Gaianews

Gli insediamenti umani in Amazzonia sono più antichi di quanto si pensasse

Scritto da Leonardo Debbia il 12.06.2019

Secondo un team internazionale di ricercatori, gli esseri umani si stabilirono nell’Amazzonia sudoccidentale, mettendo in atto una prima forma di agricoltura, molto prima di quanto si sia ritenuto fino ad oggi.

'Isole forestali' che emergono sulla regione pianeggiante dei 'Llanos' boliviani

‘Isole forestali’ che emergono sulla regione pianeggiante dei ‘Llanos’ boliviani

“Sappiamo da tempo che, circa 2500 anni fa, società complesse si sono formate nella regione chiamata Llanos de Moxos, nell’Amazzonia sudoccidentale, un’area estesa che interessa il nord della Bolivia attuale. Ma le nuove prove di cui oggi siamo venuti in possesso suggeriscono che altri esseri umani, ben più antichi, si insediarono in quella regione già 10.000 anni fa, durante il primo Olocene”, afferma Josè Capriles, docente di Antropologia alla Pennsylvania State University. “Si trattava di gruppi di cacciatori-raccoglitori che, avendo esaurito le risorse locali, iniziarono ad elaborare il concetto di appartenenza ad un territorio; una molla che, col tempo, spinse a verificare i primi tentativi di coltivazione, nella regione, di alcune piante selvatiche come patate dolci, manioca, arachidi e peperoncino, primi approcci di approvvigionamento di fonti alimentari alternative”.

Il team archeologico ha condotto il suo studio su tre isole forestali – Isla del Tesoro, La Chacra e San Pablo – che si erigevano nella savana, la vasta distesa pianeggiante che si allagava o restava asciutta a fasi alterne, al ritmo delle stagioni, nei Llanos de Moxos, nel nord della Bolivia.

“Queste isole forestali occupano posizioni più elevate rispetto alla savana circostante, quindi non si allagano durante la stagione delle piogge”, afferma Capriles. “Pensiamo che quei gruppi umani usassero questi luoghi periodicamente come rifugi stagionali, in particolare durante le lunghe stagioni piovose, durante le quali la maggior parte dei Llanos de Moxos veniva sommersa dall’acqua”.

Gli scavi che il team ha condotto nelle isole forestali hanno rivelato che gli scheletri umani erano stati sepolti intenzionalmente, in modo diverso da quello tipico dei cacciatori-raccoglitori e invece più simile al comportamento di società complesse, caratterizzate cioè da una gerarchia politica, ancorchè dedite alla produzione di alimenti per proprio uso e consumo.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances.

“Se questi individui ancestrali fossero stati cacciatori-raccoglitori nomadi, che si spostavano in continuazione, non ci aspetteremmo che avessero potuto seppellire i loro defunti in specifici luoghi, piuttosto che tumularli in modo sporadico, magari negli stessi luoghi in cui erano morti”, aggiunge Capriles, osservando che nella regione è raro trovare resti umani o addirittura archeologici che precedano l’uso di manufatti in ceramica.

“I terreni di questa regione hanno una composizione chimica molto acida, che spesso rende la conservazione dei resti organici molto difficile”, spiega Capriles. “Inoltre, è risaputo che negli ambienti tropicali la materia organica si deteriora rapidamente. Per di più, in questa regione manca qualsiasi tipo di roccia adatta alla fabbricazione di utensili in pietra, per cui anche di questi ultimi non esiste alcuna traccia utile”.

Secondo Umberto Lombardo, geografo dell’Università di Berna, quando i ricercatori hanno pubblicato per la prima volta la scoperta di questi siti archeologici, nel 2013, hannno dovuto basare le loro conclusioni esclusivamente su prove indirette – per lo più, analisi geochimiche – senza prove dirette, quali artefatti umani.

“La mancanza di prove dirette lasciava scettici molti archeologi sulle nostre conclusioni”, dice Lombardo. “Non si credeva che quelle isole forestali rappresentassero i primi siti archeologici dell’Olocene. Lo studio condotto di recente colma una lacuna, fornendo una prova diretta dell’origine antropica di questi siti, perchè gli scavi hanno riportato alla luce sepolture umane del primo Olocene che costituiscono la prova certa dell’antichità e dell’origine di questi siti”.

Capriles sottolinea che le ossa umane rinvenute su queste isole si sono conservate nonostante le cattive condizioni ambientali, perchè erano racchiuse in autentici letamai, ossia cumuli di rifiuti contenenti abbondanti frammenti di conchiglie, ossa di animali e resti organici.

“Questi individui raccoglievano le ‘lumache delle mele‘ – chiocciole caratteristiche delle zone tropicali – durante la stagione delle piogge e disponevano i loro gusci in grandi mucchi, chiamati cumuli”, scrive il professore. “Nel corso del tempo, l’acqua ha disciolto il carbonato di calcio dei gusci, facendolo precipitare sulle ossa e garantendone così la fossilizzazione”.

Questo processo non ha però consentito al team di effettuare datazioni al radiocarbonio sulle ossa, ma solo sul carbonato di calcio dei gusci, per giungere alla stima del periodo in cui i siti erano stati occupati.

“I resti abbondanti di terra bruciata testimoniano l’uso del fuoco, probabilmente per tenere pulito il terreno, cuocere il cibo e riscaldarsi durante i periodi piovosi”, ipotizza Capriles, secondo cui è evidente la differenza tra gli individui studiati dal suo team, che vivevano nelle isole forestali tra i 10000 e i 4000 anni fa, e l’ascesa di società complesse, che dovette iniziare soltanto attorno ai 2500 anni fa.

“Gli individui rinvenuti sono da ritenersi i diretti predecessori delle società successive, più complesse?”, si chiede Capriles. “Gli interrogativi cui rispondere sono ancora molti e speriamo di poter dare risposte proseguendo negli studi”.

Questa ricerca è stata sostenuta dalla Fondazione nazionale svizzera per la scienza, il progetto europeo Marie Sklodowska-Curie Actions, la Commissione nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica del Cile e la US National Science Foundation.

© RIPRODUZIONE RISERVATA