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Scoperta nuova tecnica di difesa dei batteri dai virus

Scritto da Leonardo Debbia il 09.03.2016

Un team composto da scienziati dell’Università del Texas ad Austin (UT) e della Scuola di Medicina presso la Stanford University, in California, ha scoperto in un batterio un particolare sistema di difesa per riconoscere e distruggere virus dannosi.

Il meccanismo di ingegneria genetica identificato dall’équipe di studiosi è analogo al sistema CRISPR/Cas, che agisce sul DNA dei virus, con la differenza che questo scoperto ora consente al batterio di agire sull’RNA (acido ribonucleico) del virus.

Detto altrimenti, con il sistema CRISPR/Cas i batteri si difendono dai virus catturando frammenti di DNA del virus che consentono di riconoscerlo immediatamente e combattere un’eventuale aggressione da parte di quel virus.

Il nuovo sistema, come detto sopra, agisce invece sull’RNA.

La scoperta potrebbe avere interessanti applicazioni biotecnologiche, come studiare modi migliori per combattere i virus che imperversano nelle colture agricole e interferiscono con produzioni ‘a rischio’, quali, per fare un esempio, formaggio e yogurt.

batterio-marinomonas

Il batterio Marinomonas mediterranea al microscopio elettronico (crediti: Antonio Sanchez.Amat)

Il team di ricerca, guidato da Alan Lambowitz, direttore dell’Istituto di Biologia Cellulare e Molecolare presso la UT Austin, ha scoperto questo sistema di difesa in un batterio che si trova comunemente nelle acque marine, il Marinomonas mediterranea, un microrganismo che fa parte di una classe di microbi chiamati Gammaproteobacteria e che comprende anche batteri patogeni umani, quali quelli che causano il colera, la peste o varie infezioni polmonari.

La sua strategia consiste nel catturare frammenti di RNA da invasori come i virus e incorporare questi elementi di RNA nel proprio genoma, utilizzandole come si trattasse di foto segnaletiche, per riconoscere e distruggere, una volta riconosciuti, i virus pericolosi.

“Questo meccanismo ha uno scopo difensivo ben preciso”, spiega Lambowitz. “Ora, si potrebbe immaginare di trapiantare questo sistema in altri organismi e utilizzarlo come una sorta di rilevatore di virus”.

Lambowitz afferma che, come passo successivo, i ricercatori potrebbero intervenire geneticamente su una coltura – ad esempio quella del pomodoro – in modo che ogni cellula sia dotata del programma antivirus.

Al tempo stesso, secondo Lambowitz, si dovrebbero anche controllare le condizioni ambientali per vedere se eventuali modifiche dell’ambiente possano avere effetti sulla trasmissione degli agenti patogeni.

“La combinazione delle piante con l’ambiente che si trovano ad affrontare, sia esso naturale o comporti l’uso di insetticidi, erbicidi o fungicidi, potrebbe portare alla scoperta delle modalità con cui gli agenti patogeni attaccano sempre queste piante e quali possano essere i potenziali vettori”, ribadisce Georg Mohr, altro ricercatore della UT Austin, co-autore della ricerca.

Un’altra applicazione potrebbe essere usata nel settore lattiero-caseario, afflitto da virus che infettano normalmente i batteri che producono yogurt e formaggio, causando rallentamenti nella produzione o impedendone la realizzazione.

Attualmente la prevenzione dalle infezioni è complicato e costoso, mentre l’uso di batteri programmati per registrare le interazioni con i virus, secondo Lambowitz e Mohr, comporterebbe sicuramente una difesa meno costosa e sicuramente più efficace.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Science del mese di febbraio scorso.

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