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Un Festival per la bellezza nella scienza

Scritto da Annalisa Arci il 28.10.2013

Il tema della bellezza nella scienza viene celebrato nella decima edizione del Festival della Scienza che si sta tenendo a Genova (23 ottobre – 3 novembre). Un punto di riferimento per il confronto e la divulgazione, ma anche l’occasione per conoscere i protagonisti della scienza contemporanea.

Laboratori didattici, mostre artistiche e scientifiche, conferenze, tavole rotonde, spettacoli, concorsi per start up e sviluppo di progetti interdisciplinari. All’interno di questo ricco programma, due temi mi stanno particolarmente a cuore: (1) la bellezza nell’evoluzione e (2) la bellezza nel microcosmo. 

(Crediti: Festival della Scienza 2013).

(1) La bellezza nell’evoluzione. Il Festival si è aperto con la lectio magistralis di David Rothenberg. Amante del clarinetto, naturalista e docente di filosofia e musica presso il New Jersey Institute of Technology, Rothenberg ha ripercorso e poi interpretato la storia dell’evoluzione attraverso le lenti della bellezza. Il titolo dell’intervento è programmatico: la sopravvivenza del più bello. Charles Darwin sia nelle annotazioni raccolte nei Taccuini che nell’Origine delle Specie ha minuziosamente descritto le manifestazioni a dir poco meravigliose della bellezza in natura: le melodie del canto degli usignoli, lo sfarzo delle code dei pavoni, i colori sgargianti di alcune specie di insetti e anfibi.

Ora, qual è il significato evolutivo di queste caratteristiche fenotipiche? Come si sono evolute e perché? Qual è il vantaggio evolutivo della bellezza? Statisticamente è il più adatto a sopravvivere: il più adatto è anche il più bello? In che senso?

Secondo David Rothenberg la bellezza è uno dei “motori dell’evoluzione”, capace di spingere gli organismi verso nuove direzioni e a sfruttare nuove possibilità. Pensate ai colori aposematici: molte specie di insetti, anfibi, ragni, pesci, rettili e mammiferi usano l’aposematismo come deterrente. In pratica, se mi mangi muori avvelenato. Qui il vantaggio evolutivo della bellezza è qui evidente; la pigmentazione corporea si trasmette, infatti, per selezione parentale  – in gergo, kin selection – e garantisce la conservazione dei tratti fenotipici dominanti inizialmente negli individui appartenenti allo stesso gruppo familiare. Vantaggio che si intreccia con il lato oscuro della bellezza intesa come memento mori.

File:Hypselodoris infucata.jpg

Un esempio di aposematismo nel nudibranco o Hypselodoris infucata. (Crediti: Wikipedia).

L’Estetica Evoluzionistica non è una disciplina nuova. È stato da poco tradotto in italiano con il titolo La promessa della bellezza (Aesthetica Edizioni) un libro di Winfried Menninghaus pubblicato dalla Suhrkamp Verlag nel lontano 2003. Winfried Menninghaus insegna al Max Planck Institut für empirische Ästhetik di Francoforte ed è, a mio giudizio, uno dei più importanti studiosi dell’intreccio tra estetica e biologia. Ho quasi finito di leggere La promessa della bellezza. Dalla furia selvaggia dell’eros di Adone, che si consegna ad Ade anzitempo, dalla bellezza nella sua accezione mitica, luttuosa e malinconica del fiore spezzato che non cessa di essere oggetto di un desiderio ormai vano, Menninghaus passa all’analisi del dramma naturalistico. L’apparente irrazionalità della bellezza animale come mero impulso riproduttivo.

Grazie ad una approfondita analisi dei concetti di darwiniani di scelta, selezione sessuale e senso della bellezza, il fulcro tematico del libro si sposta sulla teoria darwiniana della “selezione estetica” e la sua ripresa  nelle teorie evoluzionistiche del neo-darwinismo contemporaneo (come saprete il tema è al centro di un altro capolavoro di Darwin, L’origine dell’uomo e la selezione sessuale). Ecco il messaggio: per quanto darwinianamente distinte, la logica degli adattamenti funzionali operati dalla selezione naturale a volte si intreccia e segue la selezione sessuale esteticamente fondata.

Winfried Menninghaus ci regala una vera e propria “storia naturale del bello”.  La bellezza è una promessa: “i soggetti dotati di “ornamenti” sessuali particolarmente attraenti vengono preferiti poiché l’accoppiamento con essi promette all’animale che di volta in volta opera la scelta una prosecuzione di sé particolarmente copiosa nella prole”, (Winfried Menninghaus, La promessa della bellezza, a cura di a cura di S. Tedesco, Aesthetica Edizioni, p. 22).

(2) La bellezza nel microcosmo. Qui parliamo di semplicità e bellezza, quasi di un richiamo alla bellezza nella sua accezione classica di armonia delle forme. Questo mi viene in mente quando parlo del grafene, un cristallo bidimensionale 200 mila volte più sottile di un capello, costituito da un solo strato di atomi di carbonio. Il Festival della Scienza lo celebra con un Focus di eventi correlati: Graphene (Mostra); Dalla grafite al grafene (Conferenza); Grafene: benvenuti a Flatlandia (Conferenza). Il Festival è occasione per presentare al pubblico le ricerche sul grafene e le applicazioni future grazie al lancio di una iniziativa sviluppata dai partner scientifici e industriali del consorzio Graphene Flagship.

Multiple conformazioni del grafene.

Pensate che il carbonio ha un ruolo del tutto peculiare in natura. Fa parte del “linguaggio della vita” sulla Terra e, per quanto sia semplice dal punto di vista strutturale, mostra un comportamento complesso. Si combina, infatti, in modi diversi, diamanti, grafite, fullereni, fino ai recenti nanotubi.  Dal vecchio carbonio al giovane grafene. Scoperto a partire dalla grafite – il materiale di cui sono fatte le matite, per intenderci – meno di dieci anni fa nei laboratori di Manchester da due scienziati di origine russa, Andre Geim e Konstantin Novoselov (Nobel nel 2010), ha capacità sorprendenti.

È un ottimo conduttore di elettricità (paragonabile al rame) e di calore, è cento volte più resistente dell’acciaio ed è, al tempo stesso, molto flessibile e impermeabile a liquidi e gas. Infine, anche una corrente elettrica debole può renderlo magnetico; ciò significa che esiste un nuovo modo di “trasformare” l’elettricità in magnetismo. Materiali super leggeri ma molto resistenti al calore e agli urti, transistor veloci, touch screen, celle solari, sono solo alcune delle applicazioni tecnologiche possibili.

La bellezza di un cristallo bidimensionale? Il brivido di manipolare l’infinitamente piccolo per creare oggetti su scala macroscopica, di accedere alle strutture fondamentali della materia, di osservarne l’eleganza e l’armonia delle forme. Una bellezza sottile, quasi spietata nel custodire i suoi segreti: la genesi e il significato di ciò che esiste intorno a noi. La famosa lezione di Richard P. Feynman del 1959, There’s Plenty of Room at the Bottom (C’è così tanto spazio là sotto), in cui ipotizzava per la prima volta il metodo scale-down per giungere al microcosmo, si rivela sempre più profetica.

 

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  • Valentina Antonelli scrive:

    Si ho letto anche io e Focus fa bene a testimoniare la cosa sulla rivista.Per gli zoo sono superati

  • Alberto Amati scrive:

    Grande servizio sugli zoo nell’ultimo
    numero di Focus… Una barbarie che non ci possiamo più permettere