Sembra uscito da un fumetto o un film di fantascienza – un laser vivente – ma questo è esattamente ciò che due ricercatori presso il Centro Wellman per la ricerca in fotomedicina al Massachusetts General Hospital hanno sviluppato. In un articolo che apparirà sulla rivista Nature Photonics, i ricercatori Malte Gather e Yun Hyun Seok descrivono come una singola cellula geneticamente modificata per esprimere la proteina verde fluorescente (GFP) possa essere utilizzata per amplificare i fotoni in impulsi di luce laser della durata di alcuni nanosecondi.
“Da quando sono stati inizialmente sviluppati circa 50 anni fa, per i laser sono utilizzati materiali sintetici come cristalli, coloranti e gas purificato come mezzo di guadagno ottico, all’interno del quale vengono amplificati gli impulsi di fotoni che rimbalzano avanti e indietro tra due specchi”, spiega Yun, coautore della ricerca. “Il nostro è il primo risultato che mostra un laser biologico sulla base di una singola cellula vivente.”
Gather, ricercatore e autore principale dello studio, aggiunge: “Una parte della motivazione alla base di questo progetto era pura curiosità scientifica. Oltre a renderci conto che le sostanze biologiche non avevano mai giocato un ruolo importante nei laser, ci siamo chiesti se c’era un motivo fondamentale per cui luce laser, per quello che ne sappiamo, non si possa verificare in natura o se si potesse trovare un modo per permetere l’emissione di luce laser in sostanze biologiche o organismi viventi.”
I ricercatori hanno scelto la famosa proteina fluorescente GFP – scoperta dal chimico Marty Chalfie – per rispondere a queste domande, perché essa – trovata per la prima volta in una specie di meduse – può essere indotta ad emettere luce senza l’applicazione di altri enzimi. Le sue proprietà sono ben comprese, e ci sono molti organismi geneticamente programmati per esprimere la GFP. Per determinare il potenziale della proteina per la generazione di luce laser, il primo ricercatore ha montato un dispositivo costituito da un cilindro lungo alcuni centimetri, con specchi alle estremità, riempito con una soluzione di GFP in acqua. Dopo la prima conferma che la soluzione di GFP poteva amplificare l’energia in ingresso in brevi impulsi di luce laser, i ricercatori hanno stimato la concentrazione di GFP necessaria per produrre l’effetto laser.
Utilizzando tali informazioni, il passo successivo è stato quello di sviluppare una linea di cellule batteriche che esprimono GFP ai livelli richiesti. Il laser cellulare è stato assemblato mettendo un singolo organismo che esprimeva la GFP – del diametro di 15-20 milionesimi di metro – in una microcavità costituita da due specchi altamente riflettenti. Non solo il dispositivo a base di cellule ha prodotto impulsi di luce laser come nell’esperimento con la soluzione di GFP, ma i ricercatori hanno anche scoperto che la forma sferica della cellula stessa ha agito come una lente per rifocalizzare la luce e indurre l’emissione di luce laser a livelli di energia più bassi di quelli richiesti per il dispositivo basato sulla soluzione. Le cellule utilizzate nel dispositivo sono sopravvissute al processo e sono state in grado di continuare a produrre centinaia di impulsi di luce laser.
Yun, professore associato di Dermatologia presso la Harvard Medical School ha detto che “la capacità di generare luce laser da una fonte biocompatibile collocata all’interno di un paziente potrebbe essere utile per le terapie fotodinamiche, in cui vengono attivati i farmaci con l’applicazione di luce, o nuove forme di imaging.”
Infine Gather: “Uno dei nostri obiettivi a lungo termine sarà un modo per portare le comunicazioni ottiche e l’informatica nel regno della biotecnologia. Che potrebbe essere particolarmente utile nei progetti che prevedono l’interfacciamento dell’elettronica con gli organismi biologici”.