Un gruppo di ricercatori del Walter and Eliza Hall Institute, guidato dal Mireille Lahoud, Zhang Jian-Guo, Peter Czabotar e Ken Shortman, ha individuato una proteina presente sulla superficie di una specifica classe di cellule del sistema immunitario in grado di riconoscere le cellule morenti o danneggiate a causa di una possibile infezione in corso. Questa scoperta potrebbe dare nuovo impulso alla ricerca sui vaccini di ultima generazione rendendoli più specifici, più efficaci e con meno effetti collaterali, capaci di prevenire malattie come la malaria, l’HIV e alcune forme di tumore.
La proteina osservata nel corso dello studio dal team di immunologi, chimici delle proteine e biologi strutturali , si chiama Clec9A e si trova sulla superficie delle cellule dendritiche, che sono cellule del sistema immunitario specializzate nella cattura di antigeni. Le cellule dendritiche sono fondamentali per lanciare l’allarme sull’eventuale presenza di virus, batteri e parassiti, cellule tumorali e altre cellule morenti o danneggiate e hanno il compito di far capire alle altre cellule del sistema di difesa quali sono le molecole da distruggere.
Secondo Shortman, la proteina Clec9A rappresenta, al momento, uno dei target migliori per ottimizzare la risposta immunitaria. Infatti, creando vaccini che si legano alla proteina Clec9A, si riuscirebbero a ingannare le cellule dendritiche, inducendole a ritenere di aver incontrato una cellula danneggiata e dunque ad attivare una risposta immunitaria.
“In questo studio – pubblicato sulla rivista Immunity – abbiamo scoperto che Clec9A riconosce e si lega ai filamenti di actina, una proteina che si trova in tutte le cellule del corpo, e che quest’ultima si rivela solo quando la membrana cellulare è danneggiata o distrutta” afferma Lahoud. “Si tratta dunque di un metodo eccellente per scovare le cellule che potrebbero ospitare pericolose infezioni ed esporle al sistema di difesa”.
Colpendo la proteina Clec9A si potrebbe inoltre diminuire di 100-1000 volte la quantità di vaccino necessario all’immunizzazione. A differenza dei vaccini tradizionali – composti da virus interi inattivati o parassiti per il riconoscimento immunitario – che devono essere somministrati in grandi quantità, nella speranza che incontrino le giuste cellule di difesa dell’organismo, e devono incorporare altre sostanze (coadiuvanti), necessarie per aumentare la risposta immunitaria, i vaccini di nuova generazione andrebbero a colpire direttamente le cellule target, mitigando gli effetti collaterali” conclude il professor Shortman.