Il dolore cronico è un tipo di dolore che persiste per oltre un mese anche dopo la risoluzione di un danno acuto del tessuto nervoso o quando viene associato ad una lesione che non guarisce.
Le cause possono essere secondarie a malattie croniche (neoplasie, diabete, artrite) o primarie (dolore neuropatico, fibromialgia, cefalea cronica ecc.).
E’ stato osservato che anche una lesione di lieve entità, con il tempo, può portare a cambiamenti nel sistema nervoso, dai recettori periferici alla corteccia cerebrale, anche con la cessazione della causa all’origine.
Per la cura, ad oggi, tra le terapie più diffuse, anche in relazione alla natura del dolore, vengono impiegati diversi trattamenti farmacologici, fisioterapici, psicologici.
Restando su un piano generico, gli analgesici attualmente più utilizzati sono i FANS, gli oppiacei, i cannabinoidi o, in alternativa, la fisioterapia mirata, interventi sulla sfera psicologica (training, ipnosi) e, molto più di recente, con successo, l’ossigeno-ozonoterapia.
Si stima che tra il 7 e il 10 per cento della popolazione mondiale soffra di dolore cronico, che deriverebbe da danni arrecati al tessuto nervoso.
Alcuni ricercatori dell’Università di Copenhagen propongono ora un nuovo modo di trattare il dolore cronico.
E’ occorso più di un decennio perchè gli studiosi potessero lavorare alla realizzazione del trattamento studiato e alla sperimentazione che fornisse le prove dell’efficacia della loro tecnica contro il dolore.
Il trattamento è stato testato in via sperimentale sulle cavie in laboratorio e il risultato di questa prima fase è stato pubblicato sulla rivista scientifica EMBO Molecular Medicine.
Dai risultati ottenuti sembra che con il composto realizzato si possa ottenere un effettivo, benefico sollievo dal dolore.
“Abbiamo sviluppato un nuovo metodo per trattare il dolore cronico”, annuncia il prof. Kenneth Lindegaard Madsen, ricercatore del Dipartimento di Neuroscienze presso l’Università di Copenaghen e co-autore dello studio. “E’ un trattamento mirato, che cioè non ha a che fare con la segnalazione neuronale generale, ma riguarda solo i danni causati ai nervi dalla malattia”.
“Abbiamo lavorato da più di un decennio, studiando il processo dalla comprensione della sua biologia, ideando e progettando il composto per descrivere come funziona negli animali, come influenza il loro comportamento al dolore e come rimuove il dolore stesso”.
Il composto messo a punto è un peptide, chiamato Tat-P4-(C5)2 che è un farmaco ‘mirato’ e che agisce solo sui danni dei nervi che rappresentano un problema e causano dolore.
In uno studio precedente, gli studiosi avevano dimostrato in un modello animale che l’uso del peptide può anche agire sulla dipendenza, per cui ora ci si aspetta che dal nuovo metodo possano trarre beneficio anche quei pazienti divenuti dipendenti dagli antidolorifici. Come, ad esempio, è il caso particolare dell’effetto degli oppioidi e dei cannabinoidi.
“Il composto agisce molto efficacemente e non sono stati riscontrati effetti collaterali”, sostiene Lindegaard Madsen. “Possiamo somministrare questo peptide e ottenere un sollievo sicuro e completo della sintomatologia; quanto meno, nel modello delle cavie che abbiamo sottoposto a sperimentazione; senza riscontro, peraltro, dell’effetto letargico che caratterizza i farmaci antidolorifici oggi in uso”.
“Il nostro prossimo passo sarà lavorare per testare il trattamento con peptide sugli esseri umani”, conclude il professore. “L’obiettivo per noi rimane un farmaco, quindi il progetto è quello di creare una società di biotecnologie quanto prima possibile, in modo che ci si possa concentrare su una rapida realizzazione”.
Al momento, i ricercatori stanno lavorando a ulteriori studi clinici, in collaborazione con colleghi di altri Atenei, tra cui la professoressa Nanna Brix Finnerup, dell’Università di Aarhus, specialista in terapia del dolore.