“Se gli esseri umani vogliono continuare a mangiare la pasta, dovremo prendere provvedimenti molto più incisivi contro il riscaldamento globale. La pasta è di grano, e un numero crescente di studi scientifici e di osservazioni suggeriscono che il grano sarà fortemente colpito a causa dell’aumento della temperatura, delle tempeste e della siccità che si intensificheranno negli anni a venire.”
Questo è quanto ha affermato Mark Hertsgaard che ha ricordato inoltre i recenti disastri compiuti dall’uragano Sandy e dell’uragano Katrina (2005), dimostrando come il riscaldamento globale rende le condizioni climatiche estreme e in grado di diventare estremamente pericolose.
La cosa realmente grave, secondo Hertsgaard è che “i cambiamenti climatici stanno mettendo a rischio anche il fondamento stesso dell’esistenza umana: la nostra capacità di nutrirci”.
Tanto il grano quanto il riso e il mais sono soggetti ai cambiamenti climatici e soprattutto il grano è fortemente minacciato perché più vulnerabile all’aumento delle temperature. Il problema dunque non si limiterà solo alla pasta – prodotta con il grano duro – ma riguarderà anche il pane prodotto con tipi di grano differenti . A questo proposito si deve considerare che l’aumento di un grado della temperatura globale negli ultimi cinquant’anni ha provocato un calo del 5,5 % della produzione di grano, secondo uno studio pubblicato da David Lobell, professore per la sicurezza alimentare e l’ambiente alla Stanford University.
Entro il 2050, se non verranno presi provvedimenti per limitare l’aumento della temperatura, secondo alcuni studi compiuti dall’International Food Policy Research Institute (IFPRI), la produzione di grano potrebbe diminuire tra il 23 e il 27%.
Su questa linea, ha continuato Hertsgaard: “Il record dell’estate del 2012, che ha portato il luglio più caldo nella storia degli Stati Uniti e la peggiore siccità degli ultimi cinquant’anni (siccità che continua ad affliggere il 60% della nazione) è un’anticipazione di quello che ci attende. Le rese di mais e soia sono crollate nel 2012, facendo salire i prezzi degli alimenti a livello mondiale, l’aumento della fame, e innescando proteste, come quelle avvenute in Indonesia, che ricordano le rivolte di strada che affliggevano decine di nazioni dopo l’ultima grande aumento dei prezzi alimentari tra il 2007 e il 2008”.