Dopo che una ricerca pubblicata sul New Englan Journal of Medicine aveva puntato il dito sull’effettiva utilità della mammografia per ridurre la mortalità da tumore al seno, una nuova ricerca condotta da scienziati danesi della Aarhus University, sostiene che lo screening non aiuta a scovare tumori aggressivi in stato iniziale: allo stato iniziale si trovano, per la maggior parte, tumori “con i quali si morirebbe, ma dei quali non si morirebbe”.
Secondo i ricercatori della Aarhus University lo screening del cancro al seno aumenta le diagnosi di cancro al seno in fase iniziale, ma solo nei casi meno gravi. Non aumentano invece le diagnosi di tumori aggressivi in fase iniziale.
Inoltre i casi di cancro diagnosticati grazie allo screening sono per una parte casi che non sarebbero stati trattati se non fossero stati scoperti. Lo studio è stato pubblicato su European Journal of Public Health ed è stato condotto sulla base dei dati provenienti da tutte le donne di età superiore ai 20 anni in Norvegia, circa 1,8 milioni di donne, nel 2010.
Basandosi sulla divisione in quattro stadi del tumore i ricercatori hanno esaminato la distribuzione dello stadio del tumore al seno diagnosticato prima dell’introduzione dello screening, durante l’introduzione e dopo che il regime è stato pienamente attuato.
“L’idea dello screening è che il cancro dovrebbe essere rilevato prima possibile in modo che la donna possa essere trattata e curata. Così, quando si introduce lo screening le donne dovrebbero, per così dire, “passare” da un cancro in fase avanzata a un cancro in fase iniziale. Questo se lo screening funziona secondo i piani ” , spiega il Professor Henrik Støvring, dell’ Aarhus University, autore della ricerca.
I ricercatori hanno esaminato la distribuzione delle quattro fasi dei tumori dal 1987a 2010: “Possiamo vedere che, da quando lo screening è stato introdotto in Norvegia, il tasso di diagnosi del cancro al seno in fase precoce nelle donne di età compresa tra i 50 e i 69 è quasi raddoppiato. Mentre non vi è stato praticamente alcun cambiamento nel numero di tumori in stadio avanzato. Ciò suggerisce che lo screening rileva soprattutto i casi di cancro, con i quali, se non ci fosse stato lo screening, la donna sarebbe morta, ma che non sarebbero stati la causa della morte della donna “, spiega Stovring.
I ricercatori specificano che questa ricerca non si è occupata della mortalità, “Ma se lo avesse fatto allora ci sarebbe dovuto essere un aumento di diagnosi nelle prime fasi, e ci dovrebbe essere stato un calo quasi altrettanto grande nelle ultime fasi del tumore. E questo non lo abbiamo trovato”, ha detto lo scienziato.
Ora la ricerca sarà ripetuta con un gruppo di donne danesi.