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Cuore, apparecchio pressione riduce complicanze dopo intervento

Un semplice accorgimento adottato dai cardiologi del Policlinico universitario Gemelli di Roma, grazie all'uso di un normale apparecchio per misurare la pressione, ha permesso di ridurre le complicazioni delle operazioni al cuore per ridurre l'aritmia

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 03.05.2014

Un semplice accorgimento adottato dai cardiologi del Policlinico universitario Gemelli di Roma, grazie all’uso di un normale apparecchio per misurare la pressione, ha permesso di ridurre le complicazioni delle operazioni al cuore per ridurre l’aritmia. I medici del Gemelli hanno infatti ideato la nuova strategia, potenzialmente in grado di ridurre alcuni effetti avversi di delicati interventi per curare le aritmie cardiache, e già in uso.

Pressione sanguigna

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Circulation ed ha come primo autore  la dottoressa Alessandra Stazi. La ricerca è stata condotta all’interno del gruppo del professor Gaetano Lanza del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari del Gemelli, diretto da Filippo Crea.

Il metodo consiste nell’usare il manicotto dell’apparecchio per misurare la pressione per bloccare transitoriamente la circolazione del braccio del paziente (gonfiando e sgonfiando alcune volte il manicotto) prima di procedere all’intervento di ablazione per danneggiare le aree cardiache responsabili dell’aritmia. I ricercatori dimostrano, infatti, che questo metodo, noto come “precondizionamento ischemico remoto”, è in grado di ridurre l’attivazione delle piastrine che si verifica durante la procedura di ablazione, e potrebbe quindi ridurre le complicanze ischemiche cerebrali a essa legate. Si tratta della scoperta del gruppo del professor Gaetano Lanza del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari del Gemelli, diretto da Filippo Crea, in uno studio che ha come primo autore la dottoressa Alessandra Stazi.

La sperimentazione si è aggiudicata il premio di migliore lavoro scientifico pubblicato sulla rivista internazionale nel 2013 nella sezione “Clinical Science”.

Il prof. Lanza ha spiegato: “Nello studio dimostriamo che, applicando il precondizionamento ischemico remoto (3 episodi di ischemia dell’avambraccio di 5 minuti a distanza di 5 minuti, ottenuti gonfiando il bracciale dello sfigmomanometro in modo da impedire il flusso arterioso), possiamo ridurre significativamente l’attivazione e l’incremento della reattività delle piastrine che si verificano durante l’intervento e che contribuiscono verosimilmente causare un aumento del rischio di episodi ischemici (in particolare cerebrali – ictus) legati alla procedura”.

In pratica, questa semplice operazione riduce il danno causato dall’assenza di sangue che affluisce al cuore (l’infarto) in quanto il corpo reagisce a questi brevi episodi predisponendo il muscolo cardiaco ad una possibile mancanza di ossigeno. Il fenomeno è stato osservato sperimentalmente sugli animali, a cui se si inducono brevi episodi (di 3-5 minuti) di ischemia cardiaca, a distanza di 3-5 minuti l’uno dall’altro (occludendo e riaprendo un vaso coronarico), il danno miocardico (infarto) determinato da una successiva ischemia miocardica prolungata (per esempio chiudendo lo stesso vaso per un’ora) risulta minore di quello causato da un’ischemia prolungata non preceduta dai brevi episodi ischemici precondizionanti.

Questo spiegherebbe anche perché ad esempio i pazienti colpiti da infarto presentano un danno cardiaco meno esteso quando il dolore infartuale è preceduto nelle 24 ore precedenti da episodi transitori di ischemia miocardica (angina pre-infartuale).

Allo stesso modo altri successivi studi hanno dimostrato che non serve procurare delle ischemie brevi al cuore,  una simile protezione si attiva anche applicando brevi episodi ischemici a tessuti periferici, in particolare a un arto superiore. Ecco che entra in gioco lo strumento per misurare la pressione, che appunto viene usato per ridurre l’afflusso di sangue all’avambraccio per alcuni minuti.

Se infatti si inducono brevi episodi (di 3-5 minuti) di ischemia dell’avambraccio (impedendo a intermittenza la circolazione gonfiando e sgonfiando il bracciale di uno sfigmomanometro), il danno miocardico determinato da una successiva ischemia miocardica prolungata risulterà ridotto rispetto a quello che si osserva in assenza di tali brevi episodi ischemici precondizionanti periferici.

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