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I Neanderthal d’Italia erano anche pescatori subacquei

Scritto da Leonardo Debbia il 25.02.2020

Il Paleolitico medio, a seconda dei luoghi, si estende dai 200mila ai 40mila anni fa e si colloca nella parte superiore del Pleistocene, i millenni compresi tra l’interglaciale Riss-Wurm e il periodo glaciale Wurm inferiore.

Una recente scoperta ci racconta che i Neanderthal d’Italia di questo periodo raccolsero rocce e conchiglie dalle spiagge e dalle acque costiere.

Questo è infatti quello che è venuto alla luce, durante una ricerca del team internazionale di ricercatori guidato da Paola Villa, archeologa italiana dell’Università del Colorado, con la partecipazione delle Università di Pisa, della ‘Sapienza’ e di Roma tre.

La divulgazione è stata data in un articolo sulla rivista scientifica PLOS ONE.

Che i Neanderthal siano stati in grado di costruire attrezzi di varia tipologia e funzione è cosa risaputa; ma fino ad oggi, invece, si sapeva molto poco sulle loro capacità di sapersi immergere nelle acque marine, a guisa di odierni sub, allo scopo di recuperare conchiglie e rocce del fondo, materiali che avrebbero poi destinato ai più vari usi.

Villa e colleghi hanno esaminato e descritto i reperti rinvenuti nella Grotta dei Moscerini, un sito neandertaliano del Golfo di Gaeta.

Si tratta di gusci di vongole, molluschi bivalvi appartenenti alla specie Callista chlone, risalenti a circa 100mila anni fa, che presentano tracce evidenti di lavorazione.

Sono, in totale, ben 171 le conchiglie recuperate, molte delle quali si ritiene siano state usate probabilmente come raschiatoi.

Sulla base dello stato di conservazione, inclusi i danni e le incrostazioni degli organismi marini, i ricercatori hanno dedotto che quasi un quarto dei molluschi erano stati strappati via ancora in vita dal fondale marino.

Negli stessi sedimenti delle grotte sono state rinvenute anche abbondanti pietre pomici, forse usate come strumenti abrasivi, la cui provenienza potrebbe essere individuata come prodotto di eruzioni dai vulcani del Golfo di Napoli, trasportate dalle correnti marine fin sulla spiaggia Moscerini, dove furono poi raccolte dai Neanderthal.

Queste scoperte si uniscono ad una lista crescente di prove che i Neanderthal dell’ Europa occidentale avessero una certa confidenza con la pratica dell’ immersione in acque costiere poco profonde per raccogliere materiali da trasformare in risorse molto tempo prima che fosse l’Homo sapiens a dare vita a questa consuetudine.

Gli studiosi notano anche che gli attrezzi prodotti con le conchiglie erano più abbondanti negli strati di sedimenti in cui scarseggiavano gli attrezzi litici, facendo supporre che i Neanderthal abbiano potuto passare alla produzione di oggetti servendosi di conchiglie come materia prima durante i periodi in cui c’era carenza dei materiali lapidei più tipici, anche se è possibile che le conchiglie venissero impiegate per la loro maggiore facilità nel taglio, per la loro sottigliezza e affilatura, caratteristiche che questi materiali, a differenza della pietra, potevano anche conservare nel tempo, se oppportunamente trattati.

“La grotta si apre su una spiaggia”, spiegano i ricercatori. “Ha un’ampia collezione di 171 strumenti, realizzati su conchiglie raccolte sulla spiaggia o direttamente sul fondo del mare da immersioni subacquee dei Neanderthal. Immergersi per raccogliere conchiglie o pescare in acque dolci e basse erano attività comuni fra i Neanderthal, secondo i dati riscontrati anche in altri siti. Ma sulla spiaggia Moscerini i Neanderthal raccoglievano anche pietre pomici eruttate dai vulcani nel golfo di Napoli e trasportate poi lì dalle correnti marine”.

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