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Trovato il formaggio più antico del mondo in una tomba egizia di 3500 anni fa

Scritto da Leonardo Debbia il 25.09.2018

L’invecchiamento – è risaputo – migliora il sapore del formaggio. Ma non è certo per l’età che i residui di un antico formaggio, scoperti in una tomba egizia, hanno suscitato l’interesse degli archeologi.

Secondo una indagine, pubblicato sulla rivista Analytical Chemistry, gli studiosi sono stati attratti, invece, dalla constatazione di essersi imbattuti nel più antico formaggio solido mai rinvenuto prima d’ora.a

Rovine della piramide di Unis (o Unas, in greco) (Fonte: Wikipedia)

Rovine della piramide di Unis (o Unas, in greco) (Fonte: Wikipedia)

La tomba di Ptahmes è collocata su un lato della Piramide di Unas, nella necropoli di Saqqara, in Egitto, e risale al 13° secolo a.C., XIX dinastia del Nuovo Regno.

Ptahmes era un alto funzionario al servizio di ben due faraoni, Seti I e il suo successore Ramesse II. La posizione di prestigio gli consentì la sepoltura nella Piramide di Unas e il suo sepolcro venne riportato alla luce nel 1885.

Per cause ignote, tuttavia, la scoperta e l’ubicazione del sito non vennero però registrate, per cui la tomba rimase dimenticata per diverso tempo sotto le sabbie del Sahara e fu riscoperta solo nel 2010 da alcuni archeologi dell’Università del Cairo.

Qualche anno dopo, durante la ricognizione che ne era seguita, nel sito furono trovati alcuni cocci di vasellame, che nel frattempo era andato ovviamente in frantumi.

Uno di questi vasi rivelò comunque una sorpresa: una massa biancastra solidificata e un tessuto di tela che, nelle intenzioni di chi lo aveva deposto, avrebbe dovuto servire da copertura per il vaso; soprattutto – riteniamo – per proteggerne il contenuto.

Enrico Greco, chimico dell’Università di Catania e ricercatore presso l’Università della South Florida di Tampa, Stati Uniti, durante un sopralluogo sul sito assieme ad un team di colleghi intese naturalmente indagare su cosa fosse realmente quella sostanza biancastra e per stabilirne la natura provvide a passare il campione in soluzione, ad isolare i suoi componenti proteici e quindi ad analizzarlo con le nuove tecniche d’indagine di cui poteva disporre: la cromografia liquida e la spettrometria di massa.

Con questi metodi, è stato così possibile isolare in laboratorio i peptidi presenti nella sostanza, identificando il campione come un prodotto lattiero-caseario, ottenuto da latte vaccino mescolato a latte di pecora e di capra.

Per quanto riguarda il tessuto di tela, le sue caratteristiche fisiche lo indicano come un buon mezzo per poter contenere un solido piuttosto che un liquido; e l’assenza di marcatori specifici, portano a concludere che il prodotto caseario protetto da quel telo doveva essere un formaggio solido.

Si tratta quindi del più antico formaggio in cui ci si è imbattuti; magari un po’ stantio, ma formaggio sicuramente.

Le sorprese, però, non erano finite!

Procedendo nelle analisi, si è osservato che altri peptidi del campione alimentare facevano ipotizzare che il residuo potesse essere stato contaminato da Brucella melitensis, un batterio che causa la brucellosi, una malattia potenzialmente mortale, che dagli animali viene trasmessa agli esseri umani, in genere consumando latticini non pastorizzati.

Due, quindi, i traguardi raggiunti.

Se le analisi del team di Greco verranno infatti confermate – e non c’è motivo di dubitarne – il campione rappresenterebbe, oltre al formaggio solido più antico, la prima prova biomolecolare, mai rinvenuta prima, della comparsa della brucellosi.

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