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‘Gigli di mare’ fossili affiorano dalle rocce sulle Alpi austriache

Scritto da Leonardo Debbia il 05.05.2017

Un fossile particolare amplia le conoscenze degli studiosi sulle modalità con cui organismi primordiali hanno potuto colonizzare gli antichi oceani terrestri.

Un team internazionale ha rinvenuto resti fossili di giovani crinoidi, i lontani progenitori degli odierni ‘gigli di mare’, racchiusi in una matrice di ossidi di ferro e calcare sulle Alpi austriache, databili intorno ai 425 milioni di anni fa.

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La Formazione Cardiola nelle Alpi austriache, in cui è visibile, scavata nella roccia, la trincea di Rauchkofel Boden (la macchia scura a sinistra), il sito a crinoidi (crediti: Annalisa Ferretti, Università di Modena e Reggio Emilia)

I ricercatori hanno raccolto i campioni di roccia da una formazione al confine tra Italia e Austria, conosciuta come Formazione Cardiola, venuta alla luce durante gli scavi delle trincee durante la prima guerra mondiale.

I crinoidi rivestivano una importanza notevole negli oceani primitivi, dato che tappezzavano i fondali marini un po’ ovunque sulla Terra.

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Crinoide attuale

 

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Crinoide fossilizzato

“Si tratta di animali simili a piante, ancorati alle rocce del fondo”, spiega William Ausich, docente di Scienze della Terra alla Ohio State University e co-autore dello studio, comparso sulla rivista Geologica Acta.

“I fossili di crinoidi allo stadio giovanile sono molto rari”, continua Ausich. “Ma più raro è il fatto che i crinoidi rinvenuti non risulta fossero ancorati alle rocce, al momento della morte.  Qualunque cosa li sorreggesse, non è sopravvissuta alla loro fossilizzazione”.

“Questi crinoidi erano probabilmente attaccati ad altri organismi che galleggiavano nelle acque di quella lontana epoca, sprovvisti di parti dure, che altrimenti sarebbero state rinvenute fossilizzate anch’esse”.

Si può supporre si sia trattato di letti di alghe galleggianti o cefalopodi nuotatori, per mezzo dei quali le larve avrebbero potuto essere trasportate lontano dai punti in cui erano nate, come accade oggi.

Gli attuali gigli di mare, infatti, si riproducono espellendo lo sperma e le uova nell’acqua. Le larve crescono attaccate ad organismi galleggianti e, alla fine, si fissano sul fondo degli oceani dove, in 18 mesi, crescono fino alla maturità.

Osservando l’etologia degli attuali gigli di mare e comparandola con i ritrovamenti fossili, possiamo azzardare quindi l’ipotesi che questi antenati, allo stato larvale, si siano fissati ad organismi mobili, che li avrebbero portati poi lontano dai luoghi di nascita prima del raggiungimento dell’età adulta.

“Ora siamo più informati sul comportamento di questi antichi organismi e sul modo in cui possano aver avuto una distribuzione geografica così ampia”, afferma Ausich.

Con i lunghi corpi a forma di stelo sovrastato da foglie piatte, i crinoidi sembrano fiori, anche se il centro di questi ‘fiori’ è una bocca e i ‘petali’ sono armi che servono a catturare il plancton per nutrirsi.

All’estremità opposta dei corpi, è collocato un organo a forma di stella, chiamato ‘holdfast’, che serve per aggrapparsi al fondo marino.

Alcune specie attuali sono in grado di staccarsi dai fondali e percorrere brevi distanze.

Se i crinoidi loro antenati avessero vissuto la fase adulta ancorati in un solo punto, non avrebbero potuto espandersi in tutto il mondo. Siamo autorizzati a pensare, quindi, che abbiano potuto muoversi.

Gli ‘holdfast’ fossili è la parte rimasta delle forme giovanili di crinoidi scoperte sulle Alpi.

E questo non è insolito, secondo Ausich.

“La condizione essenziale per la fossilizzazione è che questi organismi siano stati sepolti vivi”, spiega il ricercatore. “I crinoidi e altri echinodermi hanno uno scheletro formato da piastre di calcite, tenute insieme da vari tessuti molli, che vanno in decomposizione entro un giorno dalla morte dell’organismo.

“Il sedimento che coprì questi giovani crinoidi doveva essere ricco di ferro, perché gli holdfast recuperati sono conservati come minerali di ossido di ferro. E questo è un dettaglio singolare”, aggiunge lo studioso.

Ora, i fossili appaiono come anelli di ruggine stellati. Misurano da 1 a 4 millimetri, denotando lo stadio giovanile.

A prima vista, toglierli dalla roccia appariva un compito arduo; ma i ricercatori, proprio per la presenza di ossido di ferro, per estrarre i fossili, dopo aver disciolto il calcare che li includeva, si sono serviti di calamite.

Campioni fossiliferi della Formazione Cardiola ne erano stati raccolti già in passato, ma solo recentemente ci si è accorti della presenza di questi resti di crinoidi.

L’aspetto più interessante del ritrovamento non è rappresentato tanto dalla tipologia dei fossili, quanto dal fatto che questi organismi siano riusciti a sopravvivere indenni per milioni di anni, attraversando innumerevoli cambiamenti climatici per diventare i ‘gigli di mare’ che conosciamo oggi.

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