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Alzheimer, attività cognitive potrebbero ridurre il rischio

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 24.01.2012
AnzianoCHICAGO – Le persone che tengono il cervello attivo per tutta la vita con attività  cognitivamente stimolanti quali lettura, scrittura e giochi sembrano avere livelli ridotti della β-amiloide, che costituisce la maggior parte della placca amiloide ceh si riscontra nel cervello dei malati di Alzheimer, secondo una rapporto pubblicato online su Archives of Neurology. I benefici sembrerebbero inoltre arrivare soprattutto se l’attività cognitivamente stimolante avviene da giovani, ma non solo.La scoperta è stata possibile grazie allo sviluppo recente di un radio marcatore al carbonio radioattivo chiamato Pittsburgh Compound B ([11 C] PIB), che ha reso possibile vedere direttamente le immagini delle proteine β-amiloidi.

Nello studio di Susan M. Landau, dottore di ricerca presso l’Università di California- Berkeley e colleghi, sono stati eseguiti una tomografia ad emissione di positroni e dei test neuropsicologici  su un campione cognitivamente normale di partecipanti anziani.

La quantità di proteine  β-amiloidi sono state comparate tra soggetti sani anziani, giovani partecipanti e pazienti affetti da morbo di Alzheimer. I partecipanti hanno completato un’intervista sui loro stili di vita, tra cui la frequenza con cui hanno partecipato ad attività cognitivamente  coinvolgenti in diverse fasi della vita (dai 6 anni alla loro età attuale).
“Possiamo rilevare una associazione diretta tra l’attività cognitiva e la presenza di proteine β-amiloidi, che ci suggerisce che lo stile di vita trovato in individui con un alto impegno cognitivo può prevenire o rallentare la deposizione di β-amiloide, influenzando probabilmente l’insorgere e la progressione dell’Alzheimer,” scrivono i ricercatori.Lo studio ha incluso un campione di 65 volontari anziani in buona salute con una età media (media) di 76,1 anni, più 10 pazienti con Alzheimer (età media 74,8 anni) e 11 persone giovani (età media 24,5 anni).

I risultati indicano che la maggiore partecipazione ad attività cognitivamente stimolanti per tutta la vita, ma soprattutto nei primi anni, sembra essere associata ad una ridotta presenza di proteine che causano le placche caratteristiche del morbo. Le persone anziane con la più alta attività cognitiva sembrano mostrare un livello di β-amiloidi paragonabile ai giovani del gruppo di controllo, mentre quelli con la più bassa attività cognitiva sono paragonabile ai pazienti con Alzheimer.

Nonostante la maggiore attività cognitiva fosse associata con una maggiore attività fisica, l’esercizio non è stato associato ad una minore presenza di β-amiloidi, notano gli autori. I ricercatori suggeriscono che la tendenza ad impegnarsi in attività cognitivamente stimolante è probabilmente correlata ad una varietà di pratiche di vita che già in altri studi che mostrano un rischio ridotto di Alzheimer.

“E’ improbabile che i nostri risultati riflettano una singola causa unitaria dell’Alzheimer, che è una malattia complessa con molti processi patogenetici in atto. Inoltre, l’attività cognitiva è solo una componente di un insieme complesso di stili di vita legati al rischio di Alzheimer che dovranno ancora compresi”, concludono i ricercatori. “Tuttavia, i risultati attuali estendono i risultati precedenti che mostrano una relazione inversa tra la stimolazione cognitiva e il rischio di Alzheimer”.

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