Una rara mutazione genetica congenita fa in modo che le persone che ne sono portatrici non percepiscano la sensazione del dolore.
Quella che potrebbe sembrare una situazione ideale è in realtà un grave stato patologico che può avere conseguenze estremamente gravi.
Ferite, lesioni o malattie, senza il campanello di allarme del dolore, possono infatti restare ignorate, diventando così fonti di estremo pericolo.
Il gene colpito è stato identificato da un team di ricerca internazionale composto da studiosi della MedUni di Vienna, delle Università di Berlino, Cambridge e Tokio.
L’evento da cui sono partiti gli studi riguardava due bambini, non legati da alcun vincolo di parentela, affetti da una malattia rara e insolita: fin dalla nascita, non avevano mai avvertito alcun dolore in alcuna parte del corpo.
In sostanza, erano totalmente insensibili al dolore.
Che fortuna, verrebbe da dire! E invece, una simile condizione ha delle implicazioni pericolosissime.
Solitamente, le prime avvisaglie di questo disturbo si verificano con la nascita dei primi denti, quando i piccoli non si siano già procurati inconsapevolmente fratture ossee o altri traumi.
Analizzando tutte le sezioni del materiale genetico che codificano le proteine, gli scienziati hanno identificato in entrambi i bambini alcune mutazioni del gene PRDM 12.
La conferma definitiva è giunta poi dalle prove del team di Geoffrey Woods, dell’Università di Cambridge, che ha identificato mutazioni dello stesso gene in pazienti affetti da analgesia congenita o insensibilità congenita al dolore.
I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature Genetics.
E’ stato analizzato il patrimonio genetico di 11 famiglie, ripartite tra Europa e Asia, in cui erano presenti individui affetti da ‘insensibilità congenita al dolore’ o CIP, e sono state esaminate le varianti del gene PRDM 12.
Sono state analizzate biopsie nervose dei pazienti e si è scoperto che particolari neuroni erano assenti.
Il gene PRDM 12 sano contiene le informazioni per un fattore che stabilisce l’attività di altri geni e quindi per lo sviluppo di cellule e tessuti. La sua assenza comporta un malfunzionamento di geni bersaglio ancora sconosciuti, necessari per lo sviluppo del sistema nervoso e per la percezione del dolore.
Al fine di comprendere meglio i meccanismi della malattia, gli scienziati hanno cercato conferme in uno studio parallelo di Tatuo Michiue e Shinya Matsukawa, biologi dello Sviluppo presso l’Università di Tokio, in cui era stata analizzata la funzione del gene PRDM 12 nei girini.
In questi animali, la perdita del gene comportava lo sviluppo difettoso delle cellule nervose (o neuroni), essenziali per la percezione del dolore.
L’associazione tra l’incapacità congenita di sentire il dolore e lo sviluppo difettoso e la funzionalità del sistema nervoso era stata già dimostrata in studi precedenti, in cui era apparso che le mutazioni avevano colpito i canali recettori del dolore e delle vie di segnalazione per i fattori di crescita dei nervi.
Anche il gene PRDM 12 era stato già sospettato di essere implicato nella modifica della cromatina, una piccola molecola che si attacca al nostro DNA e si comporta come un interruttore per attivare e disattivare i geni.
I ricercatori hanno ora dimostrato che tutte le varianti genetiche relative al PRDM 12 nei pazienti affetti da CIP bloccavano la funzione del gene. Data l’importanza della cromatina nella formazione dei neuroni, questo spiegherebbe la causa per cui i neuroni insensibili al dolore non funzionano correttamente nei pazienti con CIP.
La scoperta che i danni ai fattori che, come il PRDM 12, controllano il materiale genetico, possono provocare insensibilità al dolore dà indicazioni sullo sviluppo del sistema nervoso e sul principio di funzionamento della percezione del dolore.
“Anche se non è disponibile alcun trattamento, siamo in grado di ridurre il rischio di lesioni gravi e relative complicazioni, usando l’informazione e il sostegno per questi malati”, dice Michaela Auer-Grumbach, del Dipartimento di Ortopedia presso l’Università di Medicina di Vienna.
“Sono necessarie ulteriori ricerche per mostrare la reale portata delle conclusioni relative al gene PRDM 12 nella ricerca sul dolore, ma anche per studiare nuovi farmaci per alleviarne gli effetti”, conclude la studiosa.