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La storia della vita nel DNA del Mus Musculus

I geni del Mus musculus sono circa 30.000, come quelli umani, e per il 99% sono uguali ai nostri. Il confronto tra le due sequenze ha permesso ai ricercatori di scoprire 1.200 nuovi geni nel DNA umano

Scritto da Annalisa Arci il 09.07.2014

“Il gene è un replicatore a lunga vita, che esiste sotto forma di molte copie duplicate. […] Il gene è definito come un pezzo di cromosoma che è sufficientemente breve da durare, potenzialmente, abbastanza a lungo per funzionare da unità significativa della selezione naturale”, (R. Dawkins, Il gene egoista, Mondadori, 1992: p.39).

Questa frase di Dawkins mi sembra indicata per riflettere un po’ su una notizia che leggevo ieri e che mi ha fatto tornare in mente il Mouse Genome Sequencing Consortium. Come molti di voi sapranno, già nel 1990, all’avvio del Progetto “Genoma Umano”, era chiaro che il sequenziamento del DNA del topo avrebbe comportato enormi benefici per la ricerca medica e avrebbe aiutato gli studiosi a comprendere la funzione dei geni umani, confrontandoli con quelli analoghi dei roditori. La prima mappa, parziale, del genoma del Mus musculus risale al 1996. Tre anni dopo, è nato il Mouse Genome Sequencing Consortium, con l’obiettivo di completare il lavoro. I geni del Mus musculus sono circa 30.000, come quelli umani, e per il 99% sono uguali ai nostri. Il confronto tra le due sequenze ha permesso ai ricercatori di scoprire 1.200 nuovi geni nel DNA umano. Rispetto a noi, i roditori hanno un numero maggiore di geni coinvolti nel funzionamento dell’apparato olfattivo, di quello riproduttivo e del sistema immunitario.

Molto si è scoperto dal 2002 ad oggi, e diventa sempre più semplice comprendere perché queste ricerche siano così importanti. In ogni organismo pluricellulare le mutazioni somatiche presenti nel genoma di una cellula si accumulano durante i processi vitali, e queste stesse  mutazioni possono fornire significative  informazioni sullo sviluppo filogenetico, sul numero di divisioni che ogni cellula ha subito e sui processi mutazionali che sono intervenuti nel corso del tempo. Ora, un gruppo di ricercatori delle Università di Utrecht e di Cambridge ha pubblicato su Nature un interessante articolo in cui, grazie al sequenziamento di pezzi del DNA contenuti in cellule ordinarie, prive cioè di evidenti mutazioni, si identificano le linee di sviluppo e le mutazioni cui ogni cellula va incontro nel corso della sua storia.

Struttura a doppia elica del DNA. Sono messi in evidenza gli accoppiamenti tra le quattro basi azotate. (Credit: wikipedia.org).

In pratica è come se fosse possibile seguire, fotogramma per fotogramma, il film che racconta la storia della vita di una cellula grazie al sequenziamento del DNA, quell’acido nucleico che contiene le informazioni necessarie alla biosintesi di proteine e di RNA, molecole indispensabili per lo sviluppo ed il funzionamento della maggior parte dei viventi. A fare la differenza è stato lo studio delle sequenze dell’intero genoma di 25 linee clonali dell’intestino, della prostata e dello stomaco di una coppia di topi. Una volta isolate queste sequenze, cosa è stato possibile ottenere?

Mettiamola così: comparando la sequenza dei cloni derivati dalle singole cellule con tutti gli altri cloni dello stesso topo e con la sequenza della coda, gli scienziati hanno isolato le mutazioni somatiche (o sostituzioni di base dei geni) e, successivamente, hanno identificato le divisioni cellulari precoci di ciascun animale, ricostruendo quali sono stati i contributi delle cellule embrionali a ciascuno dei tessuti adulti. Nelle prime fasi di sviluppo dell’embrione, le cellule individuali contribuiscono a diversi tessuti. Ad esempio, almeno tre delle quattro cellule ricostruite dai due topi alla generazione I sono antenati di tutti i tessuti campione, compresa la coda. Ciò posto, è significativo scoprire che le mutazioni che definiscono le prime quattro generazioni cellulari sono state identificate nelle code dei due topi, confermando che si sono verificate prima della formazione dei tre foglietti germinativi durante la gastrulazione. Detto in parole povere, queste mutazioni, essendo già presenti nell’endoderma (il precursore di tessuti da cui derivano gli organoidi clonali), non sono ascrivibili a stadi successivi di sviluppo.

I cataloghi delle mutazioni somatiche fungono da registri archeologici della storia delle cellule. Riflettendo sui risultati di questo lavoro ho ripensato al Gene egoista.  Alla querelle che sembra non essere mai fuori moda, di chi sia il reale soggetto dell’evoluzione: la specie, l’individuo, il gene, se definito come fa Dawkins. Di sicuro c’è questo, almeno: il sequenziamento di un maggior numero di singole celle di una più ampia gamma di tessuti permetterà la ricostruzione di linee cellulari nella fasi successive dell’embriogenesi, e questo ci permetterà di comprendere meglio lo sviluppo dei tessuti specifici, i tassi e i processi di mutazione. Se pensate alle malattie che ancora ci affliggono, le ricerche sul DNA dei topi è per noi vitale.

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