiCrediti: Liz Bradford
Le stime della grandezza di questo enorme uccello sono state fatte grazie ai ritrovamenti fossili: il record finora era stata detenuto dall’uccello Argentavis magnificens che era due volte più grande dell’Albatross reale che ancora oggi vola nei nostri cieli.
Nonostante avesse un peso notevole la struttura dell’uccello lo rendeva in grado di rimanere in volo molto a lungo.
Il nuovo fossile era stato rinvenuto circa 30 anni fa, nel 1983, nei pressi di Charleston, in South Carolina. In quella zona si stava costruendo un aeroporto e gli scavi per le fondamenta hanno rivelato la presenza del fossile.
Per estrarre il fossile è stata necessario un escavatore: “Il solo osso dell’ala superiore era più lungo del mio braccio”, ha detto l’autore Dan Ksepka del National Evolutionary Synthesis Center di Durham, North Carolina.
Si tratta di un ritrovamento eccezionale: molte ossa delle zampe e delle ali e il teschio completo. Secondo Ksepka si tratta di un esemplare sconosciuto di Pelagornithidae, uccelli marini ormai estinti. L’esemplare in questione è stato chiamato Pelagornis sandersi in onore del curatore Albert Sanders, che ha condotto lo scavo del fossile.
L’uccello sarebbe vissuto 25-28.000.000 di anni fa – dopo l’estinzione dei dinosauri, ma molto prima che i primi uomini arrivassero in quell’area.
La struttura del fossile, con ossa cave nelle ali, gambe tozze e ali giganti sembra fatta appositamente per volare e sarebbe stata molto scomoda per vivere a terra, ma non era affatto chiaro come l’uccello gigante potesse decollare viste le sue dimensioni.
Secondo Ksepka così come faceva l’Argentavis, anche P. sandersi doveva sfruttare molto abilmente le correnti ascensionali e discendenti per poter volare. Per dimostrare questa teoria il ricercatore ha utilizzato un programma informatico in grado di calcolare le prestazioni di volo. Una volta che era riuscito a decollare l’uccello era in grado di volare con efficienza e per chilometri sull’oceano, senza battere le ali e scendendo in picchiata per catturare in mare le sue prede.
Naturalmente ci sono ancora molti misteri su questi uccelli: sulle modalità di volo, ma anche sui loro comportamenti e sui motivi della loro estinzione.