Tra le invasioni barbariche dell’Impero Romano studiate sui libri di storia quelle che si ricordano meglio sono senz’altro le discese in Italia degli Unni di Attila, il feroce condottiero che con le sue sanguinose scorribande nel Settentrione d’Italia, giunse quasi alle porte di Roma.
Ma chi erano in realtà e da dove provenivano questi guerrieri violenti e sanguinari che erano dilagati nella nostra penisola mettendo a ferro e fuoco le città dell’Impero?
Una studio recente sostiene che i gruppi etnici di origine asiatica degli Unni iniziarono a migrare verso Ovest attraverso l’Eurasia, trasformandosi via via da agricoltori a pastori e quindi divenendo predoni violenti in risposta alla grave siccità che aveva colpito le province di frontiera dell’Impero romano del Danubio nel IV e V secolo d.C.
Si è risalito alle condizioni dell’epoca, prendendo spunto dalla recente stagione molto secca che ha devastato i terreni agricoli dell’Ungheria durante la scorsa estate. I due periodi, tanto lontani nel tempo, sarebbero – secondo gli studi meteorologici e archeologici – potenzialmente comparabili.
Sul Journal of Roman Archaeology gli studiosi hanno riferito di aver esaminato gli effetti dei periodi di estrema siccità verificatisi tra gli anni 435 e 450 nelle campagne circostanti le rive del Danubio che, con ogni probabiltà, per la sopravvivenza, avevano costretto le popolazioni agricole a cambiare di sana pianta il proprio stile di vita, adottando tecniche nuove e abbandonando infine i terreni, divenuti troppo aridi.
A queste conclusioni sono giunti due ricercatori dell’Università di Cambridge, la professoressa Susanne Hakenbeck, del Dipartimento di archeologia e il dott. Ulf Bungten, del Dipartimento di geografia, dopo un’ attenta ricostruzione idroclimatica eseguita attraverso le analisi degli anelli di crescita degli alberi assieme alle prove archeologiche e storiche disponibili.
Le incursioni dei primi gruppi di Unni del IV e V secolo furono considerate comunque solo la parte iniziale della crisi che innescò le grandi invasioni ‘barbariche’ che condussero in breve alla caduta dell’Impero romano.
I nuovi dati raccolti dai due studiosi di Cambridge forniscono esaurienti informazioni sui cambiamenti climatici che colpirono l’Ungheria dal 420 al 450 d.C. rendendo estremamente asciutte le estati delle regioni oltre le pianure alluvionali del Danubio e del Tibisco e annientando praticamente i raccolti e i pascoli per gli animali.
Secondo Hakenbeck anche un’analisi isotopica degli scheletri della regione ha suggerito una forte alternanza di diete agricole e pastorizie da parte di quelle popolazioni, costrette ad affrontare continui stress climatici.
Il cambiamento definitivo e più rilevante della popolazione riguardò tuttavia l’organizzazione sociale e politica, allorchè gli Unni, prima agricoltori e poi pastori, diventarono violenti predoni.
Negli anni ’30, un capo tribù, Attila, ne prese il comando e, secondo gli storici romani, le richieste di oro – il compenso che le popolazioni barbare chiedevano perchè mantenessero una certa neutralità – aumentò, inasprendo i rapporti con l’Impero.
Questo è quanto viene riportato dagli storici romani dell’epoca, ma oggi si ritiene che la realtà, descritta da Romani che forse avevano sentito soltanto narrare degli Unni senza peraltro averli mai veduti, fosse più complessa.
Secondo i nuovi punti di vista, i buoni rapporti con vantaggi reciproci, si interruppero bruscamente negli anni 447, 451 e 452 d.C. allorchè le invasioni crebbero di numero e di violenza.
Ma per quale motivo si giunse a questa rottura?
Gli studiosi fanno coincidere queste invasioni con eventi particolarmente siccitosi oltre misura nel bacino dei Carpazi, che probabilmente acuirono il bisogno di spazi per le popolazioni Unne.
“La perturbazione economica indotta dal clima potrebbe aver richiesto ad Attila e ad altri capi di pretendere maggiori quantità di oro da distribuire tra gli alleati per tenerseli buoni.” afferma la Hakenbeck. Così gli ex-pastori si sarebbero trasformati in predoni”.
Le fonti storiche descrivono questo momento degli Unni come particolarmente difficile da essere affrontato anche dai Romani, a causa dell’organizzazione militare molto stratificata e complessa che si era pian piano formata tra i ‘barbari’.
Lo studio attuale propende invece per una necessità legata alle condizioni climatiche estremamente avverse di quegli anni (422, 442 e 447) in cui gli Unni avevano sicuramente più necessità di bestiame e di cibo piuttoto che di quantità maggiori di oro, anche se per il momento mancano le prove tangibili di questo.
Gli autori portano a testimomianza una richiesta da parte di Attila di una striscia di terreno ‘larga ‘ cinque giorni di viaggio‘ lungo il Danubio, come miglior riparo contro la siccità. Il mancato accoglimento di questa richiesta avrebbe fornito al re ‘barbaro’ l’occasione per scatenare le sue orde contro l’Impero.
“Il clima altera ciò che gli ambienti possono fornire e questo può portare gli individui a prendere decisioni che alterano la loro economia e la loro organizzazione sociale e politica”, conclude la Hakenbeck. “Queste decisioni possono non essere razionali ma avere tuttavia conseguenze future sul lungo periodo”.
“Questo esempio storico mostra che le società rispondono agli stress climatici in modi complessi e non sempre prevedibili, con soluzioni positive magari nell’immediato ma che possono avere ripercussioni negative sul lungo termine”.
Per certo si sa che entro il 450 d.C., a pochi decenni dalla loro comparsa in Europa, gli Unni scomparvero e lo stesso Attila morì nel 453 d.C.