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Mais Ogm: arriverà anche in Italia?

Se fino a ieri potevamo stare tranquilli mangiando pop-corn e polenta, da oggi le cose (forse) potranno cambiare. L’Unione Europea ha pochi giorni fa imposto all’Italia di consentire la coltivazione di mais geneticamente modificato, il dibattuto Mon 810.

Scritto da Valeria Gatti il 11.09.2012

Se fino a ieri potevamo stare tranquilli mangiando pop-corn e polenta, da oggi le cose (forse) potranno cambiare. L’Unione Europea ha pochi giorni fa imposto all’Italia di consentire la coltivazione di mais geneticamente modificato, il dibattuto Mon 810. É il risultato di una lunga diatriba emesso sotto forma disentenza pronunciata qualche giorno fa dalla Corte di Giustizia dell’Ue, sentenza che vede d’accordo anche l’Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. Ma se la partita sfiancante ha visto un vincitore, il campionato forse non può dirsi ancora finito. E, come riportato poche ore fa da Ansa, il presidente della Fondazione dei diritti genetici Capanna chiede al ministero delle Politiche agricole di invocare la “clausola di salvaguardia”.

Ecco il punto della situazione Ogm

Il percorso per l’approvazione o meno di una coltura Ogm è questo: un paese sottopone un prodotto Ogm all’autorizzazione; questo, dopo essere passato al vaglio scientifico dell’Efsa, per essere approvato ha bisogno politicamente di una maggioranza qualificata dei ministri. Ora, sono circa una decina di anni che nelle istituzioni europee c’è una situazione di stallo perché non si raggiunge mai una maggioranza qualificata. A questo punto deve intervenire la Commissione Europea per decidere, e i tempi sono giurassici. Quando il tempo sta per scadere ecco che interviene l’Efsa dando il suo parere.

Chi è contro e chi a favore?

Si dice spesso che l’Europa sia contraria agli Ogm, ma non è del tutto corretto. L’Europa è divisa in due fazioni: esiste un gruppo di paesi che si dice favorevole agli Ogm, capitanati da Spagna, che coltiva mais OGM da molti anni, e c’è un gruppo di paesi contrari, come l’Austria, la Grecia, l’Ungheria e la Francia. In realtà prodotti Ogm (mais e soja) circolano liberamente in Italia ed Europa già da molto, per alimentare gli animali. Noi italiani non li produciamo, ma importiamo Ogm per cibare il bestiame. Alcuni paesi come la Svezia, la Danimarca, la repubblica Ceca o la Gran Bretagna recentemente, tendono a investire molto sulla ricerca e sulle biotecnologie agrarie. Praticamente nessun paese Europeo, tranne l’Italia, ha bloccato la ricerca in questo settore.

La sentenza

La sentenza che riguarda il singolo prodotto mais Mon 810, causa C‑36/11, procedimento Pioneer Hi Bred Italia Srl contro Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, si basa su un principio che potrebbe essere poi facilmente estendibile a ogni varietà di Ogm approvata dall’Unione Europea. Le reticenze dello Stato italiano nell’accettare gli Ogm traggono origine da diverse posizioni. Anzitutto la difficoltà delle regioni nello stilare delle norme di coesistenza dei vari prodotti, biologici, convenzionali ed eventualmente Ogm. È stato proprio in virtù della mancanza di queste norme che, quattro anni fa, il ministero dell’Agricoltura aveva comunicato a Pioneer Hi-Bred Italia, azienda che si occupa di commercializzare sementi, di non poter autorizzare la richiesta di vendita di semente di mais Ogm Mon 810. La Pioneer si è rivolta quindi alla giustizia europea. Ed ecco qualche giorno fa la sentenza. Inoltre l’Italia rimane per l’autodeterminazione, per la possibilità di decidere da sé, come singolo Stato, se introdurre o meno un Ogm. A questo fanno seguito le proteste dei difensori del biologico e naturale tout court, marchio che, più di tutti e da sempre contraddistingue i prodotti della Penisola. È il caso della regione Toscana, che ha già dichiarato che non cederà nemmeno un chicco all’Ogm.

Cosa cambierà?

La sentenza dice in sostanza che il mais Mon 810, essendo approvato dall’Unione Europea deve poter essere messo in commercio liberamente all’interno della stessa. Le norme per la coesistenza delle varie colture non sono necessarie e obbligatorie, quindi se l’Italia non le ha ancora non è importante. D’altra parte, se lo stato vuole vietare un certo tipo di coltura può farlo, ma deve invocare una causa chiamata “clausola di salvaguardia”, ovvero deve dimostrare che la coltura in questione è dannosa per l’ambiente, l’uomo e le altre colture. La coltura viene vietata per tre mesi e la palla decisionale torna all’Ue. Il punto è ora restare in attesa: dopo l’uno a zero per la Pioneer, l’Italia obbedirà dalla panchina o ci sarà a breve una nuova partita?

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