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Prima impronta fossile di pelle di dinosauro trovata in Europa

Scritto da Leonardo Debbia il 21.10.2016

I ricercatori dell’Universitat Autonoma di Barcellona (UAB), in collaborazione con l’Institut Català de Paleontologia ‘Miquel Crusafont’ (ICP), hanno scoperto a Vallcebre, un paesino nella Catalogna, una impronta fossile lasciata dalla pelle di un dinosauro del tardo Cretaceo, uno degli ultimi individui in un momento di poco precedente la loro estinzione.
Le sue caratteristiche lo rendono una scoperta unica in Europa.

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Impronta della pelle di un dinosauro impressa nella roccia (credit: Victor Fondevilla / UAB)

Il ritrovamento ha avuto luogo durante una ricerca geologica, condotta nei pressi del villaggio di Vallcebre, alle falde dei Pirenei, da un team della UAB che studiava le origini dei sedimenti di roccia del tardo periodo Cretaceo (circa 66 milioni di anni fa).

I ricercatori hanno scoperto le impronte delle squame di pelle lasciate da un dinosauro, che probabilmente era rimasto disteso nel fango per una sosta durante i suoi spostamenti .

Durante questo periodo, infatti, l’area era una zona fangosa posta in corrispondenza della sponda di un fiume.

Il caso ha voluto che l’impronta dell’animale, fosse coperta in tempi rapidi da sabbia che, nel corso di migliaia di anni, si è compattata in arenaria, una roccia sedimentaria in cui si è potuta conservare l’impronta rinvenuta oggi dai ricercatori.

La sabbia, come avviene spesso in questi casi, ha una funzione di stampo e quindi ciò che effettivamente si può osservare nella roccia non è in realtà solo un’impronta, ma il rilievo della pelle dell’animale.

Le caratteristiche della scoperta sono uniche, dato che il tardo Cretaceo corrisponde al periodo immediatamente precedente l’estinzione dei dinosauri e nel mondo sono davvero pochi i depositi di arenaria riconducibili a questo periodo, che potrebbero aiutare a capire meglio il come e il perché della scomparsa dei dinosauri.

“Esistono pochissimi esemplari di pelle fossilizzata e gli unici siti con caratteristiche simili si trovano negli Stati Uniti e in Asia”, dice Victor Fondevilla, paleontologo della UAB, autore principale della ricerca. “Altri fossili di pelle di dinosauro sono stati rinvenuti nella penisola Iberica, in Portogallo e nelle Asturie, ma appartengono ad altri periodi, precedenti questo”.

La forma delle squame osservate nella roccia mostrano un modello caratteristico della pelle di alcuni dinosauri: la forma di una rosa con una protuberanza centrale interna, circondata da cinque, sei o più protuberanze.

Tuttavia, le squame sono grandi, troppo grandi per le dimensioni tipiche dei dinosauri carnivori di 66 milioni di anni fa.

“Il fossile appartiene probabilmente a un grande sauropode erbivoro, forse un Titanosaurus, dal momento che abbiamo scoperto le impronte di quel gruppo proprio lì vicino”, dice Fondevilla.

Delle due impronte di pelle trovate, una ha una larghezza di circa 20 centimetri, mentre l’altra è leggermente più piccola, larga 5 centimetri. Poste ad una distanza di 1,5 metri una dall’altra, sono riconducibili probabilmente allo stesso animale.

“Le impronte fossili sono la prova che l’animale appartiene allo stesso periodo in cui si formò la roccia sedimentaria, uno degli ultimi dinosauri che visse sulla Terra. Infatti, se le ossa fossero rimaste allo scoperto, la datazione sarebbe stata più complicata, perché col passare del tempo, avrebbero potuto essere spostate dal sedimento originario”, afferma Fondevilla.

La scoperta sottolinea l’eccellente raccolta fossile dei Pirenei riguardo i dinosauri che vissero in Europa poco prima della rapida scomparsa da tutto il pianeta.

“I siti di Berguedà, Pallars Jussà, Urgell e La Noguera in Catalogna, hanno fornito la prova dell’esistenza di cinque diversi gruppi di dinosauri: titanosauri, Ankilosauridi, teropodi, adrosauri e rabtodontidi”; spiega Angel Galobart, capo del gruppo di ricerca sul Mesozoico all’ICP e direttore del Museo di Conca Dellà a Isona. “I siti pirenaici sono molto rilevanti da un punto di vista scientifico, in quanto consentono di studiare la causa dell’estinzione dei giganteschi rettili in un punto geografico lontano dall’impatto del presunto meteorite”, spiega Galobart.

Lo studio, pubblicato su Geological Magazine, è stato condotto da Victor Fondevilla e Oriol Oms, entrambi del Dipartimento di Geologia presso la UAB, in collaborazione con Bernat Vila e Angel Galobart.

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