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Cosa è successo dopo l’estinzione del Permiano

Scritto da Redazione di Gaianews.it il 26.10.2011

Il Lystrosaurus è sfuggito all'estinzione di massa del Permiano

Gli eventi catastrofici che hanno segnato la fine del periodo Permiano circa 252 milioni di anni fa sono stait uno spartiacque nella storia della vita sulla Terra. Fino al 90 per cento degli organismi dell’oceano si sono estinti, inaugurando un nuovo ordine di specie marine, alcune delle quali esistenti ancora oggi. Ma mentre sappiamo che gli organismi terrestri hanno certamente subito perdite maggiori, sapevamo di meno sulla portata dell’ estinzione e sulla situazione successiva.

In un articolo pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B, i ricercatori della Brown University e della University of Utah, hanno intrapreso un’esauriente  analisi specie per  specie per confermare che i vertebrati terrestri hanno subito perdite catastrofiche quando il Permiano volgeva al termine. I sopravvissuti, una manciata di specie chiamate “disaster taxa”, erano liberi di vagare più o meno liberi, con pochi concorrenti nelle rispettive nicchie ecologiche. Questa mancanza di concorrenza, scrivono i ricercatori, ha causato  cicli viziosi di crescita e decrescita improvvise negli ecosistemi, perchè forze esterne hanno distrutto gli anelli deboli della catena alimentare. Di conseguenza,  gli scienziati concludono dai reperti fossili che gli ecosistemi terrestri hanno impiegato fino a 8 milioni di anni per riprendersi pienamente dall’estinzione di massa attraverso l’evoluzione incrementale e la speciazione.

“Significa che gli ecosistemi terrestri erano più soggetti a rischio di collasso, perché avevano meno anelli nella catena alimentare”, ha detto Jessica Whiteside,  professore di scienze geologiche alla Brown e co-autore dello studio.

I cicli di veloce crescita e decrescita che hanno segnato gli ecosistemi terrestri sono stati come “mini-eventi di estinzione e di recupero”, ha detto Randall Irmis, co-autore che è un curatore al Museo di Storia Naturale  e assistente alla cattedra di geologia e geofisica della Utah.

L’ipotesi, in sostanza, si basa sul fatto che il recupero degli ecosistemi nel post-Permiano è avvenuta grazie al ripopolamento e alla diversificazione delle specie, piuttosto che grazie ad un evento esterno, come un evento climatico. L’analisi riflette le conclusioni raggiunte da Whiteside in un articolo pubblicato lo scorso anno in Geology, nel quale ha sostenuto che ci sono voluti fino a 10 milioni di anni dopo l’estinzione di massa del Permiano perchè ci fosse un numero di specie sufficienti a ripopolare l’oceano, per il ripristino della catena alimentare e perchè l’ecosistema marino si stabilizzasse.

Alcuni studi hanno sostenuto che il vulcanismo dopo la fine dell’estinzione del Permiano abbia reso più difficoltoso il recupero degli ecosistemi, ma Whiteside e Irmis sostengono che non ci sono prove fisiche di tale attività.

I ricercatori hanno esaminato quasi 8.600 esemplari, dalla fine del Permiano al Triassico medio, circa da 260 a 242 milioni di anni fa. I fossili provengono da siti nei Monti Urali meridionali della Russia e dal bacino di Karoo in Sudafrica. Il conteggio dei campioni e l’analisi ha indicato che circa il 78 per cento dei vertebrati terrestri sono morti alla fine dell’estinzione di massa del Permiano. Dalle macerie sono emerse solo poche specie, i “disaster taxa”. Uno di questi era il Lystrosaurus, un lontano parente dei mammiferi, delle dimensioni di un pastore tedesco. Come hanno dimostrato i reperti fossili questa creatura, appena registrata durante il Permiano, ha dominato l’ecosistema dopo la fine dell’estinzione del Permiano.
Perchè il Lystrosaurus sia sopravvissuto al cataclisma  è un mistero, forse solo per un caso fortunato. Allo stesso modo, un rettile, il procolophonids, che era per lo più assente prima dell’ estinzione della fine del Permiano, è esploso sulla scena successivamente.

“Il confronto con i precedenti studi sulla catena alimentare suggerisce che questa bassa diversità e la prevalenza di solo poche specie ha fatto sì che gli anelli della catena alimentare fossero pochi, causando instabilità e creando quindi cicli instabili” ha detto Whiteside.

Gli ecosistemi che sono emersi dall’ estinzione hanno avuto una bassa diversità di specie che erano particolarmente vulnerabili agli squilibri generati da cambiamenti ambientali secondo gli autori. Solo dopo che una certa ricchezza di specie era stata ristabilita, ripristinando i numeri adatti per la catena alimentare, l’ecosistema terrestre ha recuperato completamente. A quel punto, il ciclo del carbonio, un indicatore generale della vita e della morte, così come l’effetto delle influenze esterne, si è stabilizzato, osservano i ricercatori, utilizzando i dati di studi precedenti degli isotopi di carbonio durante il Permiano e il Triassico.

“Questi risultati sono coerenti con l’idea che l’oscillazione del ciclo del carbonio riflette l’instabilità degli ecosistemi dopo l’estinzione”, ha detto Whiteside.

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