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Per la prima volta scoperti globuli rossi fossili conservati nell’ambra

Scritto da Leonardo Debbia il 13.04.2017

E’ molto probabile che, intorno ai 20-30 milioni di anni, fa una coppia di scimmie, durante la pratica del ‘grooming’, ossia la pulitura reciproca del corpo da insetti – metodo tipico tra questi primati, che non è soltanto una pratica igienica – possa aver contribuito al nuovo straordinario ritrovamento: i primi globuli rossi fossili di un mammifero, conservati in maniera così perfetta nell’ambra da sembrare appositamente preparati per essere esaminati in laboratorio.

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Zecca rinvenuta nell’ambra con i due fori dorsali da cui è uscito il sangue che ha consentito il recupero degli eritrociti fossili (credit: George Poinard, Oregon State University)

La scoperta, pubblicata sul Journal of Medical Entomology, descrive i soli fossili conosciuti di un tipo di parassita che esiste ancor oggi, Babesia microti che, trasmesso dalle zecche, infetta le cellule del sangue degli esseri umani e di altri animali, causando infezioni, talvolta letali.

Due piccoli fori, ben visibili nel dorso di una zecca rigonfia di sangue, permisero la fuoriuscita di qualche goccia ematica proprio nel momento in cui la zecca rimase attaccata alla linfa dell’albero e quindi, in un secondo tempo, venne inglobata nell’ambra.

Questa è la ricostruzione di uno scorcio di vita animale di milioni di anni fa in una giungla tropicale di quella parte di mondo che oggi è la Repubblica Dominicana.

“Questi due piccoli fori indicano che qualcosa (certamente un animale) grattò via la zecca dal corpo di un mammifero, scalfendone il dorso e abbandonandola poi nella linfa dell’albero”, deduce George Poinard, professore emerito presso la Facoltà di Scienze della Oregon State University, autore dello studio relativo ed esperto internazionale delle forma di vita animale e vegetale che si rinvengono nell’ambra fossile.

“Lo scenario proposto sarebbe coerente con il comportamento di una scimmia che si prende cura di un suo simile; e, tra l’altro, sappiamo benissimo che in quell’epoca la regione era molto popolata di scimmie.

“I globuli rossi fossili, infettati da questi parassiti, sono semplicemente incredibili nei loro dettagli. Da precisare che questa scoperta fornisce solo fossili di agenti patogeni conosciuti del tipo-Babesia”.

Questi parassiti fossili si aggiungono alla storia dell’Ordine dei Piroplasmidi, di cui Babesidae è una famiglia.

Negli esseri umani il parassita B. microti può causare la babesiosi, una malattia con sintomi che somigliano alla malaria e che possono essere anche fatali.

Un parassita affine può causare la ‘febbre del Texas’o ‘febbre del bestiame’, che ha costituito un problema storico nelle pianure del West e proprio questa primavera ha portato a imporre la quarantena su più di 500mila acri di terreno nel Texas.

“Le forme di vita che troviamo nell’ambra possono svelarci molto sulla storia e sull’evoluzione delle malattie contro cui ci si batte ancor oggi”, afferma Poinar. “Questo parassita, per esempio,  era chiaramente in giro milioni di anni prima dell’uomo e sembra essersi evoluto con i primati”.

L’unicità degli eritrociti fossili rinvenuti, secondo Poinar, è data anche dalla chiarezza con cui sono conservati i parassiti nelle cellule del sangue, quasi fossero state predisposte ad arte per essere osservate al microscopio.

I parassiti sono rimasti nella struttura cellulare a sufficienza per poter essere distinti con chiarezza all’interno dei globuli rossi durante il processo di inclusione per il quale l’ambra è famosa.

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