Lo scorso 25 novembre la Commissione europea ha emanato la direttiva 2011/8/UE che vietava la messa in commercio di biberon contenenti il famigerato bisfenolo A (BPA). Il divieto scatterà tra meno di un mese, il prossimo 1° marzo. Dal 1° giugno saranno vietati anche l’importazione e l’immissione sul percato di “materiali e oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari che non sono conformi alla presente direttiva”.
La decisione, annunciata dalla Commissione esecutiva dell’UE, ha ricevuto il plauso della maggioranza dei governi europei. “Nuovi studi hanno dimostrato che il Bisfenolo A potrebbe avere effetti sullo sviluppo del cervello, sul sistema immunitario e sulla predisposizione ai tumori”, ha dichiarato John Dalli, commissario europeo alla Salute e alle Politiche dei consumatori.
Se i biberon “vengono riscaldati in determinate condizioni – si legge nella direttiva -, piccoli quantitativi di BPA possono passare dal contenitore per alimenti agli alimenti e alle bevande ivi contenuti ed essere quindi ingeriti”. Allo scopo di “raggiungere l’obiettivo fondamentale di garantire un elevato livello di protezione della salute umana, è necessario e opportuno evitare le fonti di pericolo per la salute fisica e psichica che possono essere connesse all’esposizione dei bambini al Bpa attraverso i biberon”. E poi: “La Commissione ha esaminato il mercato dei biberon e ha ricevuto una segnalazione dei fabbricanti del settore secondo la quale sono in corso azioni volontarie dell’industria volte a sostituire il materiale; l’impatto economico della misura proposta è quindi limitato”
Il BPA è oggi un contaminate ubiquitario, che significa che si trova praticamente ovunque. Lo si può rilevare nell’ambiente, nella fauna selvatica e nel nostro organismo, dove si concentra particolarmente nel latte materno e nella placenta. Sempre più studi dimostrano come il Bisfenolo A (BPA) sia un interferente endocrino con possibili ripercussioni sullo sviluppo cerebrale, sul sistema immunitario e riproduttivo, e sulla predisposizione ai tumori.
Alle associazioni ambientaliste però non basta. “Si tratta di un passo sicuramente importante per la legislazione europea in difesa della salute dell’uomo e dell’ambiente; crediamo però – commenta Eva Alessi del WWF Italia – che la Commissione europea debba ora puntare verso misure più restrittive e allargare il divieto a tutti i materiali a contatto con gli alimenti, in primis i rivestimenti, e infine a tutti gli altri prodotti rilevanti per l’esposizione umana e ambientale”.