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Scuola: ragazzi problematici non vanno mortificati ma incoraggiati

Le politiche di "tolleranza zero" che si basano sulle sospensioni e le espulsioni, ostacolano il cammino scolastico dei ragazzi con precedenti penali

Scritto da Nadia Fusar Poli il 24.11.2012

Le politiche di “tolleranza zero” che si basano su sospensioni e espulsioni ostacolano il cammino scolastico dei ragazzi con precedenti penali.  Un nuovo studio condotto presso l’Università del Texas mette in luce la stretta relazione tra giustizia penale e sistema educativo-formativo.

Ogni anno a Chicago 25 mila adolescenti di sesso maschile vengono arrestati. Secondo il Dipartimento di polizia di Chicago un quarto di questi arresti si verifica a scuola. Lo stigma di un arresto pubblico può incidere sulla crescita dell’individuo ed avere forti ripercussioni in termini di rendimento e successo scolastico.  Secondo lo studio di David Kirk, professore associato presso il Dipartimento di Sociologia e il Centro di ricerca sulla popolazione, le politiche punitive della scuola – più che fattori sociali e psicologici – stigmatizzano gli adolescenti con precedenti penali, ostacolando il loro percorso e costituendosi quali barriere al raggiungimento di livelli di istruzione superiori.

“Essere ufficialmente un ‘criminale’ cambia il modo in cui le istituzioni educative trattano gli studenti”, sottolinea Kirk. Per motivi di responsabilità e sicurezza della scuola, gli studenti arrestati possono essere emarginati e respinti dalla scuola superiore attraverso politiche di esclusione. Utilizzando i dati del Project on Human Development di Chicago, Kirk e il co-autore  dello studio, Robert Sampson, un sociologo dell’Università di Harvard, hanno analizzato 659 adolescenti nelle scuole pubbliche di Chicago, in un arco di tempo compreso tra il 1995 e il 2002, e raccolto i dati del US Census Bureau, il Dipartimento di Polizia di Chicago, della Polizia di Stato dell’Illinois e delle scuole pubbliche di Chicago.

Il 73 per cento dei ragazzi arrestati ha abbandonato la scuola superiore, mentre tra gli adolescenti senza precedenti penali la percentuale è del 51 per cento:  una sostanziale differenza di 22 punti percentuali.

Gli studenti sceglierebbero di abbandonare gli studi o di non iscriversi al college dopo il diploma, perché lo stigma di un arresto difficilmente consentirebbe loro di beneficiare dei vantaggi derivanti da un maggior grado di istruzione. In effetti, secondo Kirk, insegnanti e consulenti tendono, anche inconsapevolmente,  a considerare questi ragazzi come studenti problematici e, di fatto, a concentrare i propri sforzi educativi  sugli studenti dal futuro promettente.

Oltre al rifiuto da parte di insegnanti, genitori e coetanei, gli studenti che sono stati arrestati devono far fronte a una serie di interruzioni durante il proprio percorso formativo e scolastico, in quanto costretti a passare attraverso il complesso sistema di giustizia penale. Queste “battute d’arresto”  limitano notevolmente la loro competitività nel processo di ammissione al college e di accesso agli aiuti finanziari. Alla luce di quanto emerso, sorgono interrogativi inquietanti sul’ interazione tra giustizia penale e sistema educativo. Le scuole urbane devono affrontare una sfida enorme nel promuovere un ambiente di apprendimento sicuro, tentando di fornire una formazione per gli studenti “a rischio”.  Sebbene l’obiettivo delle politiche di esclusione e “tolleranza zero” sia quello di avere aule sicure e contesti positivi, le scuole devono sviluppare programmi migliori per incoraggiare gli studenti a rischio ad ri-impegnarsi nel processo di scolarizzazione.

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