Una nuova ricerca, condotta da un team della Carnegie Institution for Science di Washington, afferma che sulla Terra esisterebbero più di 1500 minerali ancora da scoprire e che la diversità minerale del nostro pianeta è unica. Nel cosmo, cioè, non se ne potrebbe trovare un’altra uguale.
I minerali possono essere costituiti da un solo elemento chimico – come il diamante, formato unicamente di atomi di carbonio – oppure da una composizione di elementi chimici diversi, presenti in edifici cristallini, tenuti insieme da specifici legami fisici e chimici.
Le combinazioni degli elementi sono favorite sia dall’attività geologica che dall’attività biologica.
La prima si esplica attraverso fenomeni quali i processi vulcanici, la tettonica delle placche e le interazioni acqua-roccia, mentre la seconda avviene per reazioni chimiche che coinvolgono l’ossigeno e il materiale organico, in particolare i microrganismi.
Circa un decennio fa, il mineralogista Robert Hazen, docente alla George Mason University, Virginia, formulò l’ipotesi secondo cui l’esplosione della diversità dei minerali del pianeta, con il passaggio dalla esigua dozzina presente alle origini del nostro Sistema Solare ai quasi 5000 tipi esistenti oggi, sarebbe collegata, fondamentalmente, alla nascita della vita.
Secondo Hazen, più di due terzi dei minerali conosciuti sono da collegarsi, direttamente o indirettamente, all’attività biologica e un ruolo decisivo dovette giocarlo la comparsa della fotosintesi batterica che, intorno ai 2,4 miliardi di anni fa, produsse un aumento considerevole della concentrazione di ossigeno nell’atmosfera.
Il termine ‘Evoluzione’, comunemente, viene sempre associato ad un processo tipico della materia organica.
Chi avrebbe mai immaginato che si potesse parlare anche di evoluzione della materia inorganica?
Con la recente pubblicazione di quattro articoli, Hazen e i suoi collaboratori – Ed Grew, Bob Downs, Joshua Golden, Grethe Hystad e Alex Pires – hanno esposto il loro concetto di evoluzione minerale, usando modelli statistici di ricerca nell’ecosistema e hanno condotto un’accurata analisi dei dati mineralogici tratti dai database esistenti, al fine di rispondere alle domande sulle probabilità che riguardano la distribuzione minerale.
Il team di studiosi ha scoperto che la probabilità che una ‘specie’ minerale, definita dalla sua composizione chimica unica e dalla propria struttura cristallina, esista solo in una località si aggira sul 22 per cento circa, mentre la probabilità che si trovi in 10 località o anche meno, è circa del 65 per cento.
Si tratta di una deduzione probabilistica che può avere, ovviamente, i suoi limiti ma si basa su dati concreti tradotti in modelli matematici.
La parte più curiosa è che una ulteriore indagine statistica sulla distribuzione e sulla diversità dei minerali suggerisce che siano migliaia i minerali teorici, ‘plausibili’ per le nostre aspettative, ancora in attesa di essere scoperti o che si sono formati in un certo periodo della vita della Terra, per essere successivamente andati perduti per interramento, erosione o nuova subduzione nel mantello.
Il team precisa che attualmente sulla Terra esistono 1563 minerali che attendono di essere ancora scoperti e descritti.
La distribuzione di questi minerali ‘mancanti’ all’appello non è uniforme, comunque.
Sono varie le circostanze che influenzano la probabilità che un minerale possa venir scoperto e tra quelle più rilevanti sono da includersi le caratteristiche fisiche, come il colore.
Sembrerà strano, ma i minerali bianchi sono quelli che hanno una minore probabilità di essere scoperti, perché meno visibili.
Altri fattori includono la qualità della cristallizzazione, la solubilità in acqua e la stabilità in prossimità della superficie terrestre.
In base a queste considerazioni, Hazen e i suoi colleghi hanno previsto che debbano ancora venire scoperti quasi il 35 per cento dei minerali di sodio, perché più della metà sono di colore bianco, poco cristallizzati e solubili in acqua.
Esaminando meglio il legame tra evoluzione geologica ed evoluzione biologica, il team di Hazen ha applicato i concetti biologici di probabilità e necessità di evoluzione minerale.
In biologia, la selezione naturale si verifica a causa di una mutazione casuale nel materiale genetico di un organismo vivente, che avviene se conferisce un vantaggio riproduttivo, quindi un adattamento ‘necessario’.
Ma in questo caso, il team di studiosi si chiede come la diversità e la distribuzione dei minerali della Terra abbia ragion d’essere e se sia probabile che questo processo possa essere replicato altrove.
Quello che è stato scoperto è che, se si potesse tornare indietro nel tempo e riscrivere la storia della Terra, è probabile che molti dei minerali formati e scoperti sul nostro pianeta sarebbero diversi da quelli che conosciamo oggi.
“Questo significa che, nonostante i fattori fisici, chimici e biologici che controllano la maggior parte della diversità dei minerali del nostro pianeta, la mineralogia della Terra è unica nel cosmo”, conclude Hazen.