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Lo sviluppo degli occhi indusse i pesci ad uscire dall’acqua per conquistare la terra

Scritto da Leonardo Debbia il 13.03.2017

Nel raccontare l’evoluzione si sottolinea quanto sia stato essenziale il passaggio della vita  animale da acquatica a terrestre.

La possibilità di muoversi al di fuori dell’acqua, in un ambiente totalmente diverso, per le creature acquatiche di quel tempo fu un cambiamento che dovette giocoforza sottostare ad una serie graduale di processi di non facile e certa direzione evolutiva.

pesce-evoluzione

Ma cosa spinse i pesci e le altre forme di vita acquatica a fare questo ‘grande passo’ verso la conquista della terraferma? Da anni, la domanda circola tra gli studiosi.

Un recente studio di due scienziati statunitensi ha proposto ora una spiegazione.

Gli scienziati, appartenenti rispettivamente alla Northwestern University, dell’Illinois, e al Claremont McKenna College, in California, ipotizzano che a spingere fuori dall’acqua i nostri antichi progenitori siano stati gli occhi, organi con cui gli animali avrebbero potuto ‘vedere’ la grande disponibilità di cibo al di fuori dell’acqua e avrebbero adattato quindi gli arti di conseguenza, per uscire sulla terra ed effettuare così il grande ‘salto’.

Malcolm A.MacIver, ingegnere biomedico della  Northwestern University e Lars Schmitz, biologo evoluzionista e paleontologo della Claremont McKenna, hanno studiato vari reperti fossili, scoprendo che gli occhi si sarebbero triplicati nelle dimensioni prima del passaggio acqua-terra, e non dopo.

La triplicazione sarebbe coincisa con un cambiamento nella posizione degli occhi dal lato della testa verso l’alto. L’allargamento del campo visivo avrebbe permesso agli animali di vedere attraverso l’aria e avrebbe favorito lo sviluppo dei cervelli più grandi che sono stati osservati nei vertebrati terrestri primigeni. Cervelli più grandi, come dimostrato anche in altri passaggi evolutivi, avrebbero avuto la capacità di pianificare, superando la semplice capacità di reazione, tipica dei pesci.

“Siamo i primi a pensare che 385 milioni di anni fa siano stati gli occhi ad aver a che fare con la transizione animale acqua-terra”; sostiene MacIver. “Abbiamo scoperto un aumento enorme della capacità visiva nei vertebrati, sorto poco prima del passaggio dall’acqua alla terra, e la nostra ipotesi si fonda sull’abbondanza di cibo – varie specie di insetti – che potrebbe aver concorso all’evoluzione delle pinne in arti. Al riguardo, ricordiamo che gli insetti popolavano le terre emerse già da 50 milioni di anni”.

L’allargamento degli occhi è significativo. Al di sopra del pelo dell’acqua, attraverso l’aria, i pesci potevano vedere 70 volte più lontano rispetto alla visione in acqua. Con la triplicazione degli occhi, lo spazio visibile aumentò di un milione di volte.

Questo è accaduto milioni di anni prima dell’esistenza di animali completamente terrestri.

“Nell’acqua, la grandezza degli occhi non costituisce un vantaggio, perché la visione è limitata a ciò che l’animale si trova di fronte”, dice Schmitz. “Ma la forma più grande dell’occhio diventa preziosa durante la visualizzazione attraverso l’aria. Secondo noi, si è trattato indubbiamente di un vantaggio evolutivo che facilitava la ricerca delle prede sulla terra”, sostiene lo studioso.

MacIver e Schmitz hanno individuato un gruppo di animali, sorto dopo la conquista della terra che, una volta tornato a vita acquatica, ha subito un rimpicciolimento degli occhi.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista PNAS.

Il notevole aumento della capacità visiva sulla terra ha consentito alle nuove faune di evolvere inoltre verso una cognizione più complessa. I loro tempi di reazione, infatti, non erano più compressi in termini di frazioni di secondo, come nell’acqua.

Alla fine, l’evoluzione ha portato alla capacità umana della cognizione prospettica: il potere di valutare le opzioni per il futuro e poter scegliere la strategia da adottare.

I due ricercatori hanno studiato 59 esemplari fossili, vissuti sia prima della transizione acqua-terra, che durante la transizione e dopo la transizione.

Le simulazioni riprodotte al computer degli ambienti in cui vivevano queste faune hanno mostrato che il beneficio di una maggiore dimensione dell’occhio si realizzava quando l’animale vedeva attraverso l’aria, non attraverso l’acqua.

I ricercatori hanno misurato le dimensioni delle orbite di ogni fossile e la lunghezza della testa, da cui hanno stabilito le dimensioni degli occhi e le dimensioni dell’animale. Hanno così scoperto che prima del passaggio acqua-terra la dimensione dell’orbita era mediamente di 13 millimetri, salendo 36 millimetri nel periodo della transizione.

“Sono occorsi 12 milioni di anni per la triplicazione di queste misure”, dice MacIvor.

Attraverso un approccio interdisciplinare, MacIver e Schmitz sono stati così in grado di dimostrare che i nostri antenati acquatici  seguivano il trend fornito dalla visione a lungo raggio  per l’abbondanza di cibo sulla terra , concludendo quindi che l’organo responsabile della transizione è stato l’occhio e non gli arti, che si sono sviluppati in seguito.

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