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Rinvenuto campione di roccia contenente 30mila diamanti

Scritto da Leonardo Debbia il 09.01.2015

I diamanti sono belli quanto, spesso, misteriosi. E a tale proposito, in una miniera russa è stata rinvenuta una roccia tanto misteriosa quanto interessante.

Il frammento di roccia, delle dimensioni di una pallina da golf, contiene infatti più di 30mila diamanti, ognuno dei quali più piccolo di un millimetro, brillante e puro, anche se presenta inclusioni di granato rosso e verde assieme ad altri minerali.

Purtroppo, date le microscopiche dimensioni, i diamanti non hanno alcun valore commerciale, perché sono inutilizzabili in gioielleria, ma molto importanti dal punto di vista scientifico.

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Il rinvenimento è avvenuto nella miniera russa di Udachnaya, nella Siberia settentrionale

 

La compagnia russa di diamanti ALROSA ha consegnato il campione al professor Larry Taylor, docente di Scienze Planetarie e della Terra presso l’Università del Tennessee, Knoxville, che ora, con un team di ricercatori dell’Accademia Russa delle Scienze, sta studiandola a fondo la roccia per conoscere meglio la genesi dei diamanti.

I geologi sanno infatti che i diamanti si formano all’interno della Terra, a profondità non inferiori ai 150 chilometri, direttamente nel mantello – dove gli altissimi valori di pressione e di temperatura fanno sì che gli atomi di carbonio si dispongano nei reticoli cristallini, unendosi in legami strettissimi tra atomi, i legami chiamati covalenti, che conferiscono ai diamanti la particolare durezza – e quindi vengono poi trasportati in superficie da particolari eruzioni vulcaniche.

Tuttavia, sanno anche che la maggior parte delle rocce provenienti dal mantello si sbriciolano durante il percorso.

Il campione di roccia della miniera russa è solo uno tra le centinaia rinvenuti in cui i diamanti mantengono ancora la configurazione in cui si sono formati nelle viscere della Terra.

“E’ una meraviglia, perché questa roccia ha più di 30mila minuscoli e perfetti diamanti, nella caratteristica forma ottaedrica, tutti di dimensioni comprese tra 10 e 700 micron; nessuno più grande”, afferma Taylor. “I diamanti non cristallizzano in maniera così omogenea come questi. Normalmente, questo avviene in rari casi, prima che si accrescano. In questa roccia è come se non avessero avuto il tempo di fondersi in cristalli più grandi”.

Taylor e i suoi colleghi hanno esaminato il campione con una apposita apparecchiatura a raggi X per studiare la struttura dei cristalli e le loro relazioni con i minerali associati, indagando sugli elettroni dei minerali presenti all’interno dei diamanti – le cosiddette ‘inclusioni’ – per studiare i rapporti delle sostanze chimiche rimaste inglobate.

Questo ha originato immagini bi e tridimensionali che hanno rivelato le relazione tra i minerali.

La presenza di azoto indicherebbe che i diamanti si sono formati a temperature molto più elevate del normale, utilizzando anche tempi più lunghi del normale.

Le immagini hanno mostrato isotopi di carbonio – vale a dire atomi con massa diversa – anomali per questo tipo di roccia, a indicare che originariamente doveva far parte della crosta terrestre e che solo in un secondo tempo, asportata con tutta probabilità dagli spostamenti tettonici, di nuovo ingerita nel mantello e trasformata nella roccia brillante che vediamo oggi.

“Questi sono risultati nuovi ed entusiasmanti, prove di particolari meccanismi che avvengono nella genesi dei diamanti in genere”, afferma Taylor, che ha presentato gli esiti di questi studi alla Conferenza annuale della American Geophysical Union di S.Francisco, California.

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