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Salute dell’orso marsicano. Problemi e strategie di risoluzione

Scritto da Federica di Leonardo il 21.12.2011

Abbiamo ricevuto da alcuni lettori particolarmente preoccupati per la sorte dell’orso marsicano in Abruzzo la segnalazione della presenza di escoriazioni sul muso di alcuni animali. Per questo abbiamo raggiunto il personale che nel Parco Nazionale d’Abruzzo (PNALM) è impegnato nel monitoraggio della salute di questi animali.

Paolo Ciucci, ricercatore dell’Università La Sapienza di Roma, Leonardo Gentile, veterinario del PNALM e Massimo Fenati, epidemiologo con incarico al Parco, hanno accettato di rispondere alle nostre domande raccontandoci quali sono le strategie del PNALM per proteggere la salute degli orsi.

Orso con escoriazione dovuta alla "dermatite", foto realizzata durante una cattura. Crediti: Archivio Dip. BAU/PNALM Per gentile concessione del PNALM

La “dermatite”, che scriviamo fra virgolette perchè in realtà non si sa ancora bene di che tipo di patologia si tratti, è monitorata da anni, perchè compare su una popolazione di orsi che conta un numero veramente esiguo di individui.  Una popolazione così  poco numerosa  ha comportato l’inevitabile riduzione della variabilità genetica che potrebbe a sua volta generare un indebolimento del sistema immunitario o dell’apparato riproduttivo. Per monitorare la salute degli orsi la squadra di esperti sta lavorando alla stesura di un protocollo sanitario.

Secondo Leonardo Gentile veterinario del parco, che si occupa degli orsi dal 1990, i primi casi di “dermatite” sono stati riscontrati proprio negli anni ’90, quando si effettuavano le catture per mettere il radio-collare ad alcuni orsi.

Gentile descrive la malattia come “localizzata sulla testa, con lesioni ulcerose più evidenti a livello degli zigomi e presenza diffusa di pustole in genere confluenti nelle regioni immediatamente adiacenti. Sinora – continua Gentile – non è mai stata descritta in altre sedi.”

A partire dagli anni ’90 la cosiddetta dermatite “è stata inquadrata in vari stati di gravità, classificati in base alla estensione e profondità delle lesioni. Spesso abbiamo avuto modo di notare, in soggetti catturati più volte, una acutizzazione delle lesioni durante la stagione primaverile ed una cronicizzazione e spesso anche la completa remissione delle lesioni con la presenza di cicatrici residue durante la stagione autunnale”.

L’Ente Parco, che  ha la responsabilità della conservazione della specie e quindi di tutte le problematiche ad essa connesse, insieme con l’Università La Sapienza di Roma, ha avviato nel 2005 una serie di procedure per monitorare la situazione. Infatti il dottor Paolo Ciucci ha spiegato: “Abbiamo contattato una serie di veterinari esperti in materia per mettere a punto un protocollo di prelievi e di analisi mirate ed atte ad indagare la causa di tali lesioni, sia a livello cutaneo che dei livelli istologici più profondi. Abbiamo messo in rete, oltre al Servizio Veterinario dell’Ente Parco, l’allora Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi ISPRA), l’Istituto Superiore di Sanità, la Facoltà di veterinaria dell’Università di Teramo e liberi professionisti con esperienza dedicata nel settore. Il protocollo ha previsto un’indagine a largo spettro ed articolata in diversi laboratori specializzati, dalla ricerca di acari o altri ectoparassiti, ad agenti virali, batterici, micotici, fino all’esame di eventuali cellule tumorali. Purtroppo, successivamente le occasioni di prelievo non sono state molte e i campioni a disposizione, che si contano sulle dita di una mano, non ci hanno permesso di arrivare a risultati definitivi. Le catture, interrotte alla fine del 2009 per esplicita richiesta della direzione dell’Ente, sono oggi fortunatamente riprese proprio per aumentare i campioni a disposizione e quindi svolgere ulteriori analisi, nella speranza si arrivi questa volta a risultati definitivi.”

Orso marsicanoPer tutti e tre gli esperti, la “dermatite” allo stato attuale non sembra destare preoccupazione per la salute degli orsi che, quando catturati, sono sempre apparsi in buona salute e ben nutriti.

“Senza dubbio, dal punto di vista del benessere individuale, si tratta con ogni probabilità di una cosa dolorosa ed assolutamente fastidiosa, come testimonia un filmato fatto quest’estate di un orso che si gratta il lato della testa ogni tre o quattro passi” ha detto Paolo Ciucci.  “Ma la dermatite non sembrerebbe avere riflessi negativi importanti a livello di popolazione. Del resto, noi sappiamo che l’orso bruno marsicano ha ormai una ridottissima variabilità genetica rispetto ad altre popolazioni di orso, e una delle conseguenze negative di questo stato di cose potrebbe essere la ridotta efficacia delle difese immunitarie. L’intera popolazione potrebbe quindi essere ad elevato rischio di contrarre malattie, specialmente nel caso di comparsa di agenti patogeni con varianti innovative o particolarmente infettive. Proprio il fatto che la sintomatologia da dermatite sia piuttosto frequente e non rara o localizzata potrebbe essere quindi un segnale preoccupante della vulnerabilità immunitaria di questa popolazione.”

