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Un processo che potrebbe aver portato alla formazione di prime molecole organiche

Scritto da Leonardo Debbia il 27.10.2020

Una nuova ricerca, condotta dall’American Museum of Natural History di New York e finanziata dalla NASA, ha scoperto un processo che potrebbe essere stato fondamentale per la formazione delle prime molecole organiche sulla Terra circa 4 miliardi di anni fa, ancor prima dell’origine della vita.

Il processo, che è simile a quello che potrebbe essersi verificato presso alcune antiche sorgenti idrotermali sottomarine, è anche rilevante per la ricerca della vita su altri pianeti nell’universo.

Bolle oceaniche ( immagini di repertorio)

Bolle oceaniche ( immagini di repertorio)

I dettagli della ricerca sono stati pubblicati a metà ottobre sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences (PNAS).

Ogni forma di vita, sulla Terra, si basa sulla presenza di molecole organiche, composti in cui gli atomi di carbonio sono legati ad atomi di altri elementi, quali idrogeno, azoto e ossigeno.

Oggigiorno la maggior parte delle molecole organiche proviene dalla riduzione dell’anidride carbonica (CO2), cioè la ‘cattura del carbonio‘ della CO2 attraverso diversi percorsi di ‘fissazione del carbonio‘, il processo che consente di passare da un composto inorganico ad un composto organico, come accade nella fotosintesi delle piante.

Ma la maggior parte di questi percorsi, perchè avvengano, richiedono energia dalla cellula o una evoluzione secondaria relativamente lenta, che richiede molto tempo.

Come si sono formate, allora, le prime molecole organiche prima dell’origine della vita e perchè questa potesse nascere?

Non è una domanda di poco conto.

Per affrontarla, Victor Sojo e Reuben Hudson, del College of the Atlantic, nel Maine (USA), hanno ideato un nuovo processo basato su reattori microfluidi, piccoli laboratori autonomi che hanno permesso agli scienziati di studiare il comportamento dei fluidi su microscala.

Le versioni precedenti del reattore tentavano di mescolare bolle di idrogeno allo stato gassoso e anidride carbonica liquida, senza però che si verificasse alcuna riduzione della CO2, forse per la estrema volatilità dell’idrogeno, che sfuggiva alla reazione ancor prima di entrare in contatto con l’anidride carbonica.

“Invece di aggiungere i gas all’interno dei fluidi prima della reazione, nel nuovo reattore i fluidi sono stati guidati dallo stesso gas, prima che questo potesse volatilizzarsi”, dice Hudson.

E’ stato quindi avviato con successo il progetto di combinazione di idrogeno e anidride carbonica per ottenere acido formico (molecola HCOOH).

In altre parole, da due composti inorganici si è ottenuta una molecola organica.

Si è trattato di un processo simile alle reazioni che possono verificarsi nei pressi di sorgenti idrotermali oceaniche.

“Le conseguenze vanno ben oltre la nostra biosfera” dice Sojo. “Sistemi idrotermali simili potrebbero esistere in questo momento anche altrove, nel nostro Sistema solare, soprattutto su Encelado e Europa, le lune di Saturno e Giove, rispettivamente; e quindi anche su altri pianeti rocciosi dell’universo dove l’acqua sia presente”.

“Riuscire a capire come l’anidride carbonica possa essere ridotta in condizioni geologiche opportune è importante per valutare la possibilità della vita su altri mondi”, aggiunge Laurie Barge, del Jet Propulsion Laboratory della NASA, un’autrice dello studio.

I ricercatori hanno trasformato l’ anidride carbonica in molecole organiche non utilizzando condizioni estreme di pressione e temperatura e questo mostra che i risultati sono essenziali anche per la chimica ambientale.

Di fronte alla crisi climatica in atto, è ora in corso la ricerca di nuovi metodi per la riduzione di anidride carbonica, alimentando quindi le speranze di una possibile diminuzione della CO2 in atmosfera.

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