Un team composto da geologi dell’Università di Sidney e del California Institute of Technology ha risolto il mistero sulle origini della montagna più alta d’Australia, il Mount Kosciuszko e delle montagne circostanti.
La maggior parte delle catene montuose della Terra sono il risultato della collisione di due continenti, come ad esempio è accaduto per l’Himalaya, o per opera del vulcanismo.
Le montagne degli altipiani orientali dell’Australia – che si estendono dal nord-est del Queensland alla parte occidentale dello Stato di Victoria – costituiscono un’eccezione.
Finora, non si era certi di come si fossero formate.
Il gruppo di ricerca, guidato dal professor Dietmar Muller, esperto di geologia marina, geodinamica, geofisica e tettonica applicate ad elaborazioni di modelli informatizzati presso la School of Geosciences dell’Università di Sidney, ha utilizzato il codice di calcolo ad alte prestazioni nella realizzazione di modelli, per indagare sulle cause del sollevamento che ha generato la catena montuosa.
La risposta è stata individuata nel campo gravitazionale insolitamente intenso di queste montagne.
“Il campo di gravità ci ha portato a sospettare che la regione – contrariamente alle ipotesi formulate prima – possa essere stata spinta dal basso verso l’alto e quindi abbiamo focalizzato le indagini sul mantello, lo strato tra il nucleo della Terra e la sua crosta immediatamente sottostante la regione”, dichiara Muller.
E’ stato così appurato che il mantello sotto la crosta orientale dell’Australia si è sollevato due volte.
Un primo sollevamento si è verificato durante il Cretaceo, quando l’Australia faceva ancora parte dell’antico continente di Gondwana.
Nel corso della vita della Terra, il mantello, in gran parte solido, viene di continuo sottoposto a stress prodotti da porzioni più fredde delle placche tettoniche che si immergono al di sotto di altre placche nel mantello più profondo.
Il processo, che prende il nome di ‘subduzione’, si è verificato più volte durante il primo Cretaceo.
“L’Australia orientale è andata alla deriva su una vecchia placca subdotta, che dava l’impressione di immergersi nel mantello”, spiega Kara Matthews, ricercatrice dello stesso Ateneo e co-autrice dello studio. “Ma circa 100 milioni di anni fa questo processo di subduzione si è arrestato, con il conseguente innalzamento di tutta la regione sovrastante che, sollevandosi, ha dato origine alle Eastern Highlands”.
Poi, per i 50 milioni di anni che seguirono, ci fu un periodo di relativa stasi.
“Circa 50 milioni di anni fa la separazione dell’Australia dall’Antartide subì una brusca accelerazione e il continente iniziò un graduale spostamento verso nord-est, avvicinandosi sempre più ad una intensa e ampia risalita di materiale dal mantello, in quell’area conosciuta come Superswell of South Pacific o Super-espansione del Sud Pacifico”.
Con il termine ‘superswell’ si indica una vasta area topografica anomala prodotta da una grande risalita di materiale dal mantello profondo, al limite con il nucleo terrestre, espressione di moti convettivi in atto collegati ai movimenti delle placche.
Il professor Muller ritiene che il sollevamento in due fasi suggerito dai modelli prodotti dai supercomputer in laboratorio è supportato, nella realtà, dalle caratteristiche geologiche riscontrate nei fiumi delle Snow Mountains, dove l’incisione operata dai fiumi appare essersi svolta in due fasi distinte.
“Il modello che abbiamo costruito spiega come le Alpi australiane possano ben raffigurare quanto avvenuto nella realtà ed è, al tempo stesso, un meccanismo per capire come si sono formate alcune altre regioni montuose in altre parti del mondo”.
Le scoperte degli studiosi sono state pubblicate sulla rivista Earth and Planetary Sciences.