Gli esperti mettono l’attenzione sul problema dell’allevamento nel territorio del Parco. Infatti la vicinanza di cavalli e vacche che pascolano liberamente potrebbe essere molto pericolosa per la diffusione anche tra gli orsi, ma non solo, di malattie delle quali non si può prevedere l’impatto sulla salute degli orsi.

Per questo l’Ente Parco, con il progetto chiamato Conservazione dell’orso bruno: azioni coordinate per l’areale alpino e appenninico, finanziato con i fondi europei LIFE, ha incaricato il dottor Fenati di procedere alla valutazione del rischio sanitario legato alla presenza del bestiame domestico nelle zone in cui vive l’orso marsicano, per definire delle linee guida per un corretto monitoraggio dell’orso che ne possa favorire la conservazione.

Il dottor Fenati ci ha spiegato che “relativamente allo spettro di agenti patogeni nei confronti dei quali l’orso risulta almeno potenzialmente recettivo e che possono avere un qualche impatto (dimostrato o presunto) sulla dinamica della popolazione, i risultati della analisi che stiamo conducendo ci portano a considerare due livelli di rischio. Il primo vede il possibile effetto della presenza di specie da reddito (bovini ed ovi-caprini) e di popolazioni canine nell’areale dell’orso marsicano, che può determinare problematiche sanitarie legate sia al mantenimento, sia alla diffusione di importanti patogeni che riconoscono in queste specie i principali serbatoi di infezione. Il secondo livello di rischio interessa invece la ricchezza di specie selvatiche nel territorio che può comportare l’instaurarsi di cicli di infezione criptici, che possono risultare unici (patogeni non condivisi dalle specie domestiche), paralleli (patogeni condivisi con i domestici, ma con cicli ben separati che non si sovrappongono) o sinergici (patogeni condivisi con cicli che vedono una comunità di mantenimento costituita da molte popolazioni ospiti di specie diverse, domestiche e selvatiche). La conoscenza di tali dinamiche costituisce il vero punto critico per la gestione sanitaria dell’orso (e non solo) all’interno del PNALM.

“In questo contesto”, continua Fenati,”la conservazione dell’orso marsicano appare chiaramente minacciata per due ragioni essenziali. La prima riguarda l’accertata positività dell’orso ad infezioni, tipiche delle specie domestiche, che non sempre prevedono misure di polizia veterinaria e sono di fatto “invisibili” ed incontrollate nelle popolazioni animali che vivono nel territorio del parco. La seconda ragione interessa invece le caratteristiche demografiche dell’orso marsicano che non permettono a questa specie di rispondere adeguatamente ad eventuali perturbazioni riguardanti la sopravvivenza e la capacità riproduttiva. Infatti, un’alterazione oltre certi valori di questi due parametri a seguito di eventi, come ad esempio l’insorgenza di un problema sanitario, in una popolazione già drasticamente ridotta dal punto di vista numerico e caratterizzata da una scarsa variabilità genetica, potrebbe generare gravissimi problemi per la conservazione della popolazione nel PNALM.
“Da queste evidenze è quindi nata l’esigenza di definire un sistema di sorveglianza sanitaria per l’orso che si è poi concretizzata nel progetto comunitario che mi vede coinvolto.”

Non si può quindi escludere che gli effetti di un problema sanitario potrebbero interessare la sfera riproduttiva e manifestarsi soprattutto con aborto, mortalità neonatale ed infertilità. Se l’infezione interessasse un numero elevato di individui, questo porterebbe ad un bilancio negativo tra nati e morti, con una sostanziale e drammatica contrazione numerica della popolazione e quindi un grave pericolo per la conservazione della specie stessa.

Paolo Ciucci ha aggiunto: “Alcuni risultati importanti, sul piano della valutazione del rischio sanitario, sono stati raggiunti in uno studio preliminare affidatoci dalla Regione Abruzzo nel 2008 e che abbiamo sottoposto all’attenzione dell’Ente e del suo Consiglio Direttivo. Inoltre, l’attuale progetto Life ARCTOS, cofinanziato dalla Comunità Europea, prevede tra l’altro una specifica azione in cui svolgiamo un ruolo di supervisione e permetterà all’Ente Parco di portare avanti tale indagine fino alla ratifica di linee guida per la profilassi ed il monitoraggio sanitario del bestiame d’allevamento pascolante”.
La dermatite, conclude Ciucci, “è quindi un segnale d’allarme che ci dovrebbe fare riflettere molto attentamente, e più che altro urgentemente, su quali potrebbero essere le conseguenze nel caso di diffusione di malattie dall’effetto più incisivo, alcune delle quali sappiamo essere già presenti nel territorio in cui vive l’orso”.

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  • Stefano Orlandini scrive:

    Interessante la disamina del problema (ben noto a chi si occupa di orso marsicano) ma come al solito lontanissime le decisioni che andrebbero prese al piu presto. Il bestiame allo stato brado la fa da padrone anche in zona di riserva integrale….il Parco e’… volente o nolente complice di questa situazione…nessun divieto e’ fatto rispettare, i pascoli sono affittati ad allevatori che giungono addirittura da fuori regione e lo stato sanitario di questo bestiame e’ per lo piu’ sconosciuto.
    Propedeutico a qualsiasi studio che volesse inquadrare questa patologia e trovare una cura sarebbe l’affitto da parte del Parco della maggioranza delle aree invase dal bestiame brado ed il suo allontanamento da esse.Ma quando si tratta di operare concretamente in conflitto con gli interessi locali Il Parco semplicemente….NON ESISTE !