Secondo una ricerca dell’University College of London (UCL), i nostri antenati si sono evoluti tre volte più velocemente nei 10 milioni di anni che seguirono l’estinzione dei dinosauri rispetto ai precedenti 80 milioni di anni.
Il team di studiosi ha trovato che la velocità dell’evoluzione dei mammiferi placentati – un gruppo che oggi comprende circa 5000 specie, tra cui gli esseri umani – è stata costante prima dell’evento della grande estinzione, ma ha accelerato notevolmente dopo, con la grande variabilità dei gruppi che vediamo oggi.
Ricostruzione di Tyrannosaurus rex – (credit: Sergio Martinez)
Thomas Halliday, biologo evoluzionista e ricercatore del Dipartimento di Genetica, Evoluzione e Ambiente all’UCL, ha dichiarato:
“L’estinzione dei dinosauri non aviani giovò ai nostri antenati – i primi mammiferi placentati – dal momento che iniziò a diminuire il numero dei gruppi di mammiferi in competizione.
Una volta venuta meno la presenza dei grandi rettili, i mammiferi placentati all’improvviso si evolsero rapidamente in nuove forme.
“In particolare, abbiamo scoperto che gli individui di un gruppo, chiamato Laurasiatheria – evolutosi sul supercontinente di Laurasia, dopo la frammentazione della Pangea ndr) – aumentarono rapidamente le loro dimensioni corporee e la loro diversità ecologica, iniziando un percorso che li avrebbe condotti verso il moderno gruppo comprendente mammiferi estremamente differenti, quali pipistrelli, gatti, rinoceronti, balene, mucche, toporagni e ricci”.
Il team ha scoperto che l’ultimo antenato comune a tutti i mammiferi placentati visse nel periodo Tardo Cretaceo, circa tre milioni di anni prima che i dinosauri non-aviani si estinguessero, intorno ai 66 milioni di anni fa.
Questa data è di 20 milioni di anni più recente di quella finora suggerita dagli studiosi, che avevano usato dati molecolari dei mammiferi attuali, ipotizzando che il tasso di evoluzione fosse rimasto costante.
In questo studio, finanziato dal Natural Environmentale Research Council e pubblicato negli Atti B della Royal Society, i ricercatori hanno analizzato svariati fossili dal Cretaceo ai giorni nostri, utilizzando le età della loro presenza nella documentazione fossile per stimare i tempi in cui si sono verificate delle divergenze basate su un albero evolutivo aggiornato.
Il nuovo albero è stato ricostruito e riproposto dallo steso team nel corso del 2015 e offre la più ampia rappresentazione della varietà dei mammiferi dal Paleocene alle faune attuali.
Gli scienziati hanno misurato tutti i piccoli cambiamenti delle ossa e dei denti di 904 fossili di mammiferi placentati e hanno mappato le differenze anatomiche tra le specie sull’albero della evoluzione.
Misurando il numero delle modifiche dei caratteri nel tempo per ciascun ramo, hanno così trovato il tasso medio di evoluzione per i primi mammiferi placentati sia prima che dopo l’evento di estinzione dei dinosauri.
Hanno anche confrontato il tasso medio di evoluzione nel corso delle fasi geologiche prima dell’estinzione e nel corso delle fasi geologiche dopo l’estinzione per valutare l’impatto avuto dall’evento.
Il prof. Anjali Goswami, del Dipartimento di Genetica, Evoluzione e Ambiente e Scienze della Terra all’UCL), nonché autore senior dello studio, ha dichiarato: “I nostri risultati confutano quelli di altri studi condotti sui fossili di mammiferi placentati presenti durante l’ultima estinzione di massa.
“Utilizzando metodi rigorosi, abbiamo monitorato con successo l’evoluzione dei primi mammiferi placentati e ricostruito come è cambiata nel corso del tempo. Mentre il tasso differiva tra le specie, noi vediamo un picco chiaro e significativo dei tassi di evoluzione subito dopo che i dinosauri si estinsero e abbiamo ritenuto che i nostri antenati abbiano quindi tratto benefici notevoli da questa scomparsa.
“Questa conclusione fa riflettere su quanto sia stato importante questo evento di estinzione anche nel plasmare il mondo moderno”.
“La grande mole di dati di cui ci siamo forniti ci permette di ricostruire un quadro più chiaro della storia evolutiva”, conclude il prof. Paul Upchurch, del Dipartimento di Scienze della Terra alla UCL. “Intendiamo utilizzare tutto questo per studiare altri modelli su larga scala; esaminando, ad esempio, in quali modi e quanto velocemente i mammiferi placentati si siano diffusi sui continenti, servendosi di ponti di terra che oggi non esistono più”.