Piana di Rosarno, Calabria. Secondo la rivista inglese The Ecologistla Coca Cola avrebbe comprato arance a bassissimo prezzo in Calabria, portando le aziende locali ad impiegare manodopera per lo più extracomunitaria, che vive in condizioni difficili e che già un paio di anni fa aveva alzato la voce, e non solo. La compagnia della Coca Cola non solo smentisce, ma va oltre, annullando gli ordini di arance con le aziende calabresi per tutelare la propria immagine. “La situazione è preoccupante per l’economia locale”, spiega il sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi.
La vicenda della Fanta, marchio di proprietà della Coca Cola, che fino a pochi giorni fa usava anche arance calabresi per produrre la famosa bibita, è finita anche sulle pagine del quotidiano inglese The Independent. Ora la situazione è delicata. Se la notizia dell’annullamento degli ordini delle arance da parte di Coca Cola dovesse essere confermata, ci si troverebbe dover a fronteggiare momenti difficili, sia per i piccoli produttori locali che per i circa 2000 migranti che ogni anno arrivano in Calabria per la raccolta delle arance negli agrumeti.
Qui le condizioni non sono delle migliori. I raccoglitori delle arance vivono in situazioni di povertà. Principalmente provengono da Ghana, Burkina Faso, Costa d’Avorio, ma anche dall’est Europa. Ogni inverno la carovana dei lavoratori stagionali spera che il raccolto vada bene per portare a casa quei pochi soldi che servono per aiutare le proprie famiglie nei rispettivi paesi. D’altra parte le condizioni non sono nemmeno rosee per i produttori locali, costretti a sottopagare i propri dipendenti (25 euro al giorno per circa 15 ore di lavoro, nella migliore delle ipotesi) oppure a lasciare le arance sulle piante senza raccoglierle, “perché tanto non conviene”, come riferiscono gli stessi agrumicoltori, visti i ritardi nei pagamenti e lo scompenso nei guadagni.
Nel frattempo, il primo cittadino di Rosarno, Elisabetta Tipodi, si sta impegnando per assicurare una sistemazione dignitosa ai migranti, intervenendo per realizzare container o apposite strutture di accoglienza. Molte persone sono state già spostate in questi di campi. Si tratta di nuova città-tendopoli, costruita accanto alla zona industriale, fuori dalla città. Il campo è pensato per ospitare 6 migranti in ogni tenda, ognuna delle quali equipaggiata con letti, luce e riscaldamento. Le cabine bagno sono all’esterno. Recentemente è stato costruito anche un campo semipermanente, 18 container che potranno ospitare fino a 108 persone. Ogni container ha due stanze, un bagno e una cucina. E anche i medici di Emergency stanno dando una mano con una clinica mobile presente sul posto due volte alla settimana. “I disturbi più frequenti riguardano dolori muscolari e articolari e problemi respiratori, a volte si necessitano anche di medici specialisti, come dentisti,” riferisce il dottore Luca Corso. “Abbiamo iniziato anche a notare, in modo particolare dall’inizio di gennaio, alcuni casi che possono essere connessi all’attività lavorativa, come l’uso improprio di pesticidi e fungicidi usati durante la stagione lavorativa”, dice il dottore “casi di dermatite da contatto nelle aree esposte, come le mani e il volto, e congiuntivite agli occhi.” Anche il gruppo di Medici Senza Frontiere ha contribuito con gli aiuti, distribuendo kit d’emergenza di igiene contenenti sacchi a pelo, sapone, spazzolini da denti e dentifricio.
L’Italia è uno dei maggiori produttori di agrumi. Più di 3,5 milioni di tonnellate sono coltivate su circa 170 mila ettari di territorio. La Calabria ne è uno dei maggiori fornitori. Su scala mondiale, l’Italia si trova a competere con altri paesi, come Brasile, Cina, Messico, Stati Uniti e Spagna.
Secondo Pietro Molinaro di Coldiretti Calabria, “gli agricoltori sono letteralmente spremuti dalla competizione con i paesi d’oltreoceano combinata con i bassi pagamenti delle multinazionali,” e ancora “ questo meccanismo è stato la causa delle tensioni che si sono prodotte a Rosarno due anni fa, i media internazionali hanno mostrato solo fatti di razzismo, tensioni sociale, non i veri motivi…”
La cosa drammaticamente scandalosa è il prezzo d’acquisto: 7 centesimi al chilo pagati da Coca Cola agli agricoltori, secondo quanto riferiscono gli stessi. Un prezzo per il quale molti piccoli imprenditori si vedono costretti a sottopagare i dipendenti oppure a lasciare marcire la frutta.
Pietro Molinaro ha contattato la rivista The Ecologist per far presente di aver già chiesto alla nota compagnia di soft drink di pagare le arance almeno a 15 centesimi al chilo. Ma la richiesta non ha mai ricevuto alcuna risposta. La Coca Cola per parte sua ha risposto alla rivista, sostenendo che la linea di condotta aziendale prevede e assicura “il rispetto di tutte le leggi locali sul lavoro, comprese quelle dei salari.” La soluzione, secondo le parole di Don Pino De Masi di Libera Calabria sta nel prepararsi meglio per il prossimo anno, organizzando la forza lavoro per dire no alle multinazionali, “bisogna boicottare tutte le multinazionali che sfruttano le situazioni di emarginazione,” riferisce De Masi, “dal prossimo anno servono delle soluzioni strutturali che consentano l’integrazione di queste persone, possibilmente spalmandole su più comuni della Piana di Gioia Tauro”.