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Il ferro è un elemento biologico?

Scritto da Leonardo Debbia il 06.07.2015

Prendiamo un oggetto di ferro, un chiodo, una vite o una parte di una qualsiasi macchina.

Si potrebbe mai immaginare che la metà di questo ferro deve la sua esistenza a batteri che sono vissuti due miliardi e mezzo di anni fa?

Eppure, questo è quanto è emerso da uno studio pubblicato la settimana scorsa su Proceedings of National Academy of Sciences (PNAS).

Clark Johnson, professore di Geologia all’Università del Wisconsin-Madison (UW-Madison), e Weiqiang Li, suo assistente, hanno esaminato dei campioni provenienti da una formazione di banded iron bed, o orizzonti di ferro a bande, dell’Australia occidentale.

ferro-rocce

Formazione del Karijini National Park, in Australia occidentale. Studiando queste rocce, gli scienziati hanno determinato che la metà del ferro presente oggi sulla Terra ha avuto origine negli oceani poco profondi ad opera di microbi, 2,5 miliardi di anni fa (crediti: Clark Johnson)

Questo tipo di roccia sedimentaria è estremamente antica, risalente al Precambriano, il primo dei periodi geologici della Terra (da 4,6 miliardi a 541 milioni di anni fa), è costituita da una alternanza di ossidi di ferro (magnetite o ematite) con letti di selce o argilla, e si trova nei depositi minerari di tutto il mondo, dalle miniere di ferro del Wisconsin del Nord alle enormi miniere dell’Australia occidentale.

Gli scienziati ritenevano che il ferro presente nell’acqua marina avesse avuto origine dall’acqua a temperatura elevata, ricca di minerali, che rifluiva da sorgenti medio-oceaniche, precipitato poi sui fondali dei primi oceani terrestri.

Ora, Johnson e Li dimostrano che metà di quel ferro a bande è stato metabolizzato da batteri viventi lungo le piattaforme continentali e quindi sedimentato in ambienti scarsamente ossigenati, come quello che caratterizzava acque poco profonde.

L’alternanza delle bande, secondo i due scienziati, sarebbe frutto di una ‘stagionalità’ nella produzione di ossigeno, da qualcuno ritenuta conseguente forse a ciclicità climatiche o orbitali.

Lo studio è iniziato con misurazioni di isotopi di ferro e neodimio, utilizzando uno dei laser più veloci al mondo presso il Dipartimento di Geoscienze della UW-Madison, e mediante la produzione di lampi di luce della durata di meno di un trilionesimo di secondo lungo sezioni sottili del campione, vaporizzate senza tuttavia riscaldare il campione stesso.

“E’ stato come prendere una paletta di gelato e estrarne gli ingredienti prima che si sciolga”, spiega Johnson. “Il riscaldamento con i laser tradizionali, eseguito finora, dava risultati discutibili”.

“Finora, non c’era accordo sulla fonte dei dati forniti dagli isotopi”, spiega Li. “Aggiungere il neodimio ha cambiato il quadro e ha fornito una misura indipendente dalla quantità proveniente dalle acque continentali poco profonde che portavano una firma isotopica della vita”.

Oggi, l’idea che un organismo possa metabolizzare il ferro può apparire strana, ma 2,5 miliardi di anni fa la Terra era molto diversa. Con poco ossigeno nell’atmosfera, molti organismi vivevano metabolizzando ferro anziché ossigeno.

Secondo i biologi questo processo “è veramente alla radice della vita, ma noi abbiamo potuto riscontrare una piccola prova soltanto dalle analisi della roccia”, afferma Johnson. “Questi antichi microbi hanno respirato ferro, proprio come noi respiriamo ossigeno. E’ una cosa difficile da comprendere, va ammesso”.

Lo studio è importante sotto molteplici aspetti, secondo lo scienziato.

La ricerca chiarisce anche l’evoluzione del nostro pianeta e della vita stessa durante questo periodo ricco di ferro, 2,5 miliardi di anni fa.

“Cosa è rimasto di quel mondo nel nostro metabolismo?”, si chiede Johnson. “Non è un caso che il ferro sia una parte importante della vita, se le prime molecole biologiche hanno potuto esistere basandosi sul ferro”.

La NASA sta dirigendo ora la ricerca della vita nello spazio, tenendo conto anche di queste scoperte, non tralasciando alcuna possibilità.

Lo studio rafforza anche l’importanza dei microbi in Geologia.

“Rappresenta un grande cambiamento”, ammette Johnson. “Nei miei testi di geochimica degli anni Ottanta, non tenevo in alcuna considerazione il contributo che poteva fornire la Biologia allo studio della Terra. E sbagliavo”, ammette.

A questo punto, negli studi geologici, entra a far parte, di diritto, una nuova branca, la geomicrobiologia.

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