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Birra preistorica: un prodotto artigianale DOC

Scritto da Leonardo Debbia il 22.10.2018

Un nuovo studio, pubblicato sul Journal of Archaeological Science: Reports, ci informa che le pratiche di produzione della birra erano già in uso nel Mediterraneo orientale, oltre cinque millenni prima delle prove finora conosciute, che erano state scoperte nel 2015 in alcuni frammenti di ceramica provenienti da uno scavo archeologico nella provincia di Shaanxi, nel nord della Cina.

In un progetto, frutto della collaborazione tra la statunitense Stanford University, la stessa che aveva rinvenuto le prove dello Shaanxi, e l’Università di Haifa, in Israele, un team di archeologi ha esaminato tre mortai di pietra rinvenuti in Israele, in un sito natufiano di grotte sepolcrali risalenti a ben 13mila anni fa.

L’analisi del contenuto ha confermato che questi mortai erano stati utilizzati per la lavorazione e la conservazione di alimenti quali il frumento e l’orzo.

Posizione del sito e degli artefatti analizzati. A) Ubicazione della grotta Raqefet e di altri siti natufiani sul monte Carmelo; B) foto dei mortai studiati; C) ricostruzione di mortai, usati l'uno per conservare le piante in un cesto coperto da una lastra di pietra e un secondo, destinato a pestare e cucinare le piante per la preparazione della birra. (crediti: Journal of Archaeological Science: Reports)

Posizione del sito e degli artefatti analizzati. A) Ubicazione della grotta Raqefet e di altri siti natufiani sul monte Carmelo; B) foto dei mortai studiati; C) ricostruzione di mortai, usati l’uno per conservare le piante in un cesto coperto da una lastra di pietra e un secondo, destinato a pestare e cucinare le piante per la preparazione della birra. (crediti: Journal of Archaeological Science: Reports)

La cultura natufiana si era diffusa nel periodo Mesolitico, tra i 12500 e i 10500 anni fa, sulle coste orientali del Mediterraneo, nella regione chiamata Levante, coincidente – grosso modo – con i territori assegnati oggi allo Stato di Israele.

Si trattava di una cultura che fu tipica di un periodo di trasformazione dei gruppi umani da nomadi in stanziali e che precedette la pratica dell’agricoltura e delle attività proprie del Neolitico, limitandosi alla raccolta di piante selvatiche e ad una primitiva coltura di cereali.

“La produzione di alcool e la conservazione degli alimenti sono tra le principali innovazioni tecnologiche che hanno condotto allo sviluppo della civiltà nel mondo e l’Archeologia è un valido mezzo per scoprire le loro origini, decodificarne i contenuti e portarli alla nostra conoscenza”, sostiene, a questo proposito, Li Liu, archeologo del Dipartimento di Lingue e culture dell’Asia orientale alla Stanford University.

Le prime testimonianze archeologiche sulla produzione della birra a base di cereali, precedenti l’avvento dell’agricoltura, provengono comunque dai gruppi natufiani semi-sedentari che vivevano sulle coste del Mediterraneo orientale, tra il Paleolitico e il Neolitico, dopo l’ultima éra glaciale.

I natufiani della grotta Raqefet raccoglievano piante disponibili localmente, conservavano semi maltati e producevano birra, forse come parte dei loro rituali.

“I natufiani che abitavano la grotta di Raqefet non cessano di sorprendere”, sostiene il prof. Dani Nadel dello Zinman Institute of Archaeology presso l’Università di Haifa, che ha preso parte allo scavo. “Abbiamo riportato alla luce un’area di sepoltura natufiana comprendente circa 30 individui e una ricchezza di piccoli reperti, quali strumenti di selce, ossa di animali, attrezzi in pietra e circa un centinaio tra mortai e coppelle (piccoli vasi o orcioli, destinati probabilmente a contenere liquidi). Alcuni scheletri sono ben conservati e hanno consentito datazioni dirette, fornendo il DNA umano, e sepolture con corredi floreali.

“Ora, con le prove della produzione di birra, questi resti restituiscono anche un’immagine più vivida e variegata dello stile di vita dei natufiani, delle loro capacità tecnologiche e inventive”.

Dopo cinque stagioni di scavi e un’ intensa serie di ricerche, l’attuale studio ha impiegato l’archeologia sperimentale, l’esame contestuale, l’uso e le analisi dei residui.

I risultati indicano che i natufiani hanno sfruttato almeno sette tipi di piante di cui è rimasta tracccia nei mortai, tra cui grano, orzo, avena, legumi e fibre di rafia (incluso il lino).

L’esame di questi resti racconta che i cibi vegetali furono raccolti in contenitori di fibra e conservati in mortai di pietra, dopo essere stati macinati e cotti per essere trasformati in birra a base di orzo, probabilmente consumata durante i banchetti rituali di 13mila anni fa.

Una testimoniamza dell’uso di questa metodologia è data dai modellli di usura e di assemblaggio microbotanico, che rivelano l’utilizzo di vegetali come il frumento e l’orzo.

E’ probabile che i contenitori fossero provvisti di coperchi, consistenti in lastre di pietra o altri materiali, come è probabile che consistessero in cesti di fibre di rafia, per facilitarne il trasporto.

Le loro forme, strette e molto incavate, possono aver fornito condizioni di freschezza idonee per la conservazione degli alimenti, in particolare per mantenere i malti dei cereali.

Le prove della produzione di birra nella grotta di Raqefet attribuite a 13mila anni fa sono un altro esempio delle complessità sociali e rituali della cultura natufiana.

In ultima analisi, la birra potrebbe essere stata, almeno in parte, una motivazione di base per spingere alla coltivazione dei cereali nelle popolazioni del Sud del Levante, sostenendo una vecchia ipotesi sulla funzione della birra, proposta dagli archeologi più di 60 anni fa.

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