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DNA di esseri umani preistorici estratto dai sedimenti dei siti archeologici

Scritto da Leonardo Debbia il 19.05.2017

Mentre in numerosi siti preistorici, in Europa e in Asia, vengono rinvenuti strumenti, attrezzi e altri manufatti, è invece molto più raro riportare alla luce i resti scheletrici dei nostri lontani progenitori.

La loro presenza, richiedendo particolari condizioni per la conservazione, è più difficile e resta limitata a materiali particolarmente resistenti all’usura, come accade, ad esempio, per i denti.

I ricercatori dell’Istituto Max Planck per l’Antropologia evolutiva di Lipsia, in Germania, hanno cercato così nuove vie per ottenere antico DNA umano.

Da campioni di sedimenti, raccolti in sette diversi siti archeologici, gli studiosi sono riusciti a isolare piccoli frammenti di DNA relativi ad una discreta varietà di mammiferi, inclusi i nostri ascendenti umani estinti.

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Ingresso del sito archeologico della grotta Vinija, in Croazia (credit: MPI f. Antropologia evolutiva / J. Krause)

In particolare, i ricercatori hanno recuperato DNA di neanderthaliani nei sedimenti delle grotte di quattro siti, anche in strati in cui non erano mai stati scoperti resti scheletrici di ominidi, nonchè DNA di denisoviani nei sedimenti della grotta di Denisova in Russia.

Lo sviluppo della tecnologia ha consentito pertanto di scoprire le affinità genetiche di vari siti archeologici in cui non erano mai stati rinvenuti resti umani.

Esaminando la composizione genetica di neanderthaliani e denisoviani, si potrà ora ricostruire con una migliore attendibilità la parte più recente della nostra storia evoluzionistica, anche se

tuttavia i resti degli antichi esseri umani non sono così frequenti e non sempre sono adatti per le analisi genetiche.

“Sappiamo che diversi componenti dei sedimenti possono trattenere DNA”, afferma Matthias

Meyer, dell’ Istituto Max Planck. “Abbiamo quindi deciso di indagare se il DNA degli ominidi fosse in grado di sopravvivere nei siti conosciuti per essere stati occupati da questi ultimi”.

A questo scopo, Meyer e il suo team hanno trovato la collaborazione di una vasta rete di ricercatori intenti a scavare in sette siti archeologici, tra Belgio, Croazia, Francia, Russia e Spagna.

Nel complesso, sono stati raccolti campioni di sedimenti che coprono un intervallo di tempo che va da 14mila ad oltre 550mila anni fa

Utilizzando piccole quantità di materiale, gli studiosi hanno recuperato e analizzato frammenti di DNA mitocondriale, identificandoli come appartenenti a dodici famiglie di diversi mammiferi, che comprendevano anche specie estinte, quali il mammut lanoso, il rinoceronte lanoso, l’orso delle caverne e la iena delle caverne.

E’ stato quindi cercato attentamente l’antico DNA degli ominidi presente nei campioni.

“Dai risultati preliminari, abbiamo sospettato che nella maggior parte dei nostri campioni il DNA di altri mammiferi fosse troppo abbondante per riuscire ad individuare tracce di DNA umano”, afferma Viviane Slon, ricercatrice e anche autrice principale della ricerca. “Abbiamo quindi cambiato strategia, iniziando a cercare subito i frammenti di DNA di origine umana”.

Nove campioni provenienti da quattro siti archeologici differenti contenevano sufficiente antico DNA umano per ulteriori analisi: otto campioni di sedimenti contenevano DNA mitocondriale Neanderthal di uno o più individui, mentre un campione conteneva DNA Denisoviano.

La maggior parte di questi campioni proveniva da strati o siti archeologici in cui nessun osso o dente erano stati trovati in precedenza.

“Ricavando il DNA degli ominidi dai sedimenti, possiamo individuare la presenza di questi esseri umani nei siti e nelle aree dove questi risultati non possono essere ottenuti con altri metodi”, spiega Svante Paabo, direttore del Reparto Genetica dell’ Istituto Max Planck, che è stato co-autore dello studio. “Questo dimostra che l’analisi del DNA dai sedimenti è una procedura archeologica molto utile, che certamente potrà diventare una routine, in futuro”.

Anche i campioni di sedimenti che si sono conservati a temperatura ambiente per anni sono tornati utili nel fornire DNA.

D’ora in poi, le analisi del DNA prelevato dai sedimenti saranno preziose allorché ci si trovi in mancanza di resti umani e probabilmente sarà solo così che si potrà far luce sulla nostra storia genetica comune.

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