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Artrite psoriasica in Italia: poche tutele e molte spese da sostenere

Quando una malattia reumatica piomba nella vita di un essere umano può stravolgerla completamente con effetti gravi sulla qualità della vita. Ma in Italia i malati non possono accedere alle cure più avanzate

Scritto da Alba Fecchio il 02.07.2013

Immaginatevi di svegliarvi una mattina con forti dolori alle articolazioni, non sapere il perché. Affaticamento e sofferenze aumentano, così decidete di rivolgervi ad uno specialista. Nessuna diagnosi precisa, spesso solo prescrizioni di antidolorifici. Inizia così un iter lunghissimo e costoso, che può portare, di solito solo molto tempo dopo, a dare un nome alla malattia: Artrite psoriasica.
Il viaggio nel mondo di questa malattia è difficile a causa della poca informazione al riguardo.
Eppure l’AP non sembra essere una malattia recente, anzi, pare che la nota lebbra biblica spesso non fosse altro che l’artrite psoriasica, che veniva curata, per come si poteva, nei monasteri. Solo nel 1964 viene descritta come patologia distinta ed inclusa a tutti gli effetti all’interno delle malattie reumatoidi.

medicinali

Nell’artrite psoriasica accade che il sistema immunitario, che normalmente è chiamato a proteggere l’organismo da agenti esterni come virus o batteri, si rivolga contro le strutture articolari dell’individuo, provocandone infiammazioni più o meno profonde.
Non è chiaro chi abbia un maggiore rischio di essere colpito da questa patologia: il 30% circa degli affetti di AP hanno una storia famigliare caratterizzata da psoriasi o da artrite psoriasica, ma non vi è una vera regola genetica. L’artrite in media appare dopo 10 o 20 anni dalla comparsa di psoriasi. L’AP colpisce in età variabile, tra i 20 e i 40 anni, con picchi tra i 30 e i 35. Solo in rari casi, seppur esistenti, colpisce prima dei 16 anni.

La difficoltà diagnostica è dovuta anche al fatto che l’AP fa parte delle cosiddette spondiloartriti sieronegative, ossia fa parte di una specifica tipologia di reumi che sono negativi al Ra-test. L’unica diagnosi possibile resta quindi quella clinica, non esistendo ancora un test di laboratorio specifico.

Le cure per questa malattia sono poche.I farmaci oggi più utilizzati, almeno in Italia, sono i FANS, antiinfiammatori non steroidei, che non agiscono direttamente sulla malattia, ma servono per controllarne i sintomi, come l’infiammazione o il dolore. Hanno molti effetti collaterali purtroppo (come ipertensione, bruciore di stomaco, nausea, difficoltà a digerire) e per tanto è buona regola non somministrarli per lungo tempo, anche se spesso risultano indispensabili.
I Farmaci di fondo, detti anche DMARDs sono farmaci invece che servono a modificare il decorso della malattia e vengono utilizzati in casi di reumi acuti.
Le cure però attualmente più efficaci in commercio sono i cosiddetti farmaci biologici: immunosoppressori molto potenti, creati grazie alla scienza biotecnologica.
In Italia tali farmaci oggi sono prescritti solo a pazienti che non reagiscono positivamente a nessun’altra cura. La causa? Gli elevati costi che ancora hanno sul mercato. Parliamo di cifre che vanno dai 1.000 ai 2.000 euro alla confezione.
Se questo è vero, è sicuramente altrettanto vero che un maggior utilizzo, mirato e tempestivo dei farmaci biologici migliorerebbe le condizioni dei malati, migliorandone la qualità della vita, consentendo loro di tornare al lavoro e di condurre un’esistenza “normale”.
Un recente studio ha stimato che utilizzando maggiormente i farmaci biologici, si potrebbe paradossalmente giungere ad un risparmio di circa 1 miliardo di euro l’anno. Denaro che potrebbe essere rinvestito in ricerca.

La situazione attuale italiana che riguarda la tutela dei malati di AP è preoccupante.
L’esenzione attualmente in vigore copre solo una piccola parte delle spese che i malati devono sostenere mensilmente, tra farmaci ed esami specialistici.
Balza immediatamente all’occhio per esempio che risonanze, esame PCR ( che misura il fattore reumatico) ed ecografie alle articolazioni non sono comprese nell’esenzione italiana.
A ciò vanno aggiunti esami specifici per coloro i quali devono prendere i farmaci biologici, come test per tubercolosi e HIV che hanno un costo che sfiora i 200 euro.
Per non parlare poi dei necessari gastro-protettori che diventano, con l’andare del tempo, necessari per tutti i malati, costretti a cicli pesanti di farmaci che provocano forti acidità di stomaco e pesantissimi reflussi gastrici che impediscono di ingerire cibo.
Sono poi d’obbligo esami epatici frequenti: molti farmaci usati quotidianamente hanno molti effetti collaterali a livello epatico-renale. Anche in questo caso, gli esami sono a carico del malato.

Poche cure efficaci quindi, poche tutele e ingenti spese da sostenere in autonomia.

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