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Si esplora un secondo lago subglaciale in Antartide

Scritto da Leonardo Debbia il 04.02.2019

Circa dieci anni fa, grazie ad immagini satellitari, sotto i ghiacci dell’Antartide fu individuato un lago la cui presenza era rimasta fino ad allora sconosciuta.

La massa d’acqua distava solo 600 chilometri dal Polo Sud.

Ora, alcuni ricercatori stanno perforando la calotta di ghiaccio per raggiungere questo lago, rimasto isolato da millenni alla profondità di 1100 metri.

La spedizione, chiamata SALSA (Subclacial Antarctic Lakes Scientific Access), ha per obiettivo l’esplorazione di ambienti terrestri umidi – laghi, fiumi, stagni – mai esposti alla luce solare, possibili sedi di ecosistemi molto più isolati delle fosse oceaniche.

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Cosa si aspettano di trovare gli studiosi?

Si tratta di un’occasione unica per esaminare un ecosistema che abbia qualche affinità con altre masse d’acqua che potrebbero trovarsi, collocate in maniera analoga, sotto la superficie di Marte o di altri corpi celesti coperti da calotte di ghiaccio.

La perforazione del ghiaccio ha ora raggiunto il lago Mercer (questo il nome del lago), che si estende per 160 chilometri quadrati e la cui profondità oscilla tra i 10 e i 15 metri.

Il lago, nonostante le temperature costantemente sotto lo zero, è allo stato liquido grazie all’enorme pressione della massa di ghiaccio che lo sovrasta.

I ricercatori si apprestano a calare, attraverso un foro di 60 centimetri di larghezza, un veicolo telecomandato con cui esplorare le acque e prelevare campioni del fondo.

Il lago Mercer è uno dei 400 laghi che l’Antartide conserva sotto i suoi ghiacci e sarà soltanto il secondo ad essere campionato, dopo le perforazioni del Lake Whillans, operate dallo stesso team nel 2013, che avevano portato alla luce una notevole quantità di colonie microbiche, molto più abbondanti di organismi di quanto ci si aspettava.

“Non sappiamo cosa si potrà trovare”, risponde John Priscu, esperto di ecologia lacustre della Montana State University, coordinatore del progetto, a chi gli chiede se ci si possa aspettare qualche forma di vita animale.

Certamente, un habitat come quello del Lago Mercer, paragonabile a luoghi analoghi, ad esempio le lune ghiacciate di Giove e Saturno, potrebbe rivelare davvero qualche sorpresa sulle eventuali forme di vita che avesse avuto la possibilità di ospitare.

Di sicuro, si sa che i sedimenti del vicino Mare di Ross hanno consentito di accertare decine di collassamenti della calotta antartica avvenuti negli ultimi sei milioni di anni.

Secondo David Harwood, esperto biostratigrafico dell’Università del Nebraska, dal momento che il lago Mercer si trova a circa 800 chilometri nell’entroterra rispetto al Mare di Ross, ci si aspetta che la perforazione del fondo possa almeno documentare i periodici avanzamenti e ritiri della calotta glaciale durante i periodi caldi e freddi.

Il lago Whillans, di cui si era occupato lo stesso team – come detto sopra – aveva offerto l’opportunità di esaminare una media di 130mila cellule microbiche per millilitro, una quantità di microrganismi che dovevano la loro presenza all’energia fornita loro dall’ossidazione di ammonio e metano provenienti dal fondo.

Questo processo suggeriva che l’ecosistema, pur isolato dal Sole, avessse avuto comunque una qualche forma di comunicazione con il mondo esterno.

Intanto, i ricercatori ritennero che l’ammonio e il metano provenissero da resti fossili di organismi marini accumulatisi durante i periodi caldi, quando la regione era coperta esclusivamente dall’oceano al posto del ghiaccio.

Non era solo una supposizione. La prova era stata fornita dall’analisi del fondale lacustre in cui erano stati rinvenuti gusci di diatomee, alghe fossili, e resti di spugne marine.

Fu ritenuto, a ragione, che il lago Whillans fosse rimasto coperto dal ghiaccio per un periodo di 120mila-400mila anni, e fosse poi tornato all’esposizione solare in coincidenza con l’ultima fusione della West Antarctic Ice Sheet.

Reed Schererer, il micropaleontologo della Northern Illinois University che aveva partecipato alla spedizione, riuscì però a dimostrare che il lago, in realtà, era rimasto collegato con l’oceano almeno fino a 10mila anni fa.

La presenza dei microrganismi, pur vecchia, non era quindi un enigma tanto misterioso.

Saranno allora di enorme rilevanza le analisi che si potranno fare delle acque del lago Mercer.

Qualora anche qui si trovassero microrganismi, si dovrebbe indagare su cosa possa averli tenuti in vita; se di materiale relativamente recente (analogamente al lago Whillans) oppure di materiale vecchio di milioni di anni.

Nel secondo caso, si potrebbero estrapolare i dati e applicarli agli eventuali laghi che fossero presenti sul pianeta Marte, dove avrebbe potuto esistere qualche forma di vita in analogia con i laghi subglaciali della Terra.

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