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Furono le tempeste di sabbia a far crollare l’Impero accadico

Scritto da Leonardo Debbia il 03.12.2019

L’Impero di Akkad (o accadico) è da molti storici considerato il primo impero della Mesopotamia. Anzi, secondo alcuni, fu forse il primo vero impero del mondo antico, dato che, di fatto, si trattava di un unico ‘regno’ al cui potere era sottomesso un cospicuo numero di città-stato già Sumere, ciascuna governata da un ensi; non un semplice governatore, bensì un monarca a tutti gli effetti.

Pur costituendo una novità positiva, data la quantità e l’eterogeneità delle popolazioni riunite e le tecniche d’irrigazione adottate per le coltivazioni, la sua durata fu di soli 150 anni, dal 2350 al 2200 a.C.

Il re-guerriero Sargon, il Grande

Il re-guerriero Sargon, il Grande

Fondato dal leggendario Sargon il Grande, l’Impero abbracciava un vasto territorio che si estendeva dalla Siria all’Anatolia, giungendo, a sud, fino al Golfo Persico. Le città dei Sumeri erano state fagocitate e, pur disponendo ciascuna di un proprio governo, rispondevano al dominio assoluto della città di Akkad, la capitale, dove il dinasta accadico era considerato una sorta di ‘dio in terra’.

Da tempo gli storici si interrogano sulle cause che condussero alla caduta di questo Impero, senza tuttavia riuscire a trovarsi concordi su un unico motivo predominante.

Le tante ipotesi fin qui avanzate oscillano da un’ amministrazione pubblica insufficiente ad una più prosaica scarsezza di raccolti (sulle cui origini, peraltro, si discute ancora); da possibili rivolte sociali ad improbabili eventi astronomici, quali la caduta di una gigantesca meteora.

Sono state prese in esame anche diverse problematiche connesse al clima ed alle sue variazioni, concretizzatesi in lunghi periodi siccitosi, in cambiamenti di direzione dei venti e delle correnti oceaniche, tutti fattori che avrebbero potuto realmente influire sull’economia della regione, sostanzialmente fondata sull’agricoltura, favorita da un ottimo sistema di irrigazione dei campi, e sul commercio con altre popolazioni.

Come si può ben capire, il clima era il fattore fondamentale portante per la crescita del paese.

Riprendendo quindi in esame gli effetti di una serie di mutamenti climatici della regione, uno studio dell’Università di Hokkaido, in Giappone, mediante una serie di analisi di coralli fossili ha scoperto nuove prove che confermano frequenti tempeste di polvere che avrebbero interessato la Mesopotamia durante una stagione fredda prolungata; eventi, che su una scala temporale sufficientemente lunga, avrebbero potuto di fatto mettere in ginocchio l’economia del paese, segnando la fine dell’Impero accadico.

Quale sia stata la causa, si sa per certo che circa 4200 anni fa gli insediamenti urbani furono rapidamente abbandonati e la regione non ne conobbe di nuovi per altri 3000 anni.

Gli studi fatti finora hanno chiamato in causa disordini civili e siccità improvvise, ma le dinamiche che avrebbero causato la mancanza di raccolti e le disastrose carestie, favorendo quindi la fine di un’era di prosperità della regione, necessitano di approfondire ulteriormente le indagini.

I ricercatori giapponesi dell’ Università di Hokkaido hanno effettuato ricostruzioni paleoclimatiche della temperatura e dei cambiamenti idrologici delle aree intorno al sito di Tell Leilan, il centro dell’Impero accadico, città già fiorente nel 2600 a.C. (ben 300 anni prima dell’inizio dell’impero accadico), che nel 2600 a.C. fu colpita da una severa crisi siccitosa che ne causò la rovina.

Sono stati campionati sei coralli di porites fossili, provenienti dal Golfo dell’Oman, datati con il metodo del radiocarbonio a 4100 anni di età. Analizzati dal punto di vista geochimico, nonostante il lungo periodo di tempo trascorso, non sono state scoperte comunque significative alterazioni.

I dati ricavati sono stati allora comparati con coralli attuali ed esaminati alla luce di informazioni meteorologiche sul clima dell’epoca.

Mentre ci si sarebbe atteso che in inverno l’area di provenienza dei coralli avesse avuto una quantità significativa di precipitazioni, l’esame dei coralli ha fatto invece supporre che nel periodo in cui crollò l’impero, l’area ebbe a soffrire di significativi periodi di siccità.

Dunque, i dati emersi prima e dopo la scomparsa dell’impero, posti in relazione con i dati dei coralli attuali, proverebbero che i periodi di clima asciutto sarebbero stati improvvisi e intensi.

Le prove fossili mostrano infatti che all’epoca si verificò una prolungata stagione invernale, durante la quale lo shamal – il tipico vento della regione, caldo, arido e polveroso, proveniente da nord, nord-ovest – avrebbe investito tutta l’area, ad intermittenza, per frequenti periodi.

L’impatto delle tempeste di polvere, associate alla mancanza di precipitazioni, avrebbe pertanto causato gravi problemi all’agricoltura, conducendo inevitabilmente la regione verso una disastrosa carestia ed una forte instabilità sociale, fattori che determinarono, senza dubbio, il crollo dell’impero.

“La causa ufficiale della caduta dell’impero accadico è stata addebitata da molti all’invasione della Mesopotamia da parte di altre popolazioni. Ma i campioni di corallo fossile sono finestre temporali che mostrano i segni delle variazioni climatiche dell’epoca che furono sicuramente il contributo definitivo alla scomparsa di quella civiltà”, sostiene Tsuyoshi Watanabe, ricercatore del Dipartimento di Scienze naturali e storiche presso l’Università di Hokkaido, che ha diretto lo studio.

Leonardo Debbia

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