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L’agricoltura nacque in Anatolia dagli ultimi cacciatori-raccoglitori

Scritto da Leonardo Debbia il 01.04.2019

Un team internazionale, guidato dagli studiosi dell’Istituto Max Planck per la Scienza della Storia Umana di Jena, in Germania, in collaborazione con colleghi del Regno Unito, della Turchia e di Israele, ha condotto analisi genomiche su 8 individui preistorici, giungendo alla conclusione che i primi agricoltori anatolici sono i diretti discendenti degli ultimi cacciatori-raccoglitori di quella regione.

Resti di un cacciatore-raccoglitore nell'Anatolia di 15000 anni fa (crediti: Douglas Baird)

Resti di un cacciatore-raccoglitore nell’Anatolia di 15000 anni fa (crediti: Douglas Baird)

I risultati di questo studio affiancano le prove archeologiche con cui finora si era sostenuto che le prime attività agricole umane dell’Anatolia erano state messe in atto da cacciatori-raccoglitori locali, che avevano cambiato la propria strategia di sussistenza, piuttosto che essere state introdotte da flussi migratori provenienti da altre regioni geografiche.

Tuttavia, è interessante precisare che, mentre lo studio mostra la persistenza sul lungo periodo – oltre 7000 anni – del pool genetico appartenente ai cacciatori-raccoglitori anatolici, non esclude comunque l’influenza di interazioni genetiche con popolazioni vicine.

Come ormai definitivamente appurato, l’agricoltura si sviluppò circa 11mila anni fa nella Mezzaluna fertile, un’area che comprendeva gli attuali stati dell’Iraq, Siria, Israele, Libano, Egitto e Giordania, nonché i confini dell’Anatolia meridionale e dell’Iran occidentale, per poi diffondersi, all’incirca verso l’ 8300 a.C., nell’Anatolia centrale, ossia l’attuale Turchia.

In un secondo tempo, gli agricoltori anatolici migrarono in tutta Europa, portando con sé, assieme ai loro geni, quella nuova strategia di sussistenza.

E’ stato dibattuto a lungo se l’agricoltura fosse stata introdotta in Anatolia da un gruppo di agricoltori provenienti dalla Mezzaluna fertile o se i cacciatori-raccoglitori locali avessero adottato le pratiche agricole di popolazioni vicine.

Il nuovo studio, pubblicato su Nature Communications mette fine al dibattito, confermando le prove archeologiche esistenti, che mostravano i cacciatori-raccoglitori anatolici come i primi umani a servirsi di pratiche agricole, e dimostrando, nel contempo, che i successivi agricoltori potevano essere ritenuti diretti discendenti di un pool genetico rimasto relativamente stabile in quell’area per più di 7000 anni.

Gli studiosi, come detto sopra, hanno analizzato il DNA antico di 8 individui e, per la prima volta, sono riusciti a recuperare i dati dell’intero genoma di un cacciatore-raccoglitore anatolico di 15mila anni fa.

Questa operazione ha consentito di confrontare il DNA dell’antico individuo con gli agricoltori anatolici che si sono succeduti e con abitanti delle regioni limitrofe, alla ricerca di eventuali correlazioni.

Per far questo, sono stati analizzati 587 individui antichi e 254 popolazioni attuali.

E’ stato così scoperto che la stragrande maggioranza degli antenati dei primi coltivatori anatolici derivava da una popolazione cui apparteneva il cacciatore-raccoglitore anatolico studiato per primo.

“Questo suggerisce, per l’Anatolia centrale, una salda stabilità genetica sul lungo periodo, durata oltre cinque millenni, nonostante i cambiamenti nelle strategie climatiche e di sussistenza”, spiega Michael Feldman, del Max Planck Institute.

“I nostri risultati forniscono un supporto genetico aggiuntivo a precedenti prove archeologiche che suggeriscono che l’Anatolia non fosse semplicemente un trampolino di lancio nel movimento 90 per cento proveniente dai cacciatori-raccoglitori anatolici dei primi agricoltori dalla Mezzaluna fertile verso l’Europa”, afferma Choongwon Jeong, altro studioso co-autore della ricerca. “Piuttosto, era un luogo in cui i cacciatori-raccoglitori locali adottarono idee, piante e tecnologie relative ad una nuova fora di sussistenza”.

Oltre alla stabilità genetica sul lungo periodo, gli studiosi hanno trovato anche la prova di interazioni con i loro vicini.

Nel momento in cui l’agricoltura si sviluppò in Anatolia, tra l’ 8300 e il 7800 a.C., la popolazione locale aveva un patrimonio genetico fornito per il 90 per cento circa dai cacciatori-raccoglitori anatolici, e da circa il 10 per cento da popolazioni che vivono nell’attuale Iran e nel vicino Caucaso.

Dal 7000- 6000 a.C., tuttavia, il 20 per cento degli antenati degli agricoltori anatolici poteva considerarsi legato a popolazioni che vivevano nella regione del Levante.

“Esistono grandi lacune, sia nel tempo che nella geografia, nei genomi attualmente disponibilii per lo studio”, spiega Johannes Krause. “Ciò rende difficile dire come siano avvenute queste interazioni genetiche più labili”.

A queste domande potranno rispondere solo ulteriori indagini in questa e nelle regioni limitrofe.

 

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