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Inquinamento luminoso e melatonina

Scritto da Leonardo Debbia il 07.01.2020

La melatonina è un ormone preposto alla regolazione dell’ orologio biologico, alla sincronizzazione, cioè, del ritmo giorno-notte negli animali e nell’uomo, intervenendo quindi nel ritmo circadiano e nell’alternanza sonno/veglia.

Nei vertebrati, i fotorecettori rilevano le differenze di luce che giungono sulla rétina.

Il buio favorisce la produzione della melatonina (detta anche l’ormone del sonno), mentre la luce, a seconda della sua intensità, tende ad inibirla, attivando la produzione di cortisolo (l’ormone dello stress).

Ma qual è la nostra soglia di tolleranza, oltre la quale l’illuminamento può diventare dannoso?

I ricercatori dell’Istituto Leibniz di ecologia delle acque dolci e della pesca nelle acque interne (IGB), in Germania, hanno analizzato i dati registrati dall’impatto dell’inquinamento luminoso sulla formazione di melatonina negli esseri umani e nei vertebrati in genere, scoprendo che anche le basse intensità del bagliore delle città sono in grado di sopprimere la melatonina, di influire quindi sul sonno e indurre irritabilità, stati d’ansia, tensione, aumento della pressione arteriosa.

Si sapeva già che, sotto un’alta illuminazione, la produzione di melatonina veniva soppressa.

Ora sappiamo che anche livelli di illuminazione molto bassi possono inibire la produzione di melatonina in alcune classi di vertebrati, umani compresi.

Chiariamo, per inciso, il concetto di misurazione della quantità di luce.

L’unità di misura dell’illuminamento, accettata dal Sistema internazionale, è il lux, che definisce il flusso luminoso per unità di superficie ossia la luce che da una sorgente luminosa giunge su un metro quadrato di superficie. Ai fini del calcolo, la formula si esprime come un lumen fratto un metro quadrato).

Lux e lumen sono però misure differenti del flusso luminoso. Il lux è una misura relativa ad un’area che riceve il flusso luminoso, mentre il lumen indica una quantità di luce assoluta emessa da una sorgente.

Il lux, pertanto, varia con il variare della distanza dalla sorgente di luce.

Per dare un’idea concreta, la luce del Sole può oscillare dai 32mila ai 100mila lux, mentre un ufficio illuminato si stima dai 400 ai 500 lux.

La soglia di percezione della minima intensità di luce è di 0,01 lux nei pesci; 0,03 lux nei roditori; 6 lux nell’uomo.

Per fare un confronto, i livelli di illuminamento notturno passano da 0,001 lux in una notte stellata a 0,3 lux in una notte di luna piena.

“Sorprendentemente, i bassi livelli di luminosità del bagliore del cielo notturno sono sufficienti per sopprimere la produzione di melatonina in diverse classi di vertebrati”, afferma la dott.ssa Maja Grubisic, dell’IGB di Berlino.

“La luce dell’illuminazione artificiale brilla nel cielo notturno più luminosa di pioggia e neve” – aggiunge un altro ricercatore, collega della Grubisic, il dott. Andreas Jechow – “e viene riflessa da nuvole e particelle, con un effetto chiamato ‘skyglow’, che colpisce vaste aree su scala mondiale, come sappiamo dai dati satellitari”.

Ma – viene spontaneo chiedersi – se già la luce naturale interferisce con i processi biologici degli esseri viventi, cosa accade quando si aggiungono le luci artificiali che usiamo per rischiarare le nostre notti?

I disturbi derivanti dall’uso eccessivo di fonti luminose (luci stradali, traffico notturno intenso, insegne pubblicitarie e via dicendo) non sono ritenuti particolarmente gravi, anche se vanno certamente ad occupare lo spazio destinato al riposo, inibendo quindi più a lungo la produzione di melatonina.

Tuttavia, l’effetto immediato del bagliore sovrastante le nostre città è senza dubbio la difficoltà alla visione notturna di un cielo stellato.

Le luci notturne hanno la prerogativa poi di venire diffuse in ambienti solitamente bui (quali i parchi naturali), disturbando così gli animali e i ritmi vegetali.

Effetti negativi veri e propri sono dati invece dalla illuminazione esterna ‘non a norma’, quella – per intenderci – che disperde la luce in ogni direzione.

Ma l’inquinamento luminoso che potrebbe essere realmente più dannoso è rappresentato dal dilagare dei led che, consumando energia a più basso costo, trovano oggi ampia diffusione.

Le forti componenti bianco-blu di questa luce vengono diffuse molto di più dalle molecole dell’atmosfera rispetto alla componente prevalente verso il giallo quale quella usata nei sistemi di illuminazione al sodio.

In base alla popolazione e al territorio esposti, i ricercatori hanno stilato una classificazione del tasso di inquinamento luminoso nei seguenti livelli:

1%: cielo incontamimato; 2-8%: cielo blu; 8-50% cielo verde; oltre il 50% : Via Lattea non visibile e cielo giallo; luce intensa: l’occhio umano non si adatta alla visione notturna (cielo bianco).

Gli scienziati hanno chiarito diverse lacune nella conoscenza dell’inquinamento luminoso, ma non sono giunti a conclusioni definitive sulla effettiva dannosità del fenomeno.

“Non ci sono studi sulle relazioni tra melatonina e inquinamento luminoso nei rettili e negli anfibi e, parimenti, non esistono studi a lungo termine in genere. In particolare, gli impatti sulla salute umana sono ancora da comprendere appieno” afferma Franz Holker, ricercatore dell’IGB nonchè direttore dello studio che ne è stato fatto.

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