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Con i nuovi studi, rivisti i percorsi migratori dei Sapiens ‘fuori dall’Africa’

Scritto da Leonardo Debbia il 15.12.2017

Guardando indietro alle nostre origini, la maggior parte di noi ha ormai acquisito il tradizionale modello ‘Out of Africa’ proposto dalla Scienza ufficiale, secondo cui gli esseri umani moderni si sono evoluti in Africa e solo in un secondo tempo hanno iniziato a migrare dal Continente Nero per espandersi per tutta l’Asia e quindi raggiungere l’Australia in un’unica ondata migratoria, iniziata all’incirca 60mila anni fa.

Tuttavia, i progressi tecnologici nelle analisi del DNA e nelle altre tecniche di identificazione dei fossili, nonché l’apporto indiscusso della ricerca multidisciplinare stanno gettando una nuova luce sull’intera storia.

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Recenti scoperte mostrano infatti che l’uscita dall’Africa degli esseri umani moderni (o Sapiens) non si attuò in un unico evento attorno ai 60mila anni fa, come fin qui comunemente ritenuto, bensì si svolse in più fasi, anche precedenti i 60mila anni, portando i gruppi migratori all’incontro e all’ibridazione con altri ominidi in molte località, sparse un pò in tutta l’Eurasia.

A queste conclusioni si è giunti attraverso una rassegna di recenti ricerche sulle antiche ondate migratorie dei primi esseri umani moderni al di fuori dell’Africa, eseguita dai ricercatori del Max Planck Institute per la Scienza della Storia umana in collaborazione con l’Università delle Hawaii a Manoa.

Viene quindi proposta la conferma che la visione tradizionale di una singola dispersione di esseri umani moderni fuori dall’Africa, attribuita a circa 60mila anni fa, non può più essere considerata come la storia completa e definitiva.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, esamina la gran quantità di nuove scoperte fatte in Asia negli ultimi dieci anni, grazie ai progressi tecnologici e alle collaborazioni interdisciplinari, mostrando che Homo sapiens raggiunse parti diverse e distanti del continente asiatico, così come altre vicine all’Oceania, molto prima di quanto sia stato finora ritenuto.

Ci sembra opportuno sottolineare che sono state trovate le prove che gli esseri umani moderni si sono incrociati con altri ominidi già presenti in Asia, come Neanderthal e Denisova, complicando, peraltro, il quadro della storia evolutiva della nostra specie.

L’idea di un’unica ondata migratoria cade anche a seguito delle scoperte che hanno identificato fossili di esseri umani moderni potenzialmente più antichi in aree dell’Asia lontane tra loro.

Ad esempio, i resti di H. sapiens sono stati rinvenuti in diversi siti della Cina meridionale e centrale, datati tra i 70 e i 120mila anni fa.

Infine, ulteriori reperti indicano che i Sapiens raggiunsero il sud-est asiatico e l’Australia ben prima di 60mila anni fa.

Tuttavia, altri studi teorizzano che tutte le popolazioni non africane attuali si siano ramificate da una sola popolazione ancestrale in Africa, circa 60mila anni fa.

Questo potrebbe significare che si ebbero migrazioni multiple e minori fuori dall’Africa a partire dai 120mila anni fa, seguite da una migrazione maggiore, numericamente importante, verso i 60mila anni fa.

Mentre la migrazione più recente potrebbe aver contribuito alla maggior parte della composizione genetica dei non-africani attuali, sarebbero tuttavia ancora evidenti le tracce delle precedenti, per quanto piccole, diffusioni.

“Le dispersioni iniziali, anteriori ai 60mila anni fa, erano probabilmente costituite da piccoli gruppi di foraggieri che lasciarono tracce genetiche di basso livello nelle popolazioni moderne attuali.”, spiega Michael Petraglia del Max Planck Istitute.

La recente ricerca genetica ha risolto anche l’interrogativo sull’eventuale ibridazione degli esseri umani moderni con altri antichi ominidi, evento che sicuramente accadde.

Dai risultati genetici apprendiamo così che i Sapiens si incrociarono non solo con i Neanderthal, ma anche con altri esemplari del ramo parentale scoperti recentemente, i Denisovani, nonché con una popolazione, attualmente non ancora identificata, di ominidi pre-moderni.

Una stima prevede che tutte le attuali popolazioni di non-africani abbiano un’eredità Neanderthal che va dall’1 al 4 per cento, mentre un altro gruppo di ricerca ha stimato che i melanesiani moderni abbiano una media del 5 per cento di patrimonio genetico Denisova.

Da quanto fin qui esposto, ora è chiaro che gli umani moderni, i Neanderthal, i Denisovani e forse altri gruppi di ominidi si sono sovrapposti nel tempo e nello spazio, in Asia, e di sicuro si sono verificati molti casi di interazione tra gruppi.

Alla luce di queste nuove scoperte, la nostra comprensione dei movimenti umani attraverso il Vecchio Mondo è diventata molto più complessa e ci sono ancora molte domande ancora irrisolte.

Gli autori sostengono lo svilupo di modelli di dispersioni umane più complessi, auspicando la conduzione di nuove ricerche in molte aree dell’Asia rimaste finora ignorate.

Sarà inoltre importante – si riafferma – riesaminare i materiali raccolti prima dello sviluppo dei moderni metodi di indagine, per vedere cosa si può apprendere in più da questi.

“Fortunatamente”, afferma Katerina Douka, del Max Planck Institute, “negli ultimi decenni c’è stato un numero crescente di programmi di ricerca multidisciplinare avviati in Asia per riempire le lacune nelle ricostruzioni evolutive”.

